CAPITOLO VII.

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Ittetsu sbirciò della sala da pranzo, non trovando niente di diverso dal solito. Il dottore lo aveva avvisato che probabilmente, dopo i primi giorni, i ragazzi avrebbero iniziato a manifestare qualche sintomo, come in una dipendenza. Infatti, dopo lo smarrimento iniziale la mente ed il corpo avrebbero iniziato a provare a respingere la terapia. Se loro fossero riusciti a superare quei giorni, allora sarebbe stato tutto più semplice.
Guardandoli da lontano, tutti i ragazzi sembravano stare bene; ma in effetti, davanti a lui erano sempre sembrati stare bene.
Ma Ittetsu sapeva perfettamente che i momenti peggiori sono quelli in cui nessuno ti osserva.

- Asahi-san, ti prego calmati- Yu strappò la lametta dalle mani dell'amico.
- Nishinoya, ridammela- gli impose quest'ultimo, voltandosi verso di lui con aria seria.
- No: le tue braccia stanno già sanguinando-. In quei giorni, Yu aveva fatto come gli era stato detto: aveva tenuto Asahi lontano dalla cucina, e aiutava lui ad apparecchiare o cucinare, dato che era nei lavori che gli aveva dato da fare il dottore per imparare a mantenere la concentrazione su cose semplici. Aveva fatto notare all'amico ogni volta che si torturava le mani, ed ora stava cercando di evitare che si riempisse nuovamente di tagli. Sembrava stesse funzionando. Ma quella mattina, Asahi ad un certo punto era come impazzito; finita la colazione era corso nel bagno della sua camera, e quando Nishinoya l'aveva raggiunto aveva visto due lunghi tagli sulle sue braccia, da cui usciva sangue.
- Non è abbastanza! Ti prego...-.
- Si che lo è-.
- Non è vero, non puoi capire! Ho bisogno del dolore!-.
- Perché?-.
- Perché è l'unico modo in cui capisco di essere vivo!-.
Yu non seppe come rispondere a quella frase. Sapeva il motivo per cui Asahi aveva iniziato a farsi del male, ma non ne avevano mai parlato in quel modo.
Il più grande del canto suo sentiva di star perdendo il controllo: aveva l'impressione che tutto attorno a lui stesse perdendo di significato. Parlava e scherzava con i suoi amici, ma allo stesso tempo avvertiva una strana sensazione farsi strada dentro di lui. Sentiva addosso sguardi di persone che non erano lì, e ogni volta che vedeva gli altri divertirsi anche mentre non c'era cresceva in lui la consapevolezza di essere inutile, che anche se non ci fosse stato non sarebbe cambiato nulla.
- Tu sei vivo, Asahi-san: sei vivo, e sei qui con tutti noi. Non hai bisogno di farti del male- Yu addolcì il tono, pur rimanendo pronto a reagire ad un eventuale nuovo scatto dell'altro.
- Non è vero, non puoi capire. Io non servo a niente: non ho capacità particolari, non so aiutare le persone, non so proteggere nessuno. Vengo costantemente giudicato per il mio aspetto, faccio paura alle persone che non mi conoscono e quelle che mi conoscono pensano sia un buono a nulla. Io non servo a niente, a nessuno importa davvero di me-. La sua mente aveva come cancellato gli ultimi tre anni, riportandolo al periodo della sua vita in cui nessuno lo aveva accettato, a quando farsi del male era diventato l'unico modo per non farla finita. Perché lui non voleva farla finita, voleva ancora provarci; ma aveva bisogno di sapere che ne valeva la pena. Aveva bisogno di soffrire per sentirsi vivo.
- Questo è l'unico modo che ho per continuare a vivere. Ti prego Nishinoya, dammi quella lametta- allungò una mano verso l'alto. Il più basso arretró di un passo ed appoggió la lametta sul suo polso. Asahi sbarrò gli occhi.
- Cosa stai facendo?!-. Yu fece un sorriso triste.
- Adesso capisci cosa provo ogni volta- sussurrò, alzando lo sguardo su di lui.
- Se vuoi parlare di non essere accettati, be' eccomi qui. Da quando ero bambino ho sempre amato muovermi: si lamentavano tutti del fatto che fossi sempre attivo e di come rompevo loro le scatole perché giocassero con me. I miei genitori mi facevano continue ramanzine sul fatto che non dovevo disturbare gli altri bambini, e li vedevo scusarsi perennemente con i genitori degli altri per qualcosa che non capivo: io volevo semplicemente avere qualcuno con cui giocare. Mio nonno è stato l'unico ad assecondarmi: nonostante la sua età, trovava sempre il modo di stare con me e farmi fare qualcosa insieme a lui. E così, sono cresciuto con dei genitori che mi chiedevano continuamente di smettere di essere sbagliato; non ho mai avuto veri amici perché più cercavo di essere socievole più loro si allontanavano con la scusa di non riuscire a stare al mio passo, che era solo un modo per dire "sei troppo scalmanato per stare con noi". L'unica cosa che desideravo era avere qualcuno con cui divertirmi, qualcuno con cui poter sfogare tutta la mia energia senza dovermi trattenere. Quando anche mio nonno se n'è andato, ho temuto che per me sarebbe stata la fine. Mi sono ritrovato completamente da solo. Perciò, se tu dici che provare dolore è l'unico modo per riuscire a vivere... Allora forse dovrei farlo anch'io-. Nishinoya spostó lo sguardo, concentrandosi sulla lametta che aveva in mano.
