CAPITOLO XVI.

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Ukai rimase con Takaeda per il resto del giorno. Aveva parlato con alcuni dei ragazzi: Kyoko aveva mandato da lui Sawamura e Sugawara, che pareva si fossero persi entrambi nelle loro malattie nello stesso momento. Per fortuna, niente di irrimediabile. Tutti gli altri, in qualche modo, stavano riuscendo a farcela da soli... Be', non proprio da soli, erano sempre insieme. Senza il suo aiuto, diciamo.
Poco dopo cena, qualcuno bussò alla porta dell'ufficio ed il direttore si affrettó ad andare ad aprire, trovandosi di fronte Kageyama.
- Si è svegliato-.

Per Tadashi il mondo si era come bloccato quando aveva visto Tsukki riaprire gli occhi. Sapeva che Kageyama era corso a chiamare il direttore, e non aveva fatto storie quando Shoyo l'aveva portato fuori dalla stanza per lasciare che visitassero l'amico.
Quando il dottore ne era uscito, comunicandogli che andava tutto bene, era rientrato da solo.
Kei si sentiva leggermente confuso. Ricordava bene cosa fosse successo, ma pensava di essere morto. Almeno finché non vide il volto di Yamaguchi che si avvicinava a lui.
- Yama...- non fece in tempo a finire la frase che un sonoro schiaffo lo colpì sulla guancia, tanto forte da fargli girare per un attimo la testa.
Tadashi alla fine aveva deciso a quale sentimento cedere per primo: la rabbia.
- Perché?-. Il tono dell'amico colpí Kei quasi più forte dello schiaffo che gli aveva dato. Il primo contatto umano che aveva da tempo, ed era stato uno schiaffo del suo migliore amico.
- Yamaguchi...-.
- No, adesso stai zitto Tsukki. Si può sapere che cazzo ti è saltato in testa? Ti ho sempre seguito, mi sono fidato di te, ho rispettato ogni cosa che mi dicevi, ho rimandato la mia possibilità di guarire per tuo volere e per aiutarti. E tu volevi abbandonarmi così? Ti frega così poco di me?-. Kei chiuse gli occhi, cercando di ricacciare indietro le lacrime.
- È colpa mia se sei qui, volevo liberarti di questo fardello- mormorò.
- Portandoti via la persona cui tengo di più nella vita?-. Kei si voltò ed aprì gli occhi: non aveva mai visto Yamaguchi così furioso e sofferente.
- Adesso voglio la verità, Tsukishima. Perché sono qui?-. Kei capí che in quelle condizioni non avrebbe potuto continuare a mentire. Serrò le labbra mentre cercava un modo per iniziare il discorso.
- Ti ricordi che, poco prima della morte di mio padre, mio fratello è finito in ospedale?-. Tadashi annuì: ricordava bene quando Tsukki l'aveva chiamato perché Akiteru era in ospedale e di essere andato a trovarlo, ma non molto altro... Dopotutto erano passati anni.
- Akiteru non me l'aveva mai detto ma... Papà lo picchiava-. Tadashi rimase colpito dalla notizia, ma non riuscì comunque a cambiare espressione.
- Per impedire che facesse del male anche a me... Le prendeva lui per entrambi. La mia malattia probabilmente è dovuta allo shock di questa scoperta... Akiteru mi ha protetto per anni, e lasciare che nessuno mi toccasse è stato un modo per ringraziarlo e proteggermi, gli psicologi hanno detto che è possibile-. Tadashi ricordava in effetti che la malattia di Tsukki si era sviluppata dopo quell'incidente.
- Perché non me l'hai mai detto?- gli chiese.
- Tu lo sapevi, eri con me quando l'ho scoperto e quando ho manifestato i primi sintomi. Mio padre, poche sere dopo, è tornato a casa più ubriaco del solito... E con una pistola- il labbro di Kei iniziò a tremare leggermente, ma continuò a parlare.
- Era la sera in cui dovevamo andare al cinema. Quando sei arrivato a casa mia, mio padre stava cercando di... Farmi del male-. Un urlo invase la mente di Tadashi, ma lo ignoró.
- Tu hai... Non so bene cosa sia successo, però...-.
- Gli ho sparato vero?- mormorò Yamaguchi. Davanti a lui comparve l'immagine di Tsukishima in piedi contro al muro, con le lacrime agli occhi, mentre il corpo di suo padre cadeva a terra con un tonfo.
Kei ricordava bene che Yamaguchi, dopo aver sparato, aveva subito il contraccolpo della pistola ed era caduto in un angolo. Quando si era reso conto di cos'avesse fatto, aveva lanciato un urlo ed iniziato a piangere. Avrebbe voluto avvicinarsi a lui, ma non ci era riuscito ed era rimasto immobile contro il muro.
Quando la madre di Kei era tornata a casa aveva chiamato subito l'ambulanza e la polizia; date le circostanze, Yamaguchi non era stato considerato colpevole.
Il ragazzo aveva dormito per tre giorni, in preda agli incubi, svegliandosi ogni tanto di soprassalto e chiamando a gran voce l'amico, che dormiva nel letto d'ospedale vicino a lui, ma non aveva mai avuto il coraggio di avvicinarsi. Quando Yamaguchi si era svegliato l'ultima volta, non ricordava niente.
- Quindi hai deciso di provare a buttare via la vita che ti ho salvato?- mormorò Tadashi.
- Ho aspettato a parlartene perché volevo essere pronto ad aiutarti una volta che l'avresti scoperto. Ma non sto migliorando. Ho pensato che se fossi morto portandomi dietro il tuo trauma... Tu saresti stato salvo- mormorò Kei.
- Sei davvero un idiota se in tutti questi anni non ti sei reso conto che preferisco passare la mia vita chiuso qui dentro con te, che essere libero ma solo- sussurró Tadashi. La sua rabbia stava iniziando a svanire.
- Non saresti stato solo. Hai trovato degli amici qui no?- mormorò Kei.
- Noi non siamo semplici amici Tsukki. Siamo insieme da anni, nessuno potrà mai essere importante quanto te per me- tutta la tristezza e la paura invasero Tadashi, che iniziò a piangere.
- Non voglio perderti- senza pensarci troppo, Tadashi si gettò su Tsukishima e lo strinse in un abbraccio.
Kei inizialmente si bloccó a quel gesto. Il suo corpo stava tremando, ma la sua mente era più che calma. Gli era mancato il profumo del suo migliore amico.
Alzó le braccia e strinse a sé il corpo di Yamaguchi, che a quel gesto spalancó gli occhi.
- Scusami Tsukki non volevo...- fece per tirarsi su, ma l'altro lo strinse più forte e glielo impedì.
- Stai zitto Yamaguchi. Ti ho fatto soffrire io, per una volta sii duro con me- lo riprese. Nonostante tutto, a Tadashi sfuggì un sorriso. Gli erano mancati gli abbracci del suo migliore amico.
- Ti prego, non lasciarmi più- sussurró.
- Non lo farò- Kei si era reso conto di essere indispensabile per l'amico tanto quanto Yamaguchi lo era per lui.
Il suo corpo tremava e cercava di respingere l'altro, ma Tsukki non avrebbe permesso che questo lo allontanasse di nuovo da lui.
- Ti amo Yamaguchi- lo strinse più forte. Tadashi scoppió nuovamente a piangere, ma questa volta per la gioia.
- Ti amo anch'io Tsukki-. Dentro Yamaguchi c'era qualcosa che gli diceva che avrebbe dovuto stare male per il fatto di avere ucciso una persona; ma se era stato per salvare Tsukki, allora l'avrebbe rifatto tutte le volte che fosse servito. L'importante era che Tsukki fosse ancora lì con lui; del resto, non gli importava.

HAIKYU:LA MIA CURADove le storie prendono vita. Scoprilo ora