Notte n° 5

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L'incontro con quell'uomo mi aveva turbato non poco. Finito di scrivere la sua storia e riemerso da quelle pagine come da un sonno turbato da incubi, decisi che era giunto il momento di respirare un po'. La mia compagna era rimasta, in silenzio, ad osservarmi durante tutto il tempo in cui le mie dita volteggiavano sulla tastiera del computer. Non percepivo i suoi occhi, ma sentii la sua mano che era venuta a prendermi per portami fuori da quelle pareti. Lei anticipa sempre i miei desideri.

Rincasai da solo la sera tardi. La giornata aveva ridato colore alla mia mente. Chiusa la porta sentii un ticchettio di unghie, capii allora che anche quella notte avrei "lavorato". Mi voltai e vidi seduta al mio scrittoio una donna, sembrava giovane, ma il tailleur grigio ed il capello corto non chiarivano il dubbio. Ero quasi in soggezione, il suo sguardo era seccato e irritato. Si alzò, venne verso di me ed urlò "Si rende conto, vero, che la sto attendendo da più di un'ora!". Davanti a tanta arroganza la mia timidezza venne meno "È liberissima di andarsene". "No ora lei si siede e mi ascolta!" disse gridando e indicandomi la sedia come un'istitutrice di fine Ottocento. Feci un bel respiro "Forse non le è chiaro, non ho alcuna intenzione di ascoltarla, mi faccia la cortesia di uscire da casa mia". Dissi questo e me ne andai sulla terrazza. Avevo bisogno di togliermi dalla traiettoria di quello sguardo. Le mani mi tremavano dalla rabbia e lo stomaco iniziava a ribollire. Trovai un po' di sollievo sul dondolo, fissando la città e respirando l'aria tiepida della notte. I tetti rossi e l'alone arancione dei lampioni fecero sbollire la rabbia. Mi alzai, mi diressi verso il davanzale e mi affacciai. Le vie deserte serpeggiavano tra palazzi e si insinuavano in porticati che riposavano dopo il traffico quotidiano. La piazza triangolare era punteggiata da qualche randagio alla ricerca di uno spuntino notturno. Tirai fuori un pacchetto dalla tasca di dietro dei pantaloni e sfilai una sigaretta. L'accesi e chiusi gli occhi.

Sentii dei passi sulla terrazza. Non era più il passo arrogante, bensì quello della riflessione. Vidi nell'angolo del mio campo visivo una sagoma con un tailleur blu. La guardai. I suoi occhi avevano perso la durezza e ora chiedevano umilmente. Le feci cenno di sedersi. E la donna di ghiaccio si sciolse in un racconto, le parole volarono dal dondolo perdendosi nella notte. Fu molto rapida, a tratti schematica. Finito di parlare si voltò, il trucco curato e sobrio era segnato dalle lacrime. Si avvicinò e mi baciò sulla guancia. Si alzò, entrò in casa e mi lasciò solo.

L'apprendista CantastorieDove le storie prendono vita. Scoprilo ora