I mesi trascorsero, l'inverno si fece inflessibile, la temperatura scese e il lago ghiacciò, coprendosi di una gelida coltre accecante. Il paesino procedeva lemme con i propri intrattenimenti. I visconti Tegnaghi diedero altri ricevimenti per ostentare la propria ricchezza; i duchi vonBeleyzich festeggiarono il ventesimo anno di matrimonio nella loro villa veneziana; i marchesi Maffei invitarono la ristretta cerchia dei nobili di vecchia data alla loro Cà Vei la vigilia di Natale; la merenda domenicale a casa Nicolis ebbe luogo come sempre dopo la messa per commentare la predica di padre Benigno.
Menta continuò ad accettare inviti e a rifiutarne altri, mantenendo invariati i rapporti dei Delle Vigne con gli altri abitanti del paesino. Trascorreva i lunghi pomeriggi liberi accudendo i tre cavalli rimasti alla stalla dopo che aveva regalato Ermete. Portava loro qualche barbabietola da zucchero che mischiava all'orzo e alla crusca del pastone invernale.
La sera, se riusciva a trovare una scusa per evitare i ricevimenti, si accoccolava con triste sollievo davanti al caminetto da sola, a sfogliare i libri della biblioteca di famiglia, o a fingere di farlo, dato che il più delle volte si scopriva immersa in ricordi del passato e congetture sul futuro.
Riuscì a incontrare Nenè a una festa, le confidò quanto fosse in pensiero ma la giovane Toblini rise leggera e si ravvivò i capelli ramati con un gesto insieme nervoso e stizzito. Nenè sosteneva che non correva nessun pericolo, che Antonietta era una cara e inoffensiva ragazza, e si ostinava ad abbandonare i ricevimenti al primo bussare alle finestre.
Menta non poteva che guardare inerme l'amica lasciare i saloni illuminati e le cene rinomate per correre fuori, nelle notti fredde, chissà dove. Soltanto quando erano presenti i suoi genitori Nenè restava buona accanto alla signora vonGrundurech, regalando sorrisi caldi e ineccepibili. Nemmeno in quelle occasioni però si avvicinava più volentieri a Menta.
La chiesa della Madonna del Lago era sistemata sul pendio a destra della mulattiera. Risaliva alla metà del secolo precedente, con una navata di circa dieci metri in larghezza e venti in lunghezza, di mattoni di terra bruciata e malta grigiastra, priva ancora di campane, dal soffitto a cupola in sobrio barocco e un affresco inneggiante la gloria di Santo Stefano sopra la cassetta delle offerte.
Seguendo la folla di fedeli fuori dalla chiesa, mentre le ultime note dell'organo ancora si udivano giungere dall'interno, Menta strinse il manicotto sotto il pesante mantello nero. Il cielo era terso e azzurro eppure l'aria ancora pungeva come quella di un gennaio inclemente che si ostinava a non volgere al termine.
«Hai freddo, bambina? Tra poco saremo a casa, la carrozza ci aspetta in strada?» mormorò Zera permettendo, come era convenienza, che un gruppo di nobili coperti da scialli e mantelli la superasse fuori dalla chiesa.
Bartolomeo non aveva gradito la conversione forzata dei due turchi, ma essi l'avevano accettata come un prezzo da pagare per non essere cacciati dalla casa dei Delle Vigne per mano di una società che si ostinava a non apprezzarli nonostante gli anni di fedeltà mostrata a una delle famiglie più antiche del paese.
Davanti alla chiesa c'era uno spiazzo ricoperto da sassolini grigi e bianchi grossi come noci, attraversato da un vialetto di lastre di pietra ruvida ora percorso dai fedeli che si affrettavano giù dalla lunga scalinata verso le carrozze in un vorticare di stoffe e di lane di Biella, di code di giacche tedesche e foulard bianchi annodati ai colli, di mantelli e cappotti, di manicotti e cappelli.
Sentendosi chiamare, Menta si fermò. La signora Toblini, accompagnata dal marito e la figlia, la seguiva a qualche passo di distanza. Menta li attese e scambiarono i saluti di rito. Il signor Toblini, stringendosi nel cappotto con la mantellina, ricambiò frettoloso il saluto e le incitò di pessimo umore sulla ripida scalinata che portava dall'altura della chiesa giù in strada, dove si affollavano le carrozze.
STAI LEGGENDO
La Rosa Del Lago
Tarihi KurguSulle rive del lago di Garda, nei primi decenni dell'Ottocento, tutti hanno dimenticato Villa Delle Rose e il Conte che vive recluso come un mostro delle fiabe. Finché il caso costringe la giovane Menta a stringere un patto con il mostro e a trascor...