"Passiamo ai nomi adesso?"

13.4K 252 31
                                    

"Non piangere, vedrai che la bambolina tornerà indietro" affermò il bambino abbracciando l'amica in lacrime. 
Lei singhiozzava non riuscendo a parlare. 
"V-va bene" rispose facendosi forza, asciugando con la manina le lacrime. 
Il bimbo sorrise e così fece anche la piccola. 
"Grazie"
"Amici del cuore per sempre Is" 
"Sempre". 

Mi risvegliai in preda al panico. Alzai velocemente il busto dalla poltrona e mi guardai intorno confusa. Mi ricordai solo in quel momento di essermi addormentata nella sala comune. Strano che nessuno si sia accorto di me, probabilmente erano tutti ubriachi. 
Guardai l'orario e notai che era quasi l'alba. 

Non sapevo cosa fare. Sarei potuta andare nella mia stanza ma non volevo svegliare Pansy. Avrei potuto restare lì, ma non avevo assolutamente voglia.
Avrei potuto suonare, ma dove? 

Un'idea brillante arrivò alla mia mente: la stanza delle necessita. 

Mi alzai definitivamente e tolsi i tacchi per non fare rumore. Uscii dalla sala comune e mi avviai verso la stanza.
Aspettai che la porta comparisse ed entrai.
Il piano si trovava al centro della stanza ed era ben illuminato. Mi avvicinai e mi sedetti. Sfiorai i tasti per poi iniziare a comporre la mia melodia; diedi sfogo alle mie emozioni, qualunque esse fossero: quel Riddle mi stava confondendo più del dovuto. 

Mi faceva provare sentimenti contrastanti: non lo sopportavo, ma per qualche motivo mi sentivo legata a lui. Ogni volta che lo guardavo qualcosa che non riuscivo a definire brillava in me.
Lui sembrava non accorgersi nemmeno della mia esistenza, ma quando gli rivolgevo sguardi sfuggenti, lo trovavo spesso osservarmi. Non parlavamo ma, dentro, nel profondo, sentivo un sottile filo che ci univa. 

 Sembri pazza
Lo so, ma è qualcosa di inspiegabile.

Lo guardavo e mi sembrava di vedere, sotto quei ricci neri come il carbone e quegli occhi come la notte, un bambino che cercava una casa. Avrei voluto conoscerlo, capire chi si nascondeva sotto quell'arroganza.

Sei empatica, complimenti
Uno dei miei pregi. 

Staccai le dita dalla tastiera e subito mi sentii più libera. Sospirai e abbassai il capo. 
Trovavo magnifico come un semplice strumento fosse in grado di far esplodere così tanti sentimenti. Fu mia madre ad insegnare a me e mio fratello a suonare.
Sembrava ieri, a ripensarci, quando mi posizionava le dita sulla tastiera cercando di insegnarmi le note.
Mi si inumidirono gli occhi e una lacrima percorse la mia guancia ma mi affrettai a toglierla con il dorso della mano. Alzai la testa e guardai il soffitto. 

Devo parlargli. 

Mi alzai ed accarezzai il piano prima di abbandonarlo.
Non mi interessava se era presto, o adesso o mai più.
Corsi per i corridoi fino ad arrivare all'ingresso della sala comune. Pronunciai la parola d'ordine ed entrai; mi avviai verso le camere dei ragazzi e cercai la sua. Sapevo si trovasse accanto a quella di mio fratello, quindi andai verso essa e bussai a quella affianco. Appena la mia mano compì quel gesto mi chiesi di quale dose di follia io fossi fatta. Ma non mi importava; volevo parlargli e non avevo intenzione di aspettare. 

La porta si aprì ed alzai il capo. 
Aveva gli occhi arrossati dal sonno e i capelli scompigliati; indossava una tuta nera che lasciava intravedere i suoi muscoli. Ci guardammo per istanti che a me sembrarono infiniti prima di trovare il coraggio di parlare. 

"Io volevo solo chiederti scusa" dissi.
Lui mi guardò confuso ma in un attimo il suo sguardo cambiò. 
"Davvero Malfoy" cominciò.
"Credi che mi possa importare qualcosa delle tue scuse?" concluse. 
Deglutii e lo guardai sconcertata. 
"Come?" chiesi con un filo di voce. 
"Non mi hai sentito per caso?" affermò lui ironico. 

"Fai sul serio Mattheo?" chiesi innervosita.
"Passiamo ai nomi adesso?" ribatté a sua volta sarcastico. 
Una risatina amara lasciò le mie labbra.
"Davvero non riesci ad accettare un gesto di benevolenza così semplice come delle scuse?" chiesi e lui non rispose. 
"Non ti è stata insegnata la gentilezza per caso? O peggio ancora: l'umiltà" 

Ancora non parlava. 
"Non riesci nemmeno a parlarmi" sussurrai tremante. 
Alzò il capo e i suoi occhi non espressero alcuna emozione. 
"Ancora non hai capito?" iniziò irritato. 
"Cosa?" 
"Sparisci dalla mia vista Isabel." disse prima di sbattermi la porta in faccia. 
Deglutii e sbattei le palpebre diverse volte prima di rendermi conto dell'accaduto. 

Gli occhi si inumidirono nuovamente e mi portai una mano al naso per cercare di fermare il pianto. Me ne andai da quel luogo e corsi nella mia stanza. 
Entrai e lì non ressi più: iniziai a singhiozzare faticando a respirare. 
"Quello stronzo del cazzo" iniziai furibonda 

Pansy si svegliò e appena notò le mie condizioni alzò il busto dal letto e mi guardò preoccupata.
Mi asciugai il naso con il dorso della mano e sentii il mio viso incandescente per la rabbia. 
"L-lui...quel coglione".  

Uno sbuffo pieno di rabbia uscì dalle mie labbra mentre camminavo tremante per la stanza. 
"Okay" iniziò la mia amica alzandosi completamente dal letto. 
"Direi di calmarci" finì e non le diedi il tempo di continuare
"No, assolutamente no; lui non può credere di poter trattare chiunque come cazzo vuole solo perché è figlio del signore oscuro" ribattei 
"In realtà può" mi ricordò Pansy. 
Io la guardai e lei capì di non aver migliorato la situazione, così per cercare di rimediare, si avvicinò, mi afferrò le spalle e mi condusse al letto. 

Lì ci sedemmo ed iniziai a spiegarle tutto: dal primo sgradevole incontro in corridoio, a come mi faceva sentire ogni volta che lo trovavo guardarmi, alle strane sensazioni che sentivo nel petto quando incrociavo i suoi occhi, fino a quella mattina, quando a causa sua, sono arrivata a piangere dalla rabbia.
Pansy sospirò e mi guardò. 

"Amica mia" cominciò mettendomi una mano sulla spalla. 
"Qualcuno qui ha una cotta" disse.
"E non parlo di me" concluse.  

Io sgranai gli occhi: è seria? 
"Cosa? Tu sei impazzita" affermai alzandomi. 
"Beh, fino a prova contraria quella a cui piace il figlio di Voldemort sei tu" proferì staccandosi dal materasso a sua volta. 
Non poteva fare sul serio. 
Come poteva anche solo immaginare il fatto che io potessi provare qualcosa per un Riddle; è da psicopatici.
"Non puoi negarlo" mi rimproverò.
"Ma perfavore" proferii e chiudendo la porta del bagno.
Mi guardai allo specchio e decisi di aver bisogno di una doccia, così aprì il getto  ed iniziai a spogliarmi. 

Scommetto vorresti che fosse qualcun'altro a sfilarti i vestiti 
Non ti ci mettere anche te. 


Memories || Mattheo Riddle ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora