20 - Una pseudofesta mortale - 20

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Lo squillo del cellulare di Dylan aiutò sia lui che Tania a sbarazzarsi del silenzio imbarazzante che si era creato. Erano rimasti per cinque minuti interi senza parlare.

Dylan estrasse il dispositivo dalla tasca della felpa grigia e diede un'occhiata allo schermo. Si accigliò non appena notò che qualcosa non andava.

«Ma che diavolo...?», borbottò, continuando a fissare insistentemente lo schermo.

«Cosa?» domandò Tania, senza tuttavia ricevere alcuna risposta.

Lo raggiunse e diede anche lei un'occhiata allo schermo. C'era scritto che era una telefonata da parte di Tania. Non poté fare a meno di strappargli il cellulare dalla mano e rispose.

«Pronto.»

«Ciao, Tania.»

Era lui, l'assassino. Solo che questo Tania non lo sapeva: «Scusi, chi parla? Come fai ad avere il mio cellulare?»

«Molto stupido da parte tua lasciarlo in giro, dando a chiunque la possibilità di rubarlo.»

Finalmente, dopo quella frase, Tania capì con chi stava parlando: «Sei lo stronzo che ha ucciso Stella.»

Dylan, il quale si trovava ancora seduto sul divano, sbiancò in volto non appena sentì quelle parole. Il cuore iniziò a battergli all'impazzata nel petto.

«Esatto! Vedo che hai studiato.» si congratulò la voce sinistra dall'altro lato del cellulare.

«Che cosa vuoi da noi? Lasciaci in pace!» sbottò Tania, divenendo rossa in volto.

«Non così in fretta.»

Dylan si alzò di scatto dal divano, raggiungendola in fretta e furia. Il sangue gli ribolliva nelle vene: «Passamelo, voglio sentire la sua voce.»

Tania non oppose resistenza e allontanò il cellulare dall'orecchio, attivando il vivavoce: «Sto per chiamare rinforzi.» disse poi.

«Io non lo farei se fossi in te: la tua amica Yara potrebbe farsi male.»

A sentire quel nome, Tania sbarrò gli occhi e il mondo le crollò addosso. Gli occhi diventavano sempre più lucidi, fino a creare un velo davanti all'iride.

«Che cosa hai fatto a Yara?» chiese, cercando di non perdere la sua compostezza.

«Ancora nulla, per ora, ma potrei strapparle il cuore da un momento all'altro.» l'assassino rise di gusto.

Tania si limitò a mandarlo a quel paese e riattaccò, gettando il cellulare sul parquet e correndo fuori dal salotto.

«Tania, aspetta!» Dylan non perse tempo a raccogliere il cellulare dal pavimento e corse direttamente da lei.

La porta d'ingresso venne aperta e la ragazza uscì in fretta e furia sul portico. Dylan la raggiunse, restandole dietro.

«Torna qui!» la implorò ma fu tutto inutile: Tania scese i gradini del portico e riprese a correre mentre lui cercava di starle al passo.

Tania continuava a correre a perdifiato in direzione della strada. Non poteva lasciare che quel mostro facesse del male all'unica persona che la faceva stare bene.

Fu in quel momento che sentì un lancinante dolore al fianco destro. Non urlò neanche quando la lama venne estratta dalla sua carne e cadde sull'erba, macchiandola di rosso.

L'assassino, il quale era stato nascosto dietro la siepe che divideva la residenza dei Linch e la strada, provò a pugnalarla nuovamente al cuore ma lei si spostò in tempo e la lama colpì la spalla.

Questa volta, Tania non poté fare a meno di gridare a squarciagola. La lama venne estratta e lei indietreggiò rapidamente. L'assassino alzò in alto il coltello, pronto a dare il colpo di grazia.

Venne però fermato da Dylan, il quale gli diede un pugno sulla maschera e ordinò a Tania di scappare. Lei si rialzò, tenendosi una mano sulla ferita al fianco, e corse sul portico.

Entrò in casa ma si fermò, restando a guardare Dylan che lottava per la sua vita. Vide l'assassino pugnalarlo al petto e il ragazzo si accasciò sull'erba, continuando ad essere pugnalato ripetute volte.

Non appena si rese conto che non c'era più niente da fare per Dylan, Tania chiuse la porta a chiave. Calò silenzio, l'unico sottofondo i suoi singhiozzi.

Appoggiò la schiena sulla ruvida superfice della porta mentre le lacrime continuavano a rigarle le guance. Non poteva essere reale, doveva essere un incubo.

Sobbalzò non appena udì un tonfo provenire dall'armadio. Spostò lo sguardo verso di esso, restando immobile come una statua.

Forse c'era qualcuno lì dentro. Forse c'erano Jenna o Linda. Deglutì rumorosamente e decise che aprirlo e dare un'occhiata era la cosa migliore da fare.

Si avvicinò lentamente all'armadio, cercando di non fare troppo rumore. Allungò una mano verso il pomello, pronta ad aprire l'armadio e scoprire cosa c'era dentro.

Ma la finestra accanto a lei venne distrutta in mille pezzi e l'assassino la afferrò per i bordi della camicia. Tania gridò di terrore, dimenandosi disperatamente mentre lui cercava di trascinarla verso di sé.

Si sbottonò frettolosamente la camicia, togliendosela di dosso e restando soltanto con la t-shirt bianca. Dopodiché corse su per le scale, arrivando in corridoio.

Aprì la prima porta che si trovò davanti, facendo il suo ingresso nella camera di Dylan. Chiuse la porta che purtroppo non disponeva la serratura, quindi la bloccò con l'anta dell'armadio.

Indietreggiò rapidamente, restando vigile e senza distogliere per un secondo lo sguardo dalla porta, nonostante fosse calato silenzio e dell'assassino non ci fosse più alcuna traccia.

Afferrò la lampada dal comodino per difendersi, stringendola saldamente in un pugno. Raggiunse anche la scrivania, aprendo il cassetto e andando alla ricerca di qualcosa di più appuntito.

Frugava all'interno del cassetto, rovistando tra fogli, libri e quaderno di scuola... senza rendersi conto che quel viso spettrale si trovava proprio dietro di lei.

Tania restò a bocca aperta non appena il pugnale le trapassò la schiena. Quando la lama venne estratta, lei cadde a terra, gemendo per il dolore.

L'assassino si inginocchiò davanti a lei, inclinando la testa come a prenderla in giro. Forse era davvero giunta la sua ora. Forse era quello il suo destino.

«Vaffan... culo...» furono le ultime parole che Tania riuscì a pronunciare prima che il pugnale le trapassasse lo stomaco, andando sempre più in profondità.

L'assassino estrasse la lama non appena la ragazza chiuse gli occhi. La finestra da cui si era intrufolato era spalancata, le tende che ondeggiavano al vento.

La notte, però, non era ancora finita. Al contrario, era solo iniziata.

Scream - Non fidarti di nessunoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora