CAPITOLO XII.

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- Questo gioco è stupido- sbuffò per l'ennesima volta Kei.
- Però gli altri sembra averli aiutati- fece notare Tadashi con un sorriso. Si era messo il più possibile contro la parete in fondo allo sgabuzzino, lasciando l'amico vicino alla porta, in modo che non si sentisse troppo vicino a lui.
Kei lo aveva notato, e se da un lato gli era grato per tutte quelle attenzioni, dall'altro non poteva che sentirsi in colpa. Se Yamaguchi aveva passato tre anni chiuso lì dentro, se aveva un migliore amico che non riusciva neanche a sfiorarlo, se aveva fatto quello che aveva fatto... Era stata tutta colpa sua.
- Stai bene Tsukki?- gli chiese Tadashi, notando che l'amico teneva lo sguardo basso.
- Stai zitto Yamaguchi- mormorò Kei. Perché era Yamaguchi a chiedergli continuamente se stava bene? Perché, per una volta, non poteva essere lui ad aiutare l'amico?
Tadashi non fece molto caso al tono duro del biondo, vi era abituato e sapeva che non glielo diceva per farlo stare male. Inoltre, la sua mente stava ancora pensando al bacio indiretto di prima.
- Tsukki- lo chiamò. Kei alzò lo sguardo su di lui, come a dirgli di continuare.
- Perché prima... Ecco... Con il bicchiere... Tu...-.
- Avevo sete-. Kei si pentí di quella bugia quando vide la delusione nello sguardo del suo migliore amico.
- Ok, non è vero. Ma voglio aspettare di essere fuori da qui- affermò. Tadashi rimase confuso da quella frase.
- Aspettare per cosa?-. Kei alzò lo sguardo al cielo.
- Davvero te lo devo specificare?- chiese.
- Scusami Tsukki- Tadashi fece un piccolo sorriso. In realtà, data la sua incredibile insicurezza, non era neanche sicuro al cento per cento che parlassero della stessa cosa. Ma se Tsukki voleva aspettare, allora era la cosa giusta da fare. Si era sempre fidato cecamente delle sue scelte e non avrebbe iniziato a dubitarne adesso.
- Yamaguchi? Mi stai ascoltando?- Kei sapeva di aver dato fin troppo pensieri all'amico, e adesso era suo compito distrarlo dai ragionamenti che stavano per azionarsi nella sua mente.
- Scusami, dicevi?-.
- Ti ho chiesto da quanto tempo non senti i tuoi genitori- ripeté Kei. Tadashi si accigliò a quella domanda.
- Da almeno un anno-. All'inizio loro erano obbligati a fare visite periodiche con i dottori, dato che era minorenne, ma non aveva mai ricevuto da loro visite di piacere ed i colloqui con i dottori erano cessasti appena aveva compiuto i diciotto anni.
- Capisco- mormorò Kei. Si chiedeva se il motivo per cui i genitori di Yamaguchi si fossero allontanati dal figlio fosse colpa sua; sapeva che l'altro ragazzo non ci stava male, gli aveva sempre detto che gli bastava avere lui al suo fianco. Ma sapendo di non poterci essere davvero, Kei da un lato avrebbe voluto che Yamaguchi trovasse qualcun altro con cui parlare. Dall'altro, non voleva che qualcuno gli portasse via l'unico vero amico che avesse mai avuto.
Tadashi non fece la stessa domanda perché sapeva già la risposta: il padre di Tsukishima era morto nel periodo in cui lui aveva sviluppato la sua malattia, ed il biondo da allora si rifiutava di parlare con il fratello maggiore. L'unica che andava a trovarlo era la madre, ma aveva smesso su richiesta del figlio una volta che non era più stato necessario.
- Tsukki, usciti da qui andiamo al cinema?- chiese. Kei si stupì di quella proposta improvvisa.
- Perché vuoi andare al cinema?-.
- Perché alla fine non ci eravamo più andati- rispose. Era stato sempre in quel periodo, quello in cui il padre di Tsukki era morto e lui si era ammalato, ma Tadashi non ricordava esattamente come mai non fossero più andati al cinema... Ricordava di essere andato a casa dell'amico, ma nient'altro.
Kei invece si irrigidí: lui ricordava bene cosa fosse successo, e temeva che parlarne lo avrebbe ricordato anche all'amico.
- Va bene- accettó. Vide il volto di Yamaguchi illuminarsi.
Kei si sentì sollevato quando sentì Kuuro bussare alla porta.
- Se non c'è nessuno nudo apro- avvisò.
Kei aprí la porta, quasi sbattendola in faccia al corvino.
- Tsukki stai attento! Potevi farmi male!-.
- L'obiettivo era quello- affermò il biondo, mentre usciva e tornava al suo posto. Si era messo tra Yamaguchi, che stava tornando a sedersi anche lui, e Kuuro, che essendo praticamente sempre in piedi non c'era possibilità che gli desse fastidio. Il più vicino dopo di lui era Kenma, che però era molto più concentrato sul videogioco che aveva in mano che sull'ambiente intorno a lui, per cui a Kei non dava fastidio.
- Gattino, Tsukki è cattivo con me- si lamentó Kuuro, avvicinandosi all'amico.
- Avrà avuto i suoi buoni motivi- affermò il biondo.
- Bro, Kenma e Tsukki sono cattivi con me- Kuuro spostò la mira delle sue lamentele su Bokuto.
- Povero Bro, non trattatelo male!-.
- Bokuto-san, non sei convincente se lo dici con la lingua infilata della bocca di Akashi- rise Hinata.
- Disse quello che sta facendo le fusa da mezz'ora- borbottò Kindaichi, indicando Kageyama che stava accarezzando il ragazzo sulle sue gambe da quando erano usciti dallo stanzino.
- Tutta invidia- affermó il moro.
- Tu non puoi insultarmi per una settimana dopo l'aiuto che ti ho dato, te lo ricordo- ribatté Hinata. Kindaichi borbottò qualcosa che nessuno capí ma non disse più niente.
Kei vide Yamaguchi ridere, divertito da quella scena. Gli sarebbe piaciuto vederlo sempre così; ma se rimaneva al suo fianco, non sapeva se ci sarebbe riuscito.
- Girate la bottiglia voi- Suga lanció l'oggetto a Yamaguchi, che lo appoggió a terra ed inizió a farlo girare.

HAIKYU:LA MIA CURADove le storie prendono vita. Scoprilo ora