- Vuole che giochiamo? Ma... Noi siamo già in una stanza da soli- fece notare Ittetsu, sperando che non si notasse troppo il calore che si era diffuso sulle sue guance.
- Lo so, ma possiamo fingere che non sia così- Keishin si alzò, superó il tavolo ed andò a sedersi di fianco a Takaeda.
In quella stanza i tavoli erano di quelli bassi, dove si mangiava stando in ginocchio, perciò i due si ritrovarono quasi appiccicati.
- Fingiamo non ci siano il cibo e l'alcool- di cui ne aveva parecchio in corpo - e passiamo sette minuti come se avessimo solo quelli nella serata. Possiamo anche stare in silenzio se preferisci-.
Ittetsu cercò di non guardarlo mentre cercava di ragionare, ma la vicinanza dell'altro glielo rendeva difficile.
- Va bene; sarà divertente- affermó.
Keishin sorrise ed appoggió l'orologio sul tavolo, pronto per iniziare.- Non ho capito come ci siamo finiti qui...- borbottò Koushi - non dovevamo decidere l'ordine facendo girare una bottiglia?-.
- Si, ma hanno voluto fartela pagare per aver proposto il gioco- rise Daichi.
- Quindi è colpa mia?-.
- Si; ma almeno ti hanno lasciato tenere il bicchiere- gli fece notare l'amico.
- Che gentili- sospirò Suga, ma sorrise. Dopotutto, quando aveva proposto quel gioco sapeva che sarebbe arrivato anche il loro turno.
Tra l'altro aveva anche già visto lo sgabuzzino in cui era stato rinchiuso: era una stanza collegata alla sala da pranzo in cui tenevano alcune sedie e le stoviglie di ricambio. Era un po' piccolo, riuscivano appena a stare appoggiati ognuno contro una parete ed erano comunque a pochi centimetri uno dall'altro.
- Sei incredibile Suga- affermó Daichi all'improvviso. L'altro alzò lo sguardo sugli occhi del moro, che gli stava sorridendo.
- Cosa intendi?- gli chiese, confuso.
Daichi avrebbe voluto dirglielo da anni, e probabilmente quella era l'occasione ideale.
- Hai proposto questo gioco per aiutare gli altri vero?-. Koushi annuì.
- Ti invidio per come ti prendi sempre cura di tutti, nonostante i tuoi problemi; non vuoi lasciare che nessuno veda il tuo lato debole. Sei proprio come una mamma- affermò.
- Daichi, è dal primo giorno che siamo qui che apparecchi, aiuti con le pulizie e tieni d'occhio tutti per evitare che non si facciano del male tra di loro. Se proprio vogliamo parlare di genitori incredibili, direi che il padre perfetto qui sei tu- gli fece notare Koushi con il sorriso.
- Lo sai che non ce l'avrei fatta senza di te; non avrai avuto la forza di occuparmi degli altri se tu non ti fossi preso cura di me- ammise Daichi.
- La madre deve prendersi cura anche del padre no?- scherzó Koushi. Si rese conto di ciò che aveva detto solo quando vide il rossore sulle guance dell'altro e si sentì arrossire anche lui.
- Quanti minuti sono passati secondo te?- chiese Koushi, nel tentativo di sviare il discorso. Con Daichi si era sempre sentito incredibilmente a suo agio, ma in quel momento non sapeva proprio cosa dire.
- Suga-. Koushi si voltò, e si trovò davanti Daichi. Davanti letteralmente, dato che il moro si era staccato dalla parete ed aveva fatto un paio di passi in avanti.
- Ricordi quando ha nevicato, e mentre apparecchiavo mi hai detto che saresti andato a controllare se tutte le porte fossero chiuse?- chiese Daichi; vide da come lo sguardo dell'altro si era spalancato che aveva capito.
- Mi hai visto vero?- mormorò Koushi.
- Mentre saltellavi in mezzo alla neve come un bambino? Si- confermò Daichi. Non avrebbe mai dimenticato quella visione. Gli era sempre sembrato che Suga si stesse trattenendo, e quando l'aveva visto quel giorno aveva capito che c'era in lui una parte infantile, che teneva nascosta per paura di non essere più preso sul serio.
- Che imbarazzo!- Koushi si portò le mani davanti al volto, per quanto glielo permetteva il bicchiere che aveva in mano, che sapeva essere diventato completamente rosso.
Adesso Daichi non si sarebbe più fidato di lui, l'avrebbe preso solo per un bambino.
- Suga- Daichi gli fece spostare le mani dal viso e gli sorrise.
- Sei giovane, nessuno ti dice di prenderti cura di tutto e non divertirti. Ho adorato vederti così libero, adoro quando fai battute a caso o quando ti emozioni nel guardare cartoni animati. Non devi trattenerti solo perché vuoi prenderti cura degli altri: puoi sia essere una mamma che essere un adolescente felice- affermò. Aveva sempre voluto dirglielo, ma temeva che l'amico avrebbe frainteso ció che voleva dire.
- Dici davvero?- sussurró Koushi, sorpreso.
- Perché pensi di dover essere sempre tu a prenderti cura degli altri?- gli chiese Daichi. Koushi abbassò la testa.
- Mia mamma stava spesso male, così mi proponevo per fare ciò che potevo. Volevo crescere in fretta per poterla aiutare, ma non sono mai riuscito a liberarmi di questa mia vena infantile- raccontó.
- Quando ero all'ultimo anno delle elementari- Koushi sollevò lo sguardo, sorpasso dal fatto che l'altro avesse iniziato improvvisamente a raccontare - sono diventato capitano della squadra di pallavolo della scuola. I miei genitori continuavano a ripetermi che, impegnandomi con costanza e diligenza, sarei riuscito a realizzare i miei sogni. Eppure, al club mi sono sempre trovato da solo, gli altri bambini non avevano voglia di impegnarsi e quando hanno visto che ero troppo severo se ne sono andati. La situazione si è ripetuta anche alle medie e agli inizi del Liceo, finché non ce l'ho fatta più. Ho iniziato a vedere compagni che non esistevano e situazioni irreali. Penso che la mia malattia si sia sviluppata per questo: avevo tanti sogni, ma nessuno che mi aiutasse a realizzarli-. Non sapeva perché glielo stesse dicendo, non l'aveva mai raccontato nessuno. Però si poteva fidare di quel ragazzo; gli era stato accanto e l'aveva aiutato sin dal primo giorno in quel luogo.
Daichi ricordava ancora come, durante il primo pasto in quel luogo, avesse cercato di attirare l'attenzione di tutti gli altri nel tentativo di presentarsi ed iniziare una convivenza pacifica. Nessuno lo stava ascoltando, poi era entrato Suga; battendo le mani aveva richiamato l'attenzione di tutti, lo aveva affiancato e si era presentato, per poi lasciargli la parola.
Per una volta, aveva sentito che c'era qualcuno che condivideva i suoi obiettivi e aveva abbastanza forza per provarci.
- Ti aiuterò io-. La risposta di Koushi arrivò di scatto, non appena Daichi finì di parlare.
- A fare cosa?- gli chiese, confuso.
- A realizzare i tuoi sogni. Qualsiasi essi siano: non avrai più bisogno di allucinazioni se ci sarò io- affermó, con una convinzione negli occhi che Daichi non aveva mai visto, e che lo lasciò un attimo sorpreso. Poi sorrise. Non aveva raccontato la sua storia a Suga per spingerlo ad aiutarlo, ma era felice delle sue parole.
- E va bene, ma ad una condizione- affermó. Koushi corrugò le sopracciglia.
- Una condizione?-. Daichi si avvicinò ancora di più.
- Quando usciremo e non dovrai più fare da mamma a questi ragazzi, voglio vederti fare tutto ciò che ti diverte. E voglio farlo insieme a te- affermó.
Koushi rimase sorpreso da quell'affermazione; non pensava che qualcuno gli avrebbe mai detto una cosa simile. Ed era felice che il primo fosse stato Daichi.
- Ci sto- gli porse la mano, ed il moro gliela strinse.
- Hey voi due, possiamo aprire o siete in condizioni indecenti?- urlò Kuuro, bussando alla porta.
- La tua è tutta invidia!- gli rispose Koushi, mentre il moro apriva la porta e loro uscivano dalla stanza, tornando verso i loro amici che erano seduti in cerchio al centro della stanza.
- Che è successo lì dentro?- chiese Oikawa con un sorriso fraintendibile in volto.
- Top secret- affermó Koushi - scegliamo i prossimi; Daichi, usami come bottiglia-.
- Come bottiglia? Sicuri ci fosse abbastanza aria lí dentro?- commentò Kuuro, confuso e divertiti.
Koushi lo ignoró e si mise in mezzo al cerchio; Daichi lo raggiunse, gli mise le mani sulle spalle ed iniziò a farlo girare.
- Sembra divertente!- esclamò Bokuto, mentre Daichi si allontanava leggermente. Koushi continuò a girare e si mise a ridere, mentre allungava il braccio.
Ne rimasero tutti sorpresi: non avevano mai visto Sugawara comportarsi così. Ma in fondo, tutti preferivano avere una mamma che si divertiva con loro.
E Daichi era il più felice di poter assistere alla gioia dell'argentato, e non poté fare a meno di sorridere mentre l'altro diminuiva la rotazione, fermandosi per indicare la prossima coppia.
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HAIKYU:LA MIA CURA
Fanfiction- Il primo passo per guarire è ammettere di essere malati-. Ukai è sempre stato un dottore fuori dal comune, i suoi metodi sono diversi da quelli degli altri psicologi; proprio per questo Takaeda deciderà di contattarlo come psicologo per la sua str...