CAPITOLO VIII.

381 24 45
                                    

La mattina dopo, Ukai si svegliò per via di alcune grida che lo fecero scattare a sedere. Si guardò intorno confuso, e per un attimo pensó di esserselo immaginato. Poi sentì un altro urlo; si alzò e corse alla finestra.
Più o meno dall'altra parte della struttura, c'era una finestra aperta: era la camera di Yaku.

- Yaku-san, ti prego calmati!- urlò Lev.
- Lasciami Lev, devo andare a fermarli! Kuuro! Sugawara!-. Yaku guardò in basso: in giardino, c'erano Kuuro e Sugawara. Ognuno dei due aveva in mano una pistola e la stava puntando contro l'altro. Doveva andare a fermarli ad ogni costo, prima che uno dei due commettesse un errore irreparabile.
- Non c'è nessuno lì Yaku-san! Ti prego torna dentro!- Lev iniziava a sentire le braccia fargli male. Ma se avesse lasciato l'amico, esso si sarebbe buttato giù dalla finestra.
- C'è uno scivolo, non vedi? Fammi andare!-.
Il corpo di Lev iniziò a tremare: doveva tenerlo. Non poteva lasciarlo andare. Non di nuovo.
Strinse la presa sulla maglietta e tirò Yaku verso di sé, circondandolo con le braccia. Per quanto fosse piccolo, Yaku era molto forte, di sicuro più di lui, a cui stava iniziando a tremare tutto il corpo.
- Lev mollami!-. Il mezzo-russo scosse la testa e cercò di aumentare la presa. Sapeva che le sue allucinazioni sarebbero potute peggiorare se non avesse dato loro retta per un po', ma non aveva mai raggiunto quei livelli, era sempre riuscito a calmarlo prima.
Quella mattina invece, quando si era svegliato Yaku era già davanti alla finestra intento a chiamare i suoi due amici.
Sentì la porta alle sue spalle aprirsi.
- Lev che sta succedendo?-. La voce di Kenma: allora con lui...
- Kuuro, stai calmo- sentì mormorare dal biondo.
Lev voltó appena lo sguardo, e notò che Kuuro si stava guardando le mani con sguardo assente.
- Vedere il suo amico in questo stato gli sta procurando una derealizzazione. Kozume, portalo via- il dottore entrò velocemente nella stanza, dirigendosi verso la finestra e chiudendola, per poi piazzarvici davanti.
- Perché mi ostacolate? Lasciatemi andare!- Yaku non capiva cosa stesse succedendo. Aveva sentito dei rumori alle sue spalle, ma non ci faceva caso: gli importava solo raggiungere i suoi amici. E quello sconosciuto davanti a lui glielo stava impedendo, così come il ragazzo che considerava amico alle sue spalle.
- Haiba, fallo voltare: se lo toccassi anch'io potrebbe impazzire di più, devi riuscirci da solo- ordinò il dottore.
- Mi fa male il corpo...- mormorò Lev.
- È tutto nella tua testa. Vuoi aiutarlo si o no?-. Lev serrò le labbra ed annuì.
Raggruppó tutta la forza che aveva e si voltò, lentamente, facendo girare Yaku con sé.
- Lasciami! Smettila! Devo andare da...- Yaku si bloccó di scatto. Davanti a lui, c'era Sugawara.
- Sugawara, stai bene? Non eri...-.
- Sono qui, tranquillo- rispose il ragazzo, avvicinandosi. Mise una mano sulla spalla di Yaku.
- Vedi? Sono qui: sono quello vero. È tutto a posto-. Yaku sentí la testa girargli e chiuse gli occhi, smettendo di agitarsi.
- Per fortuna...- mormorò. Lev, non dovendo più utilizzare la sua forza per tenerlo fermo, si accasciò sul pavimento.
Ukai superó i due ragazzi, facendo cenno a Sugawara di seguirlo fuori dalla stanza, chiudendo poi la porta alle sue spalle.
Lev chiuse gli occhi: ce l'aveva fatta. Non l'aveva lasciato andare. Ci stava riuscendo. Poteva farcela.
- Mi dispiace- mormorò Yaku. Lev aprì gli occhi per voltarsi verso di lui.
Yaku si era appoggiato allo schienale del letto, e fissava un punto davanti a sé. Aveva appena realizzato che quello che aveva visto era impossibile: i suoi amici non si sarebbero mai puntati delle pistole contro, non si sarebbero mai allontanati senza Kenma e Daichi e non c'erano scivoli per andare in giardino. Era stata tutta un'illusione.
Iniziò leggermente a tremare: non voleva. Non voleva vivere di nuovo un'esperienza simile. Non voleva più vedere i suoi amici in pericolo e fare preoccupare gli altri.
- Quando ero più piccolo, facevo ginnastica artistica-. Yaku si voltò verso Lev, confuso, non capendo come mai glielo stesse dicendo. Adesso il più alto era seduto anche lui contro il letto, lo sguardo puntato sul muro di fronte.
- Dato che avevo le braccia lunghe, mi facevano afferrare la gente dopo i salti o durante il trapezio, o cose simili. Una volta, durante una prova importante... Non so cosa fosse successo, ero nervoso probabilmente, sta di fatto che non sono riuscito a prendere il mio compagno. È caduto, fratturandosi entrambe le gambe. Dopo mesi di terapia è riuscito a tornare a camminare, ma non è più potuto tornare a volteggiare. Quando l'ho scoperto... Sono iniziati i sintomi-.
Lev si voltò verso il ragazzo più basso.
- Sono felice di non averti fatto cadere, Yaku-san- dichiarò con un piccolo sorriso.
Yaku non sapeva come, ma sentire l'altro parlare l'aveva tranquillizzato.
- Grazie Lev, mi hai salvato la vita- sussurró.
- Ti terrò ogni volta che sarà necessario, Yaku-san- affermò.
Yaku sorrise; si sollevò leggermente e lasció un bacio sulla guancia dell'altro, che spalancó la bocca e divenne completamente rosso.
- Fai tanto il grande ma ti imbarazzi come un bambino eh?- borbottó Yaku, ridendo.
- Mi hai solo colto alla sprovvista! E poi anche tu sei rosso, Yaku-san!- protestò l'altro.
- Non è vero!-. Si, era vero.
- Si invece, diventi rosso ogni volta che ti faccio un complimento, ma sono bravo e non te lo faccio notare!-.
- Io non arrossisco per i complimenti!-.
- Ah no? Stavo proprio per dirti che sei molto forte-.
- Davvero? Grazie-.
- Sei rosso!-.
- E smettila!- Yaku tirò un pugno sul petto di Lev.
- Ahia!- si lamentó il secondo, massaggiandosi il punto colpito.
Yaku sorrise: no, decisamente non sarebbe mai riuscito a riprodurre l'illusione di una persona simile.

HAIKYU:LA MIA CURADove le storie prendono vita. Scoprilo ora