Capitolo 11 - VISITE

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I due turchi furono indicibilmente sollevati di vederla correre sana e salva. Zera allungò le mani tra le sbarre e afferrò quelle di Menta, che li salutava con calore.

«Cosa fate qui?»

«Abbiamo ricevuto la tua lettera, volevamo assicurarci che tu stessi bene» spiegò Turquadid esaminando Ugo, alle spalle di Menta.

Il maggiordomo rabbrividì agli occhi d'onice glaciale del soldato ottomano che gli promettevano le pene più terribili dell'inferno se accadeva, o era già accaduto, qualcosa alla sua signorina.

«Sto bene, sto bene» e Menta fece per aprire il cancello. Era sbarrato. «Ugo, apri il cancello.»

Il maggiordomo si morse il labbro. «Non mi è possibile.»

«Hai dimenticato le chiavi? Devo farti un rimprovero, non ti credevo sbadato. Vai a prenderle, non scapperò scavalcando il cancello!» rise Menta bella come un angelo, la paura cancellata grazie al calore che percepiva dalle mani scure di Zera.

Ugo non si mosse. Menta lo guardò senza capire e senza perdere il sorriso luminoso.

«Temo non abbia il permesso di aprire il cancello» constatò Turquadid, la luce del sole che luccicava sul suo perfetto turbante bianco.

Menta non volle credere alle sue orecchie. «Non ha il permesso?» Di colpo tutto le fu chiaro. «Già» ringhiò, la rabbia montava rapida e inesorabile. «Nessuno può entrare a Villa delle Rose, e io non posso uscirne!»

Ugo era affranto. Nella remota possibilità che Sua Signoria avesse voluto attirare l'attenzione della ragazza, impedirle di accogliere i suoi cari non era la scelta adatta.

«Lo odio. Lo odio! Come può impedirmi di abbracciarvi» urlava infatti Menta, scuotendo inutilmente il cancello.

Zera le strinse le dita attraverso le sbarre, come per magia Menta si sentì a casa. «Bambina, calmati, lo sai che la rabbia non è una buona consigliera.»

«Puoi spiegarci meglio che cosa ti è successo?»

Libera dalle restrizioni della carta e rassicurata dalla presenza dei suoi cari, Menta raccontò in dettaglio la preghiera di Nenè, la tempesta, il Conte e l'accordo.

Ugo stava in disparte tuttavia non poté evitare di sentire le parole di Menta. Cercò in esse un indizio che poteva permettergli di comprendere cosa stava succedendo in quei giorni, ma dopo che la ragazza ebbe terminato, ancora il comportamento del suo signore era poco chiaro.

«È strano» ammise anche Turquadid. «E da quel giorno non lo hai più rivisto?»

Menta scosse la testa.

«Non è detto che le voglia fare del male» disse Zera fingendo di non aver sentito il brivido che aveva scosso la ragazza.

«No!» intervenne Ugo impulsivamente, offeso dalle parole della donna. Si schiarì la gola, ricomponendosi. «Posso garantirvi che Sua Signoria non farà mai nulla di male alla signorina. Egli mantiene la parola data.»

La ragazza storse le labbra, sbuffando poco elegantemente al cielo azzurro che li sovrastava. I due turchi invece squadrarono il maggiordomo attraverso le sbarre del cancello prima di stabilire il verdetto.

«Credo che quel domestico sia sincero. Coraggio, piccola mia.» C'era timore negli occhi di Zera, e uno smisurato affetto. «Ci vedremo presto a casa.»

Menta non poté reprimere una smorfia. «Con che coraggio posso ripresentarmi in pubblico dopo un mese passato sola a casa di un uomo sconosciuto?»

Turquadid posò una grande mano calda sulle loro. «La tua casa sarà sempre aperta, Menta, anche se tutte le altre saranno chiuse.»

«Hai fatto una cosa molto bella, tesoro, rinunciando alla tua libertà per aiutare Nenè. Non temere per la tua reputazione: diremo che sei andata a trovare degli amici, magari la signora Marzani a Parma, cosa ne pensi? Non c'è nulla di strano che tu vada a fare compagnia a una vecchia conoscenza di tuo nonno, che non ha contatti in paese ai quali inavvertitamente smascherare questa tua piccola bugia. La gente ci crederà.»

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