2 - Un volto spettrale - 2

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"Ne è passato di tempo dall'ultima volta che ci siamo visti, vero? Come ci si sente ad essere la star dello show?"

Quella voce cupa e sinistra che proveniva dall'altro lato del cellulare poteva essere il frutto di uno scherzo. Ma chi poteva essere?

"Lo sai che c'è un mucchio di gente qui?"

"Ah davvero? A me sembra che tu sia in macchina, al buio e accanto al bosco. Il cinema è molto lontano."

Troy si guardò maniacalmente intorno. La strada era deserta e non sembrava esserci alcun movimento sospetto nel bosco. Ma allora da dove lo stava guardando? Come faceva a sapere tutte quelle cose?

"Hai intenzione di fare a botte con me, pezzo di merda? Ho fatto karate, negli ultimi anni, quindi non ti conviene."

"Credi che le tue stupide mosse di karate mi spaventino? Lo sai, sei molto elegante stasera. Sarebbe un peccato se quello smoking si sporcasse del tuo sangue" Ci fu una risatina snervante "Helen e Jamie erano due cazzoni che si credevano i padroni del mondo, ma non sono neanche riusciti a uccidere te."

"Tu non sei diverso da loro. Voglio dire, telefonare le proprie vittime prima di ucciderle andava di moda negli anni novanta."

"Diciamo che sono una persona un po' vecchia scuola. Ti va di fare un gioco? È semplicissimo, se vinci vivrai... ma se perdi potrai dire addio alla tua stupida carriera a Hollywood."

"Ancora? Ma chi cazzo sei, l'enigmista?" Non arrivò alcuna risposta "Di che gioco si tratta?"

Ci fu un lungo e doloroso silenzio. L'unico sottofondo era il canto dei grilli in lontananza. Ma il terrore di Troy, per quanto silenzioso potesse essere all'esterno, era ciò che faceva più rumore.

"Sono nel bosco o dietro il tuo sedile?" Un miliardo di pensieri si accavallarono nella mente di Troy non appena lo sconosciuto ebbe pronunciato quelle parole. Forse stava mentendo. O forse no.

"Non puoi essere lì" Quella frase suonò più come una domanda che un'affermazione. Probabilmente stava soltanto cercando di convincere se stesso.

Il silenzio che calò dall'altro lato del cellulare non era rassicurante. Per quanto Troy odiasse quella voce modulata, sperava con tutto il cuore che lo sconosciuto aprisse bocca, anche soltanto per dirgli che aveva dato la risposta sbagliata. Ma così non fu.

Fece un respiro profondo, costringendo se stesso a fare il grande passo. Spostò leggermente lo sguardo verso i sedili posteriori. Ma non era abbastanza; non riusciva a vedere con chiarezza.

Fece un salto dal sedile non appena il cellulare gli scivolò dalla mano e cadde sul piede. Il cuore gli martellava nel petto, quasi come se stesse per scoppiare.

Si affrettò a raccoglierlo e lo avvicinò nuovamente all'orecchio. Tutto ciò che riusciva a sentire dall'altro lato erano i respiri dello sconosciuto. E li sentiva anche nell'auto. O forse era soltanto il proprio respiro. Magari si stava soltanto facendo suggestionare.

Sì voltò lentamente, riuscendo a guardare per bene. Sui sedili non era seduto nessuno. Controllò anche sotto di essi e anche stavolta niente. Tirò un sospiro di sollievo.

Lo sconosciuto aveva mentito. Gli aveva fatto credere che si trovasse dietro di lui soltanto per spaventarlo. Ma Troy aveva vinto. Aveva dato la risposta corretta. Era da solo in macchina.

"Lo sapevo. Ti ho fregato, bastardo."

"Mi dispiace ma non hai risposto in tempo."

Lo sconosciuto riattaccò, lasciando Troy nella confusione. Si accigliò, non capendo che cosa volesse dire con quella frase. O semplicemente non voleva capire.

Tutti i suoi dubbi vennero dissolti non appena al finestrino apparve la figura che aveva infestato i suoi incubi negli ultimi dieci anni. Quel fantasma.

Troy non ebbe neanche il tempo di urlare che la figura mascherata ruppe il finestrino con un pugnale, i cocci di vetro che si conficcarono nella gamba dell'uomo.

Lacrime salate sgorgano dai suoi occhi e spostò lo sguardo in direzione dello sconosciuto. Aveva la maschera verde. Un verde acceso e luccicante.

Chiunque si trovasse sotto quel costume era deciso a non lasciare che Troy fuggisse: gli strinse le mani al collo, facendogli mancare il respiro. Strinse sempre di più la presa, quel volto spettrale privo di emozioni.

Forse era quello il suo destino. Se Troy non si fosse tolto la vita da solo, lo avrebbe fatto Ghostface. A proposito del suicidio... la pistola. L'aveva lanciata sotto il sedile del passeggero.

Allungò una mano per raccogliere l'arma ma non ci arrivava. Sfiorò la pelle nera e profumata del sedile, senza però arrivare al di sotto.

Era in grado di percepire i polmoni bramare ossigeno mentre lo sconosciuto gli stringeva sempre di più il collo. Era davvero finita per Troy. Quella era la sua ultima sera. O forse no.

Riuscì a reagire e iniziò a dimenarsi disperatamente. La figura mascherata allentò un po' la presa, ma non era abbastanza. Troy ancora faticava a respirare.

Allungò una mano verso la maschera, riuscendo a percepire la sua plastica fredda e scivolosa. Poi gliela tolse. Quando lo sconosciuto lo liberò e corse via, Troy realizzò quanto fosse preziosa una cosa scontata come l'aria.

Tentò di mettere in moto l'auto ma si rese conto che la chiave era sparita. L'aveva presa quella figura prima di fuggire. Gli aveva impedito di scappare.

"Cazzo!" Imprecò, dando a pugni il volante. Il suono del clacson risuonò per tutta la via.

Non sapeva che fare; non aveva alcuna idea di dove si fosse cacciata la persona che lo aveva quasi strangolato a morte e non poteva neanche scappare con l'auto. Era rimasta solo una cosa da fare.

Scream - Non fidarti di nessunoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora