in front of you | kookmin

34. Aspetterò il tuo ritorno

Il passare dei giorni aveva reso Jimin più tranquillo, nonostante nella stanza del campus fosse spesso solo. In quel periodo aveva stretto amicizia ancora di più con Jackson, che dopo la partenza dei loro amici, fu più propenso nel rapportarsi sempre con il biondo.

Gli piaceva passare del tempo insieme e gli voleva tanto bene nonostante si conoscessero da neanche un anno; lì dentro era stato il primo a farsi avanti nei propri confronti, sin dal giorno in cui gli chiese se sapesse dove fosse la segreteria. Non l'aveva più lasciato, parlandogli sempre e a qualsiasi ora, persino durante le lezioni.

Namjoon lo aveva avvertito, ma a Jimin piaceva ascoltare ⎯ non avrebbe mai smesso. Durante il suo percorso aveva «perso» due amici, due sostegni che lo aiutavano a resistere; ne aveva però accanto un terzo e anche se ogni tanto non fosse molto in gamba, riusciva a sostenerlo con tutte le sue forze.

Il biondo stava bene, non aveva più percepito quel senso di vuoto in sé che lo faceva sentire non adatto; viveva le giornate con un sorriso sul volto e Jackson ne era più che contento. Aveva anche iniziato a parlare di cose più private con lui, dei suoi sentimenti e delle sue paure.

L'opposto lo ascoltava sempre dandogli per quel che poteva dei consigli su come affrontare le situazioni. Jimin non credeva che fosse in grado di ascoltarlo senza intromettersi con le sue battute, ma si dovette ricredere quando capì che il suo pensiero fosse errato.

Poteva sembrare una persona menefreghista, che preferiva andare alle feste piuttosto che studiare, ma dentro sé aveva un cuore enorme, capace di dare ottimi consigli. Aveva legato tanto con lui e sapeva che per qualsiasi cosa ci sarebbe stato, ne era certo.

Ma se con Jackson andasse tutto bene, le cose con Mark furono leggermente diverse. Dal giorno della festa erano cambiate molte cose, non si parlavano più e non si guardavano. A Jimin dispiaceva che si fossero dovuti allontanare in quel modo, ma se l'opposto avesse ascoltato un minimo le proprie parole, non si ritroverebbe in quella situazione.

Gli aveva chiesto di essere amici, anche se sapeva quanto complicato per Mark sarebbe stato. Non l'aveva illuso, non aveva fatto nulla; i suoi gesti erano le conseguenze della paura di dover tornare a star male. E non voleva.

Il mese di Aprile non fu altro che un momento di tranquillità per i due ragazzi e per tutto il campus: avevano pochi libri da studiare, pochi appunti e più tempo per rilassarsi. Le giornate iniziavano presto e altre volte le lezioni c'erano solo al pomeriggio, donando tempo in più per dormire [questo, secondo Jimin e Jackson].

Inoltre la squadra di rugby dell'università aveva iniziato ad allenarsi per la finale contro la squadra opposta ⎯ definita «nemica per la pelle» da Jackson. Si allenavano costantemente, alla mattina o durante il pomeriggio o ancor meglio durante le ore di ginnastica.

Davano sempre il meglio di loro, cercando di non commettere errori per poter vincere la finale. A Maggio avrebbero avuto la partita decisiva e sbagliare non era ammesso. A Jimin però non piaceva. Il rugby proprio non lo attirava, eppure era sempre sulle gradinate a guardare giocare i suoi amici ⎯ anche perché Jackson e la squadra l'avrebbero preso di peso per portarlo lì.

Quando li guardava vedeva sul loro volto la felicità, quella che provava lui nel vederli così. In contemporanea però in loro vedeva i suoi amici, gli stessi lasciati indietro a Seoul; in Jackson vedeva Taehyung e ricordandosi il suo migliore amico, non poté che pensare a quanto gli mancasse Jungkook.

Voleva stargli vicino, essere tra le sue braccia, vedere il suo sorriso. Molti però erano ancora i pezzi mancanti, ma sapeva che presto sarebbe arrivato quel giorno. A Seoul invece le cose avevano preso un piega leggermente diversa ⎯ e più complicata, tutto a causa del loro piccolo ragazzino.