Hanta si schiarì la voce per attirare l'attenzione su di sé. «Senti questa. È stato rubato un tir pieno di lampadine: la polizia brancola nel buio».
L'espressione di lieve shock sul volto di Shoto fu impagabile. «Davvero? Dove è successo? E non sono riusciti ad arrestare i responsabili, quindi?»
Denki non si trattenne e scoppiò a ridere per l'ennesima volta, così come gli altri che asssistevano all'esilarante conversazione. Era la serata dei coming out e, dopo il gioco di sua invenzione, aveva trascinato Shoto nel loro gruppo con la brillante idea di insegnargli il sarcasmo e le freddure.
Non l'aveva detto esplicitamente, ma tutti erano d'accordo che bisognava far svagare il loro amico dagli occhi eterocromi in qualche modo. Anche se non lo dava a vedere, doveva essere stato doloroso rivangare il passato parlando a tutti della propria traumatica infanzia.
Il biondino era contento che alla fine della vacanza fosse riuscito ad aprirsi un po' e ora lo capiva meglio, per esempio immaginava a cosa fossero dovuti gli incubi che lo avevano tenuto sveglio con lui la notte di Capodanno.
Lo sguardo gli cadde su Hanta al suo fianco. In un certo senso, rappresentava il suo opposto. Se Shoto, come scoperto quella sera, era stato un figlio voluto a tutti i costi, posto sotto una sorta di campana di vetro, controllato e pressato in ogni aspetto della sua vita dal padre affinché divenisse un erede perfetto, ad Hanta era accaduto il contrario.
In pratica era stato il frutto di un incidente, di un preservativo bucato durante una vacanza di suo padre in Messico con alcuni amici. All'inizio i suoi genitori avevano tentato di far funzionare le cose: suo papà fece venire la madre in Italia e per un po' convissero e tentarono di crescere la loro creatura indesiderata. Ma erano entrambi giovani, inesperti, spaventati. Nessuno si stupì quando, dopo circa due anni, la madre che non si era mai abituata a essere tale fuggì e non si fece mai più rivedere. L'esatto inverso del cliché per cui un uomo che scopre di aver messo incinta qualcuna scappa in Messico, così scherzava Hanta.
Per tutta la vita visse solo con suo papà, che si rassegnò alla sua esistenza. Forse con il tempo imparò anche ad amare un po' suo figlio, ma non si comportò mai come un padre normale. Ad Hanta fu evidente dopo i dieci anni di età, quando iniziava a capirci un minimo del mondo, e la cosa si acuì durante la sua adolescenza. Quell'uomo era rimasto un eterno ragazzo. Si occupava di lui senza fargli mancare nulla, però lo trattava più come un coinquilino, un amico, un socio. Del tipo che se lo beccava a fumarsi una canna o qualcosa di peggio, al posto di preoccuparsi e sgridarlo si univa a lui.
Anche se quando raccontava aneddoti del genere lo faceva con un sorriso divertito sulle labbra, Denki sapeva quanto stava male per l'assenza di una figura genitoriale come si deve nella sua vita. In fondo era quello il motivo per cui alcuni anni prima era cominciato il suo ciclo di perdizione tra canne e fumi dell'alcol.
Quindi sì, Shoto e Hanta vivevano esistenze diametralmente opposte fin dalla loro nascita, eppure una cosa l'avevano in comune: portarsi addosso le conseguenze degli sbagli di qualcun altro e riuscire a comportarsi come se fosse la normalità.
Non che Denki fosse messo tanto meglio. Come aveva raccontato anche a Shoto qualche giorno prima, pure i suoi genitori non erano degli stinchi di santi. Anche se a volte ci soffriva ancora, talmente da non riuscire a chiudere occhio, la maggior parte si era invece abituato alla sua situazione nell'ultimo paio d'anni per cui viveva da silenzioso estraneo nella sua stessa casa, diventata un albergo dove passare solo per soddisfare i bisogni essenziali, possibilmente quando quei due non c'erano per evitare discussioni dolorose che non portavano mai da nessuna parte.
Però questo non lo aveva confessato nel suo coming out. Come se dirlo lo rendesse più reale di quanto fosse già.
Narrò invece qualche sua avventura sessuale e poi l'ormai celebre obbligo o verità con Katsuki, giusto per mettere in imbarazzo quest'ultimo che strafottente aveva detto di non avere niente da confessare o nascondere. Doveva essere per questo che si era scolato quasi un'intera bottiglia rubata dalla riserva di alcolici di Hanta e ora stava collassando sulla spalla di Eijiro sul divano.
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𝙢𝙮 𝙞𝙩𝙖𝙡𝙞𝙖𝙣 𝙖𝙘𝙖𝙙𝙚𝙢𝙞𝙖 ❘ a mha story
FanfictionE se esistesse un universo alternativo in cui i personaggi di My Hero Academia sono normali adolescenti? O dove come studenti di un liceo classico italiano sono alle prese con problemi scolastici, disastri di dimensioni all'incirca apocalittiche e d...