Capitolo 45 - Fama

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Ah cavolo. Siamo già alla seconda oggi. E non sono neppure di undici.
Una casa nuova, un nuovo me. Anche il cielo mi sembra diverso. La luce filtra diversamente tra le foglie degli alberi. Verdi, di un verde cosi acceso da colorare la luce ice che li attraversa.
Cosi mi sento. Attraversato ma non ferito, leggero ma mai fragile. Forse giusto un po' di paura, la quantità necessaria per comprendere che i miei piedi non stanno camminando sulla stessa strada di prima. Incerto, cammino, procedo senza guardarmi indietro, senza pensare a quel vecchio me che mi guarda e che mi direbbe che il sentiero preso è sconosciuto e accidentato. Che questo è tutto un sogno e che il risveglio farà male.
Non mi importa. Voglio arrivare fino in fondo. Capire come va questa vita se invece che seguire la strada facile seguissi quella giusta. Solo per una volta, solo una seconda occasione. Come un cavolo di film che, anche se non ti piace del tutto, vuoi vedere come va a finire.
Alzo gli occhi al cielo. Deve essere l'estate che si avvicina, taglio corto.
Un fumo caldo e acre esce dalla mia bocca.
Mi giustifico convincendomi che, almeno oggi, la situazione lo richiede. Perché forse, mi dico, dopo oggi mi rimarranno solo loro. Ultimo scoglio, insormontabile temo, di tutto ciò che è stato, a cui, nonostante nelle ultime settimane, non ho chiesto mai il conforto che potevano darmi.
E tutto questo grazie, o per colpa, di W che ha preso il loro posto nelle brutte abitudini e nella dipendenza.
Che poi pensandoci l'unico modo per superare una dipendenza è sostituirla con un'altra.
E quindi si, di nuovo appoggiato alla mia Impala mentre controllano se effettivamente sia corretto l'anno di immatricolazione. Di nuovo quel rumore metallico che fa il mio Zippo quando si apre. Di nuovo l'attrito, di nuovo la fiamma e di nuovo il fumo.
Ah cavolo. È già la terza.
Accarezzo la maniglia lato passeggero, un po' a tranquillizzarla, un po' a tranquillizzarmi.
In fondo non sono così legato a lei. Non ci conoscevamo neppure prima di venire qui.
Ma la vita va avanti, sempre.
Vale per tutti, perché non per me? Basta essere il privilegiato, basta essere l'invidia degli altri, colui che cade sempre in piedi qualunque cosa accada.
È ora di fare ciò che è giusto, non ciò che conviene, mi ripeto. Qualcosa mi suggerisce che tutto questo si possa riassumere in una solo parola: crescere.
<< Allora signor Dickerson, ho controllato tutto attentamente e sembrerebbe tutto in regola. >>
<< Aveva qualche dubbio? >> gli chiedo, specchiandomi nel finestrino nel lato passeggero. Un ultimo pensiero: sto facendo la cosa giusta?
<< Per carità! Non volevo insinuare nulla, signore. Intendevo dire che è un po' strano che una persona della sua età apprezzi una macchina del genere. Ma questo le fa onore anche perché la sua fama la precede e sappiamo il gusto raffinato che ha la famiglia Dickerson. >>
<< Si rilassi, signor Wilson. Molto di quello che dicono di me è falso e non sono qui per attaccare briga. Parliamo piuttosto di cose serie. >>
<< Giusto, giusto. >> si scompone allargandosi il nodo della cravatta. << Le posso offrire quindici, tasse escluse. >>
<< Solo? >>
<< La prego signor Dickerson... non kn è esattamente nuova. Al netto dei difetti è un prezzo onesto. >>
<< Questo lo faccio giudicare a me. Sa cosa penso? >>
Oltre la spalla destra di questo venditore da due soldi qualcosa attira la mia attenzione.
<< Mi dica... sono tutto orecchie. >> fa spazientito e preoccupato allo stesso tempo.
<< Facciamo un accordo. Settemila in contanti e magari ci aggiunge quella lì. >>
<< Signore... >> esclama tornando a posare gli occhi su di me dopo essersi voltato. << Sa quanto sta di listino quella lì? >>
<< Secondo me circa dieci ma settemila è perfetto aggiungendo questa in permuta. >>
<< Facciamo cinquemila in contanti... >>
<< Facciamo otto in contanti. >> ribatto.
<< Lei vuole davvero rovinarmi! >>
<< L'offerta iniziale è sempre valida. >>
Inzia a pensarci. Una parte di lui sa di perderci ma sa anche che, con un po' di lavoro, non rimarrebbe invenduta a lungo.
<< Mi faccia controllare in ufficio così le saprò dire più precisamente... >>
<< Ho tutto il tempo del mondo >> lo minaccio sapendo che la peggior cosa per un compratore è un venditore che ha tempo da perdere.
I tacchi dei suoi eleganti mocassini suonano acuti sull'asfalto per circa una ventina di metri, ovattando il loro suono una volta entrati nell'ufficio.
Sospiro profondamente pensando di essere ancora in tempo, che non tutto è perduto, che io su quel trabiccolo che mi osserva a poca distanza non so neppure andare.
Mi chiedo quanto possa essere difficile, spero non troppo. D'altronde a piedi non posso rimanere e sulla Buick della nonna così come sull'ibrida del dentista non mi metterò mai al volante.
Appena pochi secondi e quel suono acuto torna sui suoi passi. Sorride.
Abbiamo un accordo.
<< Allora settemila? >> mi chiede a confermare.
Annuisco. << Più quella! >>
Ancora un attimo di suspense prima di tendermi la mano.
Ha una stretta debole e sudaticcia.
<< E il casco in regalo. >>
Sbuffa. Stringo la presa. La mia fama mi precede davvero.
<< O... Ok! Ok! >>

© Giulio Cerruti (The_last_romantic)

Angolo dell'autore:

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