Notte n° 4

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Passarono diversi giorni senza ricevere più visite ma avevo la certezza che non era finita e questo mi rassicurava. Una sera di fine agosto mi stavo gustando una cenetta preparata in terrazza con quella che sarebbe diventata la mia futura moglie, quando ebbi una strana sensazione, come se qualcuno mi attendesse. Tra una chiacchiera, una carezza ed un bacio volsi lo sguardo verso la vetrata del soggiorno e lo vidi "a quest'ora!" pensai. Era lì che mi faceva un cenno con il capo. Inventai una scusa con la mia amata invitata ed entrai. Il soggiorno era buio ma lui era visibilissimo, un ragazzo, un uomo, non saprei, solo che era di un'altezza tale che provavo imbarazzo, eppure io posso definirmi alto. Venne verso di me con passo deciso e mano tesa "mi hanno parlato molto bene di lei" ed io mi feci scappare un "Veramente?!" intriso di stupore e orgoglio. Si sedette per iniziare il suo racconto. Lo fermai subito, sulla terrazza c'era la mia vita che attendeva di essere vissuta, gli chiesi se potesse venire la notte seguente, ma lui con tono secco rispose "posso aspettare". D'innanzi a tanta fermezza tornai alla mia cena. Dal tavolo i baci si portarono sul dondolo, sul dondolo i nostri sensi si fusero e riemerso solo alcune ore più tardi dalle lenzuola del mio letto. Erano le 4.15 quando mi svegliai di soprassalto, sapevo di essere atteso, mi alzai, guardai la mia compagna sognare serenamente, mi rivestii e uscii dalla stanza alla ricerca del mio "cliente". Ebbe il buon gusto di attendermi sulla terrazza, la sua possente figura era di spalle e fissava la città. "L'avevo avvisata che avrebbe atteso" esordii avvicinandomi, "Apprezzo l'attesa quando questa ha un senso" mi rispose. Ci sedemmo al tavolo ancora apparecchiato per la cena, bevvi un bicchiere d'acqua e con la mano gli feci cenno di iniziare.

Il suo racconto mi paralizzò, sentivo il mio corpo aderire così pesantemente alla sedia da provare dolore. L'uomo parlava e via via che la sua storia prendeva corpo lui mi sembrava rimpicciolirsi, le sue spalle impeccabilmente dritte, incurvarsi, il suo sguardo fiero velarsi di grigio . Le parole erano soffocate dalla saliva, e la sua gola ingoiava le lacrime di vergogna, e il suo corpo era percosso da brividi. Quando terminò si alzò senza dire altro e si girò per perdersi nel sole delle 6.55. "Aspetta" gli dissi quasi urlando. Mi avvicinai a lui, gli porsi la mano, lui la strinse ma poi non potetti fare a meno di abbracciarlo. "Grazie" mi sussurrò. Si girò nuovamente e se ne andò. Una dolce melodia da dietro mi riportò in me "Già sveglio?". Mi voltai sapendo che il "mio" sole si era levato, "si, devo fare un favore ad un amico". Si avvicinò, mi diede un bacio che sapeva d'amore e con la solita comprensione che la caratterizza "Fai pure, ti preparo il caffè" e muovendo il suo corpo nudo avvolto nella mia maglia del pigiama mi lasciò solo sulla terrazza.      

L'apprendista CantastorieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora