Capitolo 22 - UN BALLO

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Il suo primo impulso fu voltare le spalle e andarsene. C'era già stato un tempo in cui due amici ridevano nella villa, lo stesso in cui egli smaniava di avvicinarsi alla donna che si divertiva con un altro. Se fosse entrato in quella stanza si sarebbe sentito un estraneo nella sua stessa casa. Eppure contrariamente al primo impulso, fece un passo avanti anziché indietro, forse ignorando l'istinto, o forse spinto dal desiderio di interrompere a forza la conversazione al contrario di quanto era accaduto in passato.

Menta lo salutò con un sorriso più ampio, Diego si complimentò nel vederlo camminare senza bastone. Il Conte ringraziò con tiepida cortesia, il calore con cui era stato accolto allentò la tensione nel suo cuore. Come e perché poteva essere geloso, e di Diego poi? Si accomodò su un canapè color del mare dal quale gustare la conversazione tra i suoi ospiti senza prenderne parte.

«Come? Ve ne andate così presto, signorina?» chiese d'un tratto il prete. «Perché?»

«Non voglio trattenere la signorina più del necessario» intervenne il Conte intuendo l'imbarazzo della ragazza. «Temo di averle arrecato già abbastanza disturbo.»

Menta scosse il capo con una decisione irruenta che tradì così apertamente i propri sentimenti nascosti dal decoro e le maniere, da sorprendere padre Diego. «Sono io che temo di averne arrecato a voi, signore.»

La luce del fuoco faceva brillare i fili d'argento dei ricami del divanetto e le iridi screziate del Conte. Menta rabbrividì senza capirne il motivo.

Diego alzò gli occhi sull'amico che non rispondeva. Corrugò la fronte. Controllò la ragazza, poi di nuovo l'amico. Un sorriso di comprensione soddisfatta aleggiò sulle sue labbra.

«È un vero peccato, signorina, che ci abbandoniate senza che neppure ci siamo conosciuti.»

Ignorando il batticuore che le aveva inferto il Conte, Menta si lasciò distrarre. «Mi auguro che avremo l'occasione di rivederci, padre. Vi recherete giù al paese di tanto in tanto?»

«Ho intenzione di chiedere se posso essere utile alla chiesa della Madonna del Lago.»

«Dunque è probabile che ci vedremo spesso.»

«Ne sarò lietissimo.»

«Credevo volessi restare qui» confessò il Conte. «Avresti l'opportunità di dedicarti ai tuoi studi, lunghi momenti di raccoglimento e di preghiera. Silenzio e solitudine. Non saresti mai disturbato da rumorosi pagani, feste o intrattenimenti sociali. Non incontreresti mai nessuno, a parte qualche servo e me.» Ghignò davanti all'amico che si abbarbicava per trovare il modo di rifiutare quella spaventosa offerta. «Dimenticavo,» proseguì come riflettendo con se stesso, «non puoi. Devi aiutare le tue pecorelle smarrite.»

Diego sospirò di sollievo, prima di rendersi conto di essere stato preso in giro. Menta già sorrideva dietro il ventaglio. Il Conte spostò lo sguardo su di lei e ve lo lasciò.

«Hai ragione, le pecorelle» mugugnò il prete. «E cominceremo da subito, daremo una festa per la signorina Delle Vigne.»

Menta lo squadrò allibita. «Per me?»

«Immagino non abbia ricevuto il benvenuto che meritavate, e dato che state per andarvene, ripareremo al torto con una festa di addio. Immediatamente. Con la speranza che torniate al più presto a trovarci.»

«Non mi sembra di averti nominato mio signore delle feste» si oppose freddamente il Conte.

Diego scrollò le spalle e lo ignorò:

«Chiamo qualcuno perché suoni un po' quel clavicembalo».

«Nessuno dei miei domestici suona.»

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