Capitolo 16 - FACCIA A FACCIA

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Menta incitò il cavallo, smontò quando l'animale ancora non si era fermato, ma prima che potesse raggiungerlo, l'uomo steso a terra nascose il volto con un braccio e picchiò il pugno al suolo. Drizzò la schiena e con le mani nei capelli lanciò un grido straziante, che gelò Menta fino al midollo.

L'uomo la notò, sgranò gli occhi. «Cosa fate qui?»

Menta represse un brivido di fronte agli occhi dell'uomo, che finalmente riusciva a vedere e le toglievano il poco fiato che era riuscita a ritrovare dopo la galoppata. «Vi stanno cercando alla villa.»

Il Conte si strinse nelle spalle. «Che continuino pure. Voi, piuttosto, perché siete qui, e chi vi ha dato il permesso di montare uno dei miei cavalli?»

Il rimprovero sortì l'effetto contrario a quello che l'uomo si era aspettato. Menta scosse il capo stizzita e rispose per le rime.

«Stavo cercando voi. Siete sparito senza lasciare traccia, vi rendete conto della pena che avete dato a quei poveretti?»

«Questo non vi autorizza a prendere uno dei miei cavalli.»

Stupita, Menta ispirò a fondo. Ogni volta che si incontravano, avevano qualcosa per cui discutere, e quanta scortesia impregnava sempre quella voce baritonale così bella. «Non l'ho rubato. Ho pensato che foste andato in giro a cavallo, perciò ho fatto altrettanto per trovarvi.»

Il Conte mascherò lo stupore. «Da cosa lo avete arguito?»

«Il recinto del vostro nuovo stallone era vuoto.»

«Vi credevo più sciocca, sapete?»

La mascella di Menta si sollevò minacciosa. «Avevate assolutamente ragione invece, Vossignoria. Soltanto una sciocca resta in casa di un uomo che, dopo averla fatta sua prigioniera, non si fa più vedere.»

«Avete accettato di diventare mia prigioniera, non vi ho costretto.»

Incrociò le braccia, innervosita dal tono canzonatorio dell'uomo che le sbatteva in faccia la verità. «Non avevo scelta.»

«Così pare.» Il Conte si rialzò da terra.

Menta lo ignorò, finché l'uomo emise un'esclamazione soffocata e cadde. Artigliava la coscia destra con una mano.

«Vi sentite male?»

«Non avvicinatevi!» esclamò l'uomo allontanandola con un imperioso gesto del braccio.

Menta soppesò il Conte che non riusciva ad alzarsi da terra. Alla fine, ignorando il fiume di proteste, si inginocchiò al suo fianco, gli fece porre un braccio sulle sue spalle e lo aiutò a rimettersi in piedi.

«Non potete cavalcare in queste condizioni. Venite, ora, torniamo alla villa.»

Sorrise amara pensando che, se mai si fosse diffusa la notizia che aveva abbracciato quell'uomo, sebbene solo per aiutarlo, la sua reputazione sarebbe stata definitivamente rovinata, e lei non si sarebbe mai potuta sposare, nemmeno se lo avesse voluto.

«Lasciatemi, signorina Delle Vigne. Non mi toccate!» Il Conte si liberò della presa di Menta ma riuscì a fare un solo breve passo: la gamba cedette di nuovo, e di nuovo lui si ritrovò a terra.

Avvampò dalla vergogna, non osava guardarla. Sussultò quando Menta si pose al suo fianco e gli offrì ancora aiuto. Questa volta il Conte non rifiutò. Tuttavia arrossì di nuovo, dubitando che fosse per la rabbia o la vergogna: aveva un braccio sulle spalle della ragazza e lei gli stringeva la vita. A fatica si costrinse a distrarsi dal volto di Menta.

«Mi giudicate uno stupido, vero?»

«Perché avete voluto saltare quel muro, perché non avete voluto farvi aiutare o perché vi offrite di ospitarmi e poi vi nascondete?»

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