"Per così tanto tempo"

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"Isabel sbrigati che siamo in ritardo" mi urlò Draco dal piano di sotto.
"Arrivo" urlai a mia volta.

Anche se saremmo stati via solo una o forse due notti, stavo faticando nel chiudere la valigia.
Avevo messo dentro un po' di tutto: tanti vestiti, libri, la lettera che avevo trovato in soffitta e anche le foto di noi tre da piccoli.
Proprio quest'ultime mi creavano molti dubbi: non sapevo cosa sarebbe successo.
Voglio dire, magari mi avrebbe riconosciuta, anche se non credo, oppure lo avrebbe fatto e non avrebbe perso un secondo prima di lanciarmi uno schiantesimo, sempre se fosse al corrente della sua stirpe magica. Forse non sapeva nemmeno della mia esistenza, o del fatto che lei fosse originaria dell'Inghilterra.
Alla fine misi da parte le paure e uscii da camera mia.

Non l'avessi mai fatto.

Proprio in quel momento Mattheo, che aveva una cera leggermente migliore dell'ultima volta che lo avevo visto, stava attraversando il corridoio.
Appena mi vide si fermò e mi squadrò da capo a piedi.
"Dove andate?" domandò.
"In Irlanda" risposi istintivamente.
Lui sembrò stupito.
"Fate buon viaggio allora" mi salutò prima di proseguire.

Speravo sapesse che avevo notato la fatica con cui pronunciò quelle parole o tutti i suoi muscoli che si contrassero appena mi vide.

Ad ogni modo, scesi le scale e, con fatica, arrivai al piano di sotto.
C'erano mio padre, che avevo visto per la prima volta piangere quando gli avevo rimostrato la lettera di Josephine, mia madre, che ci avrebbe accompagnati alla stazione, e mio fratello Draco, ovviamente.

Salutai mio padre con un abbraccio.
"Riportala a casa, ti prego" mi supplicò mentre ero tra le sue braccia.
Annuii e lentamente mi staccai.

Presi per mano mia madre e mio fratello e ci smaterializzammo insieme ai bagagli nella stazione di Londra. Da lì avremmo preso un treno che ci avrebbe portato al porto, dove saremmo saliti su un traghetto che conduceva in Irlanda, la terra dei folletti. Una volta lì ci saremmo mossi smaterializzandoci, credo.

Quando mia madre ebbe finito con Draco toccò a me con le solite raccomandazioni.
Una signora babbana ci passò accanto, ci squadrò da capo a piedi e riportò lo sguardo stranito sul marito, altrettanto scioccato.
Me ne infischiai.

Abbracciai mia madre che mi accarezzò i capelli.
Poi prese una mano a me e una a Draco e ci guardò negli occhi.

"Riportatela a casa ragazzi miei, fatelo per noi, per la nostra famiglia" le si inumidirono gli occhi.

Io sorrisi e Draco anche, prima di salire sul treno.

I treni babbani erano senza dubbio più sofisticati dei nostri, ma mi urtava molto il fatto che non ci fossero le cabine e che tutti potessero sentire quello che stavi dicendo. Proprio per questo all'inizio non dissi nulla ma poi mi sciolsi un po'.
"E se non ci volesse. Se ci riconoscesse e dicesse di non voler nulla a che fare con noi?" gli chiesi, preoccupata.

Lui sospirò.
Non era un sospiro di noia o di rabbia, era più un sospiro che suggeriva 'ho le tue stesse paure'.

"Biglietti?" ribadii al controllore.
Lui annuì, ovvio.
Guardai Draco ed insieme annuimmo.
Sfilai velocemente la bacchetta dalla tasca e feci in modo che si scansasse, che sorridesse e che dimenticasse tutto.

Non entrai all'interno del traghetto per godermi il freddo vento Irlandese di metà gennaio. C'era voluto un po' per organizzare il viaggio ed avevamo dovuto saltare anche alcuni giorni di scuola.
Comunque, mi appoggiai alla ringhiera con i gomiti ed osservai il mare, ed inevitabilmente i miei pensieri volarono su mia sorella.
Come avevo potuto farle una cosa simile?
E perché soprattutto.
Se il nostro rapporto era tanto bello come diceva mia madre, allora cosa mi aveva spinto a fare quel che avevo fatto.

La mia sciarpa si spostò leggermente a causa del vento e, mentre la risistemavo, vidi la collana di quarzo rosa che mi aveva regalato Mattheo.
Non l'avevo mai più tolta, nemmeno dopo la nostra...insomma, quello che era.

Me la slacciai e la osservai. Era straordinariamente precisa e bella.
La sfiorai e ricordai tutto il dolore che avevo provato e che stavo provando a causa di quel ragazzo che mi aveva fatto andare via di testa.
La allungai verso la fine della ringhiera.
Ora era a qualche metro dall'oceano.
Avrei potuto farla cadere e non rivederla mai più, ma non lo feci.

"Isa" mi chiamò Draco.
"Siamo arrivati".

...

Trovare la casa fu molto più difficile del previsto.
La distanza dal porto era troppa per smaterializzaci, quindi lo facemmo in un punto a metà strada e dopo aver aspettato circa due ore, ci smaterializzammo di nuovo.
Smaterializzarsi era difficile e richiedeva molto allenamento. Oltretutto non si potevano affrontare grandi distanze, quindi fu abbastanza scomodo non avere un mezzo un po' più efficace, ma alla fine, ce la facemmo.

L'abitazione si estendeva sopra una piccola collinetta in mezzo alla campagna.
Il giardino era molto ben curato così come la casa, che aveva un intonaco di color giallo molto chiaro. Il recinto era bianco, come le pietre che disposte a terra creavano una strada dal cancello alla porta d'ingresso.
La casa era leggermente rialzata, avendo così due scalini prima del vero e proprio portico. Sotto esso si trovavano, al lato sinistro, una specie di altalena, al lato destro, diversi vasi contenti fiori molto colorati.

Mi tremavano le mani, e non per il freddo sta volta. Draco rimase leggermente dietro di me mentre io mi avvicinavo alla porta.
Osservai la perfezione di quei fiori e mi domandai se fosse stata lei ad averli piantati e curati.
Forse amava il giardinaggio, o forse amava la musica, come me, o forse entrambi.

Presi coraggio.
Per la mia famiglia.
Per me.
Per noi.

Bussai, due o tre volte, e pensai di aver esagerato, di essere risultata invadente.
Guardai il pavimento sotto di me.

Mi domandai se Madeline, la donna che si era presa cura di lei per tutti quegli anni ora fosse viva o se Josephine fosse totalmente autosufficiente.

I miei dubbi sparirono quando una donna, circa sulla sessantina, aprì la porta e mi sorrise.
"Posso aiutarvi?" chiese, cordiale.
"Sì. Io sono Isabel. Isabel Malfoy. Mi dispiace disturbarvi, Josephine è in casa?" domandai quando la donna venne sostituita da una ragazza.

Era alta, forse quanto me o poco più. Capelli biondi e ricci. Occhi azzurro ghiaccio.
Era la mia copia, se non fosse per i capelli biondi e le labbra leggermente più carnose.
Guardò me e mio fratello come se fossimo due dei venuti dal cielo.
E poi...mi tirò uno schiaffo.
Pieno di odio, di rabbia, di tristezza, ma anche di malinconia, di felicità e di gioia.

Mi portai una mano sulla guancia ed abbassai il viso prima di ricominciare a guardarla.
Stava...piangendo?

Non feci in tempo a realizzare cosa stava succedendo che me la ritrovai tra le braccia.
Mi presi qualche secondo per capire e poi ricambiai l'abbraccio con tutto l'amore di cui ero capace.

Si ricordava di noi, nel bene o nel male. Sapeva chi eravamo e chi stavamo cercando.

Si staccò da me e mi osservò qualche istante prima di guardare anche Draco.
Lui sì che era più alto di lei, e anche di un bel po'.

Guardai la donna di fronte a me che aveva ancora il guanto per il forno addosso: la semplicità, nella sua forma più pura.
Sorrisi quando notai che anche la donna era emozionata.

Quando Josephine si staccò da Draco ci guardò entrambi.
Ci osservò come una sorellina guarda i due fratelli più grandi.

Poi, all'improvviso, ci abbracciò entrambi, di nuovo, insieme.
"Vi ho aspettato per così tanto tempo" ci sussurrò e potei giurare di non essermi mai sentita più viva di così.

Memories || Mattheo Riddle ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora