CAPITOLO 18 - Fuoco

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Oh merda! Odio quando succede.
Ed anche se era un po' che non succedeva odio comunque per aver sporcato la macchina. In questo buco di posto non c'è neanche dove portarla a lavare, almeno che io sappia.
Butto giù un altro Sorso. Brucia come non bruciava da tempo. Ingoio lava ustionante pensando che non è abbastanza, che non è neppure lontanamente abbastanza il dolore che mi merito.
Per tutto. Per aver fatto sesso con Fram, per aver tradito EJ, per avere illuso  Meir, per aver perso Cassie, per aver deluso me.
Un altro Sorso. Questo brucia meno passando su un terreno già arso. È già so che tra poco non lo sentirò neppure più. Perso nei miei pensieri, nella mia immagine che si specchia deforme sull'esterno della bottiglia di vetro di questo whisky di terza categoria.
Non mi andava di andare al pub. Non mi andava di sorbirmi la paternale di Fergus, anche se Dio solo sa o, anche senza scomodare Dio, so anch'io che ne avrei bisogno. Bisogno di uno schiaffo che mio padre non mi ha mai dato, e non perché fosse un genitore modello. Bisogno di una carezza che mia madre non mi ha mai dato e non perché fosse un genitore modello.
Bisogno, sempre bisogno. Fin da ragazzino quando attiravo l'attenzione rompendo cose in giro per casa mentre mia madre si stringeva nelle spalle ed esortava le cameriere a ricomprarle che tanto pagava mio padre che aveva la colpa di essere assente, perennemente assente. Che almeno pagasse i danni che faceva suo figlio.
Poi sono cresciuto e danni anziché farli a casa ero libero di farne fuori. E questi, davvero Dio solo sa, quanti ne ha fatti. Perché di alcuni di questi neppure io ne ho memoria. Strafatto o ubriaco poco cambiava.
Mi sdraio sui sedili posteriori. Fuori dal finestrino le cime degli alberi iniziano a confondersi. Quasi in fiamme, come fiaccole lasciano dietro di loro l'alone del loro passaggio.
Tipico mi dico.
Né causa né effetto. Come New York. Adesso qui la causa è la medesima è l'effetto idem... solo meno foglie in città e più lampioni o luce di grattacieli e ponti.
Soprattutto quelli. Cazzo quanti ce n'erano a New York. E forse sono stato uno dei pochi ricchi dell'Upper a mescolarmi ai senzatetto e visitarli tutte.
Ma non sopra. No, sopra non c'è nulla di interessante e soprattutto c'è la polizia. Era sotto che avveniva la festa. Era sotto che si cercava, che si vendeva, che si comprava in un tanfo che ho ancora nelle narici. Un misto di feci e urina, di decomposizione e di povertà. Niente di più lontano dal nostro ordine sociale, ma era questo bello. Almeno per noi gioventù ricca ed annoiata.
Cerco un altro sorso che non c'è. Cristo! Ho vista appannata e quella laterale praticamente andata. Mi spingo a fatica verso il sedile anteriore. Una busta di carta marrone. Niente di più anonimo per nascondere un'altra bottiglia. Sento il vetro del suo collo tra le dita. lo stringo come se volessi strangolarla.
Mi scivola. Un colpo impercettibile nel punto più sottile. Rumore di vetro in frantumi.
Come quella volta sotto quel ponte. Tutto quel sangue. L'adrenalina mi scorre al solo ricordo. Le sue mani sul mio collo. Il mondo che diventa nero. Le mie dita toccarono qualcosa. Tagliente, freddo, bagnato. E poi il calore.
Mi risveglio dai ricordi.
« Oh no! Che cavolo »
Venti dollari buttati. Era anche grande come bottiglia. Credo fosse rum. Dopo un po' ha tutto lo stesso sapore.
E corre. Lo vedo scorrere lungo il tappetino del guidatore, sotto i pedali, fuori dalla portiera. Qui ci vuole una cazzo di sigaretta. Tasto le tasche del giaccone come se cercassi di schiacciare un insetto sotto di esso. c
C'è solo l'accendino. Uno di quelli a benzina, quelli che una volta accesi rimangono così finché non chiudi il coperchio. Guardandolo mi accorgo che questa vita è piena di specchi, come se mi prendesse in giro, come se mi volesse far vedere ad ogni occasione ciò che sono diventato.
Mi guardo nel metallo lucido di cui è composto. Cazzo, mi manca l'aria qua dentro. Dentro questa macchina, dentro questa vita. E le odio entrambe, sia la macchina che la vita. E se la seconda me la voglio ancora tenere stretta solo per vedere fin a quando riesce a colpirmi ed io ha sopportare, per la seconda posso porre rimedio immediatamente.
Come un soldato in trincea mi allungo verso la leva che apre la portiera posteriore. Mi muovo carponi scivolando e cadendo fuori dalla macchina e sul cemento sul retro del dormitorio. Con uno sforzo sovrumano riesco ad aprire il portabagagli per tirare fuori un borsone ed almeno tre bottiglie di non so neppure quale veleno alcolico.
Barcollo fino alla portiera anteriore. A terra la chiazza di rum.
Odio questa macchina è tutto ciò che mi ricorda. Apro una bottiglia, butto giù un sorso e la getto dentro. Altro rumore di vetro infranto.
Apro la portiera posteriore e faccio lo stesso con la seconda bottiglia.
La terza invece la lancio direttamente contro il lunotto posteriore mandandolo in frantumi e, con esso, la bottiglia. Il suo contenuto che si sparge lungo tutto il cofano posteriore e a terra.
Frugo di nuovo nelle tasche. Scontrini, qualche moneta e l'accendino. Come in un filmaccio d'azione lo accendo lasciando che la luce della sua fiamma mi illumini il viso e si rispecchi nei miei occhi.
Mi cedono le gambe ma devo resistere. La vista, insieme agli altri sensi, si sta affievolendo. Ma devo resistere ed essere in grado di gettare questo accendino dentro la macchina e mandarla a fuoco e nel posto dove dovrebbe stare.
Indietreggio il braccio. Spero solo di riuscire a...
« Fermo! Che cazzo fai?»
Una mano forte mi afferra il polso.  Mi tira a sè.
Cado e poi più nulla.




