Capitolo 35 - Amici

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Sono rari questi momenti. Almeno rari negli ultimi tempi. E posso dire con una certa sicurezza, rari in tutta la mia vita. Perché c'è differenza tra l'essere soli ed il sentirsi soli. Mi sono sentito solo un miliardo di volte in mezzo ad un miliardo di persone. Ed anche dall'altra parte dello stato questa sensazione mi accompagna. La consapevolezza di doversi arrendere all'evidenza che alcune cose, per quanto tu possa fuggire, ce le hai dentro ed è un bagaglio che non puoi abbandonare al primo benzinaio.
Ma per "fortuna" adesso solo non sono.
La mia solitudine ultimamente è sempre stata accompagnata da qualche pensiero. Mai da un sentimento.
Per esempio, ora i miei occhi giocano a tennis tra le parole di questo messaggio.
"Vecchio osservatorio di astronomia. Terzo mattone a destra della targa d'ingresso."
Mi chiedo se l'assenza di paura sia un buon segno o piuttosto un sintomo di immaturità. Mi chiedo se il cambiamento sia sempre positivo o se l'abuso di esso sia un segno di disordine del vivere.
E questi sono gli ultimi pensieri che spreco alla Gamma Lambda. E non solo di aver esaurito l'energia che posso spendere in feste e scherzi, ma anche perché, a quanto pare, hanno deciso di mettermi alla porta. A quanto pare l'essere trovati svenuto sul luogo di una sparatoria è sufficiente per esser ritenuti colpevoli di mettere a rischio il buon nome di questo schifo di posto. Coloro che fino a ieri davano pacche sulle spalle ora regalano solo coltellate.
Tutto sommato meglio così.
Ho già impacchettato le mie cose nell'angolo vicino alla porta con la stessa velocità con la quale Eliot ha già indetto nuove elezioni. Evidentemente la Gamma Lambda ha bisogno di un presidente neanche fossimo la Casa Bianca.
Dove andrò? Un amico pare ce l'ho ed è l'unico a cui posso chiedere un posto dove dormire almeno finché non troverò qualcosa fuori dal campus.
"Vecchio osservatorio di astronomia. Terzo mattone a destra della targa d'ingresso." .
Nessun orario. Nessuna data. Si aspettano ci vada stasera stessa?
E se fosse una trappola?
Anche perché a quanto pare uno dei quattro di ieri sera è riuscito a scappare e se volesse farmela pagare sarebbe l'occasione ideale, no?
Domande a cui non posso rispondere se non prendendo ciò che mi rimane e andare a vedere di persona. In fondo la vita è un po' questo: prendere i propri bagagli, uscire e sperare nel meglio.
Bussano alla posta.
<< Me ne sto andando! >> urlo.
<< Mi chiedevo se ti servisse una mano... >>
<< Come sei gentile Eliot! Non so davvero come ringraziarti. Dovete dare la stanza al nuovo presidente? >> gli chiedo ironico afferrando i due trolley sulla soglia.
<< Dai Aiden! Lo sai che non é colpa mia! C'è un regolamento e ho subito parecchie pressioni dal consiglio di istituto... >>
<< Ovviamente. Sei davvero cosi scemo da non capire che vi hanno obbligato a cacciarmi non per il vostro bene ma per il mio? >>
<< Lo so. So chi c'è nel consiglio. Ma questi non in sono affari della Gamma Lambda e devi risolverli in famiglia. Noi non possiamo fare altrimenti. >>
<< La storia della mia vita... >>
<< Dai Aiden... >>
<< Ah! Un ultima cosa Eliot: conosci per caso un vecchio osservatorio di astronomia? >>
<< A che ti serve sapere di quel vecchio rudere dietro la palestra? >>
<< Mi serve per sperare in amici migliori di voi! >>


Il sole inizia a tramontare proprio in corrispondenza dell'asse della Main. Mi accompagna solo il rumore sincopato delle ruote del trolley sull'asfalto e tra una buca e l'altra attirando l'attenzione dei passanti che incontro.
La mia macchina, per ovvie ragioni, è rimasta dove l'ho lasciata. Un'altra amica che mi aspetta dove sono diretto.
La mia ombra si allunga fino a lambire l'angolo orientale della Washington Ave.
Spero solo non sia troppo presto farmi vedere da queste parti.
Per sicurezza meglio fare il giro dal retro. Supero la traversa osservando in lontananza la Chevy illuminata dagli ultimi raggi di sole della giornata. Attorno a lei piccoli cerchi cerchiati in gesso sull'asfalto. Segnano i punti in cui sono stati ritrovati i bossoli e le pallottole. Ora che ci penso potrebbero anche averla colpita.
Non sarebbe la prima amica che faccio soffrire.
A destra, mi infilo nel primo vicolo. Al di sotto di un lampione la cui luce sfarfalla per accendersi, indeciso sul da farsi, se sia notte o giorno, c'è una piccola porta di ferro verde. Le giunture sono arrugginite e dall'interno dovranno faticare un po' per aprirla. Mi conviene stare distante.
Busso tre volte picchiando il palmo della mano.
Attendo dopo esser indietreggiato.
<< Cristo non pensavo di vederti cosi presto! >> bisbiglia.
<< Diciamo che le pallottole non vanno d'accordo con la politica. Posso? >>
<< Entra ragazzino! Evitiamo di rimanere in strada! Non devono vederci insieme. >>
La pesante porta si chiude dietro me lamentandosi con un pesante tonfