Menta rimase nella sua stanza per le infinite ore del pomeriggio. Gironzolò intorno al baldacchino, curiosò nei cassetti dell'armadio e del tavolino. Contemplò a lungo dall'alta finestra ogivale il giardino interno della villa. Tentò di passare il tempo immaginando quanto potessero essere lunghi gli otto lati dei muri che lo attorniavano. Quanto profondo il pozzo centrale, anch'esso ottagonale, coperto da edera e rampicanti e la cui corda si perdeva nelle profondità buie della terra. Quanto fine la ghiaia del cortile. Profumate e allegre in estate le rose dei cespugli ora spogli e morti.
Finché, inasprita dalla noia, all'imbrunire uscì dalla stanza.
Nel corridoio, a lato di una delle statue velate, c'era la cameriera, ritta e in attesa. Menta ebbe un moto di stizza: dunque la sorvegliavano.
«Avete bisogno, signorina? Vi porto qualcosa?»
«Vado a vedere come sta il cavallo.»
La domestica divenne nervosa. «Il Conte preferirebbe...»
Se Anna avesse conosciuto Menta come la conoscevano i domestici di Casa Delle Vigne, avrebbe saputo cosa aspettarsi da quell'inflessibile cenno del capo che sollevava il mento invitando sprezzante alla sfida.
«Se lo incontreremo sarò felice di permettergli di accompagnarmi.»
«Non credo lascerà le sue stanze a quest'ora, però...»
«Esigo uscire. Puoi cedere e mostrarmi la strada, oppure la troverò da me. Nel qual caso farò un po' di chiasso.»
Con un gemito soffocato la povera domestica la guidò al portone d'ingresso accertandosi, Menta lo notò con rabbia, che la signorina la seguisse dappresso come un bravo cane al guinzaglio. Al portone l'usciere, lo stesso giovane dall'aria buona e tarda che aveva aperto a Menta la sera prima, balzò in piedi dalla confortevole sedia di faggio su cui stava schiacciando il suo sonnellino pomeridiano.
«Dove state andando? Il padrone...»
«Accompagno la signorina alla stalla, vuole verificare che il cavallo che ha donato al padrone sia degno di lui» spiegò la cameriera.
Del Conte non gliene importava niente, avrebbe voluto precisare Menta: era del cavallo stesso che si interessava. Ma Anna continuava nella sua filippica, tentando di assicurare all'usciere che avrebbe fatto la guardia alla prigioniera e al tempo stesso sforzandosi di non far capire alla prigioniera in questione che erano pronti a bloccare ogni tentativo di fuga.
«Le sto vicino, per... aiutarla. Ci sarà anche Amedeo se i miei... servigi non basteranno. È da solo nella stalla ora, vero?»
Menta scrollò il capo seccata. Quella sciocca ragazza pensava davvero di doverla rincorrere insieme a questo Amedeo?
L'usciere annuì incerto. «Quella piccola. Fai in fretta, però» e guardò Menta con apprensione. «Non dovreste andare fuori, sta facendo buio.»
Davvero era il buio che doveva temere, o la rabbia del Conte se avesse scoperto che Menta aveva indotto i servi a disobbedirgli? Il pensiero le strappò un ghigno malevolo, tutt'altro che intimorito.
La stalla era in un'ala separata della villa, per raggiungerla dovettero percorrere il cortile costeggiando la tenuta. Il silenzio regnava pesante tra i cipressi ombrosi, erba e ghiaia ghiacciate scricchiolavano sotto i piedi. All'interno della stalla ampia e squadrata, pulita e illuminata, c'era però un confortevole tepore e il familiare profumo di fieno e animale. Di colpo il mondo tornò piacevole.
Anna non comprendeva il fascino del luogo che rallegrava Menta: chiamava lo sconosciuto Amedeo con fretta irritata. Tutt'altro che impressionato, comparve da uno dei recinti un uomo anziano in larghi stivali da lavoro e un grembiule di cuoio. La carnagione era scurita dal lavoro di molti anni all'aria aperta, le spalle curve e la corporatura massiccia eppure scattante dei migliori cavalli da tiro, tozzi e resistenti, induriti dal freddo e dalla vita.
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La Rosa Del Lago
Ficção HistóricaSulle rive del lago di Garda, nei primi decenni dell'Ottocento, tutti hanno dimenticato Villa Delle Rose e il Conte che vive recluso come un mostro delle fiabe. Finché il caso costringe la giovane Menta a stringere un patto con il mostro e a trascor...