Non aveva paura del dolore, ma non sapeva cosa sarebbe successo se l'avesse fatto.
Mentre stava iniziando a premere leggermente però, una mano si poggió sulla sua ed alzó lo sguardo, trovandosi di fronte gli occhi lucidi di Asahi.
- Perdonami- sussurrò il più grande.
- Asahi-san...- Yu non si aspettava quella reazione.
- Scusami, sono stato insensibile. So che anche tu hai sofferto per non essere accettato, e non siamo gli unici qui; sono stato egoista. Però ti prego, non farlo: tu non sei più solo. Io... Amo vederti correre in giro, amo l'emozione che dimostri davanti ad ogni cosa, amo l'energia che trasmetti a tutti quelli che ti stanno intorno- mentre parlava, Asahi tolse delicatamente la lametta dalle mani dell'altro, appoggiandola poi sul ripiano del bagno.
- Ci sono io adesso: non devi più trattenerti- allungò le braccia, stringendo a sé il più piccolo, che dopo un attimo di stupore ricambió l'abbraccio.
- Hai visto? Sei riuscito a fare un discorso lungo senza distrarti. Stai già migliorando no?- Asahi iniziò a muovere lentamente la mano sulla schiena dell'altro.
- Però... Secondo me l'importante è che impari a controllarti e a concentrarti quando serve, ma per il resto non voglio che tu perda la tua vivacità. Amo vederti sempre così energico-. Stava ripetendo la parola "amo" molte volte in quel momento. Ma si tratteneva ancora.
Yu a quelle parole sentí i suoi occhi riempirsi di lacrime; strinse la maglietta del più grande mentre affondava il volto nel suo petto, quasi come per aggrapparsi a lui.
- Anche tu Asahi-san. Anche tu non devi trattenerti. Tu sei la persona più buona e gentile del mondo; non devi pensare di non valere niente. Con Ryu e Shoyo mi diverto molto, però con te mi sento al sicuro. Non voglio che tu te ne vada- mormorò.
Asahi lo strinse più forte: era la prima volta che qualcuno gli diceva di restare con lui.
- Non me ne andrò-. Non voleva certo abbandonare quel ragazzo apparentemente così piccolo e fragile, ma che molte volte gli aveva dimostrato di essere più forte di lui.
Però in quel momento aveva bisogno di lui: Nishinoya si stava impegnando davvero, provava a sfogare tutta la sua energia durante gli esercizi in palestra o quando camminavano in giardino, mentre si sforzava di rimanere concentrato quando disegnava, giocava a qualche videogioco o aiutava ad apparecchiare. L'aveva sentito chiedere a Kinnoshita e Narita, i due volontari che aiutavano Takaeda a cucinare e svolgere altre attività, se poteva aiutarli a cucinare in modo da riuscire a rimanere concentrato su qualcosa di importante.
- Però, io ora non ho altro modo per sentirmi in vita. Sto provando a smettere, lo sai: ma mi serve qualcos'altro che mi faccia sentire vivo o non riuscirò ad uscirne-.
Yu rimase in silenzio. "Posso essere io". Avrebbe voluto dirglielo, ma non ci riusciva. Non voleva imporgli di usarlo come motivo, doveva volerlo lui.
Staccó la testa dal suo petto ed alzó lo sguardo, fissandolo negli occhi, cercando qualcosa da dirgli.
Asahi non poté non sentirsi in colpa nel vedere che aveva quasi fatto piangere una persona come Nishinoya; non voleva più vedere quell'espressione sofferente sul suo volto, né rischiare che si facesse del male.
Stava cercando qualcosa da dirgli quando sentì bussare alla porta.
- Avanti- rispose Asahi, staccandosi dall'abbraccio e dirigendosi in stanza.
Yu si asciugó velocemente le lacrime prima di seguirlo.
Nella stanza entrarono Suga e Daichi.
- Nishinoya, Tanaka ti cerca- lo informó il secondo - ti accompagno-.
- Arrivo-.
- Noi vi raggiungiamo tra un attimo- affermò Asahi.
Nishinoya e Daichi annuirono ed uscirono dalla stanza mentre il ragazzo tornava in bagno, seguito da Suga.
- Come stai?- gli chiese Koushi.
- Meglio- ammise, mentre prendeva le bende dall'armadietto del bagno; per fortuna non aveva fatto in tempo a farsi tagli troppo profondi ed avevano già smesso di sanguinare.
- È un ragazzino fantastico vero?- commentò Koushi. Aveva notato che l'amico ultimamente aveva meno segni e non poteva che esserne felice.
Asahi fece un sorriso.
- Si: è veramente incredibile. Probabilmente, in qualche momento, è riuscito a contagiarmi con la sua voglia di vivere-.

HAIKYU:LA MIA CURADove le storie prendono vita. Scoprilo ora