Dio santo se fa caldo. Sembra di stare all'inferno.
Avampo come se le fiamme mi avessero avvolto. La fronte madida di sudore che cola sulla mia mano che la sorregge. Fatico come non ho mai faticato ad aprire semplicemente gli occhi.
Mi fa male la testa.
Una luce calda offuscata. Persa nel caos della mia coscienza che si risveglia lentamente dopo ciò che ha fatto.
Una luce piccola incandescente più in basso sul pavimento produce calore .
« Cavolo fratello! Ce ne hai messo di tempo! »
Un cuscino.
Il mio letto.
La mia stanza.
E la voce di EJ da dietro quella cazzo di stufetta a incandescenza che tra un po' rischia di sciogliermi .
« E... EJ! Cristo! Toglimi questa stufa dalla faccia! Hai intenzione di cuocermi? »
Un'ombra si avvicina e finalmente spegne quell'oggetto infernale portando via con sé anche la luce.
« No, caro amico mio. Quella è la fine che volevi far fare alla tua macchina! »
« Che ore sono? »
« Che differenza fa per te? Tanto alle lezioni non ci vai. Comunque sono le cinque di mattina.»
« Ma perché la stufa? »
« Forse tu non lo senti ma qua dentro fa un freddo peggio che in Montana a gennaio... e comunque scusami mi preoccupo per te! »
« Mi fa male la testa.» lamento tastandomi la nuca.
« Si... a tal proposito... colpa mia. Ti ho tirato cosi forte... non pensavo perdessi l'equilibrio! »
« EJ... »
« Dimmi. »
« Grazie. »
« Di cosa? Della stufa o di averti salvato la macchina? »
« Di essermi amico. » confesso tirandomi a sedere sul letto con le mani a tamponare il sudore della fronte. « Un amico migliore di quanto io non sarò mai! »
« Fratello smettila! Così mi fai commuovere! E comunque sono sicuro che lo avresti fatto anche tu per me. Ora mi spieghi cosa ti è saltato in testa? »
« Ricordi. »
« E la macchina che colpa ne ha? Se proprio te ne vuoi liberare regalala a me! » scherza ridendo.
« Sai che non è una brutta idea. »
« Aiden che dici? Stavo scherzando ovviamente. »
« Invece io no! È proprio la cosa giusta da fare o quantomeno un inizio. E so che tu la tratterai meglio di come stavo per fare io. »
Gli lancio le chiavi che non so per quale motivo sono accanto a me sul letto .
« Va bene Aiden. Per ora le tengo qui poi quando ti sarà passata la sbornia ne riparliamo. »
« No, EJ! Sono serissimo e mai stato così sobrio e se per una volta ciò che ho può ripagare ciò che ho fatto, allora questo mi dà più gioia di avere un Impala che mi ricorda da dove vengo! »
« Certo che sei strano tu! » afferma facendo roteare il portachiavi attorno al suo dito indice.
« Cerco solo di farmi perdonare e di ringraziarti... »
« Il ringraziamento lo posso capire ma perdonarti per cosa? »
Sospiro perché questo è il punto. Perché è qui e ora che dovrei dimostrare che ho imparato dai miei errori.
Ma con le parole non sono mai stato bravo e di certo non voglio rischiare di perdere la sua amicizia.
« Perdonarmi per ciò che ti dirò adesso. »
« Sono tutto orecchie! » scherza ancora pensando che sia sbronzo.
E un po' lo sono se sto per dirgli ciò che sto per dirgli.
« Faresti meglio a lasciarla. »
Mi guarda nascondendo il sorriso che aveva dietro una espressione sorpresa.
« Si certo. E perché ? »
« Dammi retta. Ho visto come ti guarda o meglio come non ti guarda. E fidati della mia esperienza. Sei troppo buono per una come lei! »
« E questo sarebbe il tuo modo di ringraziarmi? »
« Capisco che può sembrarti cinico. Ma non ti sarei amico se non te lo dicessi! »
« Ahh! Falla finita e riposati! »
« Ascolta! »
« No! Ascolta tu! » urla balzando con uno scatto di fronte a me e puntandomi l'indice a due centimetri dal viso. « Questi non sono affari tuoi! Fran non è affar tuo! E se il tuo essere amico significa infangare lei allora non ci tengo ne a setirti ne a vederti! »
« EJ! »
« "EJ" un cazzo! Lavati la bocca quando parli di lei! Anzi faresti meglio a non nominarla mai più! E la tua macchina non la voglio! »

© Giulio Cerruti (The_last_romantic)

Angolo dell'autore:

Lasciate anche solo una stella per coronare i miei sforzi o, se vi va, commentate consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!

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