40. Ditemi cosa gli è successo

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Non si era mai sentito così smarrito come in quel momento. Era perso e non ne comprendeva il perché; in quel momento si sentiva fragile come una foglia durante una giornata ventosa. Non aveva mai percepito qualcosa di così profondo per farlo sentire così; è un dolore diverso dal solito perché qualsiasi parte è indebolita.

Voleva parlare, ma dalle sue labbra non usciva neanche un sibilo; voleva oltrepassare il mure creato per raggiungere il corvino, ma ad ogni passo che faceva indietreggiava di almeno dieci. Voleva vederlo, ma più sentiva questa necessità più egli si allontanava e più si allontanava più il dolore aumentava. Quella sensazione strana a metà petto aumentava con il susseguirsi dei secondi, creando così una grande angoscia in Jimin.

Non si era mai sentito così, non aveva mai provato quella sensazione, non si era mai dato la colpa per aver ignorato Jungkook; quella serata però non lo fece e ciò che provocò l'aver accettato la chiamata fu l'incidente. Questo era quello che lo preoccupava più di tutto.

Inizialmente non aveva capito quando accadde, ma riflettendoci sopra si ricordò del giorno in cui per errore accettò la sua chiamata. Era una giornata no: doveva fare un progetto per un suo insegnante e non aveva molte idee, il tutto accompagnato dallo stress trattenuto in quel periodo. Aveva compreso cosa avesse fatto, cosa le sue urla avessero procurato.

Il dolore percepito dal suo cuore fu forte; più forte perché con esso amava quel ragazzo con tutto sé stesso, con esso si è preoccupato per lui, con esso lo ha perdonato. Si agitava sempre, si sentiva alle prime armi quando si parlava di lui o sentiva il suo nome. Era sull'attenti ogni talvolta che Jungkook fosse al centro dei suoi pensieri.

Provava sentimenti, sentiva emozioni mai provate prima e non voleva sentirle con nessun altro; voleva stare bene con lui ⎯ amava lui e nessun altro. È stato troppo dentro l'oscurità per vedere che Jungkook fosse la lanterna in grado di illuminarlo anche a distanza. Era nient'altro che la sua luce alla fine di un tunnel senza una visibile via d'uscita.

Aveva sempre detto a tutti che ormai non avrebbe più fatto nulla per lui, non avrebbe più provato nulla e gli sarebbe rimasto alla larga; non doveva aspettarsi qualcosa dall'opposto, ma in sé la speranza che qualcosa potesse cambiare era sempre presente. Nel suo cuore quella speranza, quella luce, non si era mai spenta, nonostante le parole dette fossero state ben altre.

Nonostante tutto, nonostante le parole, le urla e l'incidente che gli ha fatto provocare, aveva deciso di andarlo a riprendere a New York. Lo aveva distrutto internamente arrivare a quel pensiero ed ecco perché prese una decisione.

Si svegliò con vicino Hoseok e Namjoon, che appena lo videro in piedi si precipitarono da lui. Jimin ormai in mente aveva solo una destinazione e non l'avrebbe modificata: prese il suo telefono, ringraziò i suoi amici e uscì da quella casa, cercando in qualche modo di non crollare prima di arrivare da lui.

La distanza dalla casa di Seokjin a quella del corvino non era poca, ma per fortuna ricordava ancora il numero del taxi per arrivarci senza impiegare troppo tempo. Nell'autovettura continuò a pensare a quello che i suoi hyung gli avessero detto e non poté che ricordare quelle parole che lo incupirono e lo preoccuparono.

Erano passati vari minuti da quando Seokjin disse la verità a Jimin a quando quest'ultimo parlò. Non riusciva a crederci, non voleva e non poteva. Si era sentito svuotato.

«C-Come è.. successo?» chiese, ricevendo sguardi dispiaciuti e silenzio. «D-Ditemelo, ditemi cosa gli è successo.. ditemelo vi prego, vi prego.»

«Aveva.. aveva finito di parlare con te al telefono quando si è distratto e ha perso il controllo della macchina.» ammise tristemente Hoseok, guardando poi la reazione del biondo.

in front of you | kookminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora