CAPITOLO 26

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Dopo la morte di Thomas sono stati mesi difficili per me. Ero spesso assente, non parlavo molto e iniziai anche un po' a bere. Ormai le lezioni erano iniziate e io non avevo né la forza e né la voglia per seguirle. Joanna si traferì a casa mia, seguiva tutte le lezioni online e prendeva appunti anche per me. I miei erano contenti che fosse rimasta qui, pensavano che in un momento così difficile avessi bisogno di una spalla su cui appoggiarmi e avevano ragione. A volte però, mi sentivo in colpa. Lei voleva andare a Boston e godersi la vita universitaria e invece era ancorata a me, mi ripeteva spesso che non dovevo preoccuparmi e che avrebbe avuto tempo dopo ma sapevo benissimo che non la pensava totalmente così.

Jude invece partì raggiungendo Taylor al college.

"Thomas avrebbe voluto che noi continuassimo con la nostra vita e non questo, chiudersi in una casa con bottiglie di vodka sparse in giro. Cosa stiamo diventando?" disse con tono schifato.

"voglio partire e riprendere in mano la mia vita. E voglio che lo faccia anche tu".

Dopo il funerale rimanemmo per circa due settimane chiusi in casa di Joanna. Pensavamo fosse una buona idea rimanere insieme invece, andavamo e venivamo spesso dal supermercato per prendere da bere. Ci dimenticavamo di mangiare e crollavamo spesso in forti crisi di pianto.

Jude mi disse queste cose quando si rese conto di cosa stavamo diventando e non potevo essere più felice della sua scelta. Anche Joanna si stava riprendendo piano piano, poi c'ero io; mi guardavo allo specchio e non vedevo nulla, ero apatico, frustrato e nonostante il tempo passasse non sentivo in me grossi miglioramenti.

Mia madre voleva portarmi da uno psicologo e sorpreso, non fui io a dirle che non era una buona idea ma Joanna.

"non credo serva, con il tempo e la realizzazione di ciò che è successo potrà guarire".

I miei non erano convinti di questo ma le diedero fiducia.

Qualche giorno dopo poi successe ciò che finalmente fece scorgere qualcosa in me.

Erano le 10 di mattina, io ero ancora a letto in pigiama. Joanna invece era seduta sulla scrivania per ascoltare le lezioni e prendere appunti.

"Adam, per favore puoi abbassare?" disse la prima volta ma io non la ascoltai

"Adam dai, ti prego"

"Adam?"

"Adam!" si alzò come una furia, prese il mio mp3 e lo lanciò contro il muro rompendolo.

"ma sei impazzita?" le urlai contro.

"mi hai stancata, non ce la faccio più. Tu non vivi più, lo sto facendo io per tutti e due e non ce la faccio più, è un peso troppo grande che non riesco più a portare. So che stai soffrendo ma non hai neanche un minimo di rispetto nei miei confronti" non l'avevo mai sentita così.

"vestiti e vieni con me" mi ordinò. Spense il computer e scese sotto. Chiese ai miei il permesso di prendere l'auto e poi mi aspettò lì.

"guidi tu?" le chiesi,

"sì" non inferì e mi sedetti nel posto del passeggero. Per tutto il tragitto rimanemmo in silenzio, non sapevo dove volesse portarmi.

Dopo poco, si parcheggiò davanti la scuola elementare di Winthrop.

"perché mi hai portato qui?" chiesi non capendo,

"qui è dove tutto ebbe inizio. Vi siete conosciuti qui." Io annuì.

"più avanti c'è il liceo se non sbaglio" disse "dove avete passato gli ultimi anni insieme". Annuì ancora senza capire.

"quale è il tuo ricordo più bello?" poi mi chiese. Io ci pensai un attimo e poi risposi.

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