0.9│Inferno personale

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art: lapin

Erano tante le cose che irritavano Katsuki Bakugo. Talmente tante che si faceva prima a elencare le poche che non rientravano nella categoria.

Lo facevano arrabbiare cose piccole e banali come la sveglia che smetteva di funzionare a caso, il traffico, i mezzi pubblici in ritardo, il freddo e la pioggia. Perfezionista qual era, detestava non avere il controllo su simili variabili e ultimamente finiva sempre con l'iniziare la giornata con la luna storta. Per la verità, non ricordava l'ultima volta che non ne aveva cominciata una da scazzato.

Naturalmente, lo infastidivano anche le persone. Da quella megera di sua madre, che veniva in camera sua giusto per il gusto di rompergli le palle e non richiudeva mai la porta prima di andarsene, agli amici quando si approfittavano troppo della sua rara generosità scroccandogli sigarette e passaggi in macchina. Lo infastidivano le persone che gli parlavano sopra senza farlo finire, che facevano casino al cinema, che cambiavano i programmi all'ultimo minuto. E ancora quelle troppo invadenti, quelle che tentavano di conversare prima delle dieci di mattina, quelle intolleranti così come quelle troppo buone.

Insomma, erano le persone in generale, a dargli sui nervi. Era giusto un po' misantropo. Ma se avesse dovuto indicarne una tra tutte, avrebbe scelto a mani basse il fottuto Deku.

In passato, quando erano bambini, lo faceva incazzare perché era debole e incapace, non reagiva alle sue prese in giro e anzi gli stava sempre appiccicato al culo come una cozza. Si faceva sottomettere, eppure era sempre disposto a tendergli una mano al minimo accenno di difficoltà. Soltanto che lui ce l'avrebbe fatta benissimo da solo, dopotutto era il migliore. Non aveva bisogno del suo aiuto e lo mandava su tutte le furie quel suo sguardo accondiscendente che lo faceva sentire inferiore quando non lo era affatto.

Adesso, invece, lo irritava perché continuava ad essere un ammasso di gentilezza e bontà benvoluto da tutti e proseguiva la sua vita. Così, come se Katsuki non avesse fatto altro che renderlo più forte e ora non avesse più potere su di lui.

Osservandolo da lontano, si era accorto che riservava a tutti lo stesso atteggiamento che aveva con lui da piccolo: si avvicinava e prestava aiuto, senza volere nulla in cambio. Era semplicemente il suo carattere.

Allora Katsuki non aveva ricevuto un trattamento particolare? Non era diverso da tutti quegli altri. Non era... speciale?

A quanto pareva, no. E come quella, anche il fatto che Deku lo guardasse con superiorità, che non era più solo un sassolino fastidioso sul bordo della sua strada e altre cazzate, erano solamente stronzate che si era raccontato nel corso degli anni per proteggere il suo ego molto più fragile di quanto mostrava.

Quel ragazzo non aveva alcuna intenzione di demolirlo. Al contrario, lo aveva sempre ammirato e preso come punto di riferimento e possibile rivale, in senso positivo, non di nemico. L'idea che rappresentasse un pericolo da estirpare il prima possibile era sempre stata solo e soltanto nella sua testa, bombardata fin dall'infanzia dai complimenti e dalla convinzione di essere una persona eccezionale destinata a grandi cose, quando in realtà era solo un bastardo come tutti gli altri che avrebbe dovuto ugualmente spalare merda a mani nude per sopravvivere e guadagnarsi il suo posto nel mondo. Ma Deku non c'entrava con questo, non era colpa sua se la società ti impone pressioni ancora prima che tu nasca.

In sintesi, Deku lo infastidiva perché, in fondo, non aveva più un motivo per odiarlo, e si era reso conto che forse non lo aveva mai avuto.

Ci volle tanto tempo, anni interi, per giungere a interiorizzare questa consapevolezza. A capire che era stato il suo inferno personale senza una valida ragione. Proprio per questo, in quel periodo, la persona con cui Katsuki era più incazzato al mondo in realtà era sé stesso.

𝙢𝙮 𝙞𝙩𝙖𝙡𝙞𝙖𝙣 𝙖𝙘𝙖𝙙𝙚𝙢𝙞𝙖 ❘ a mha storyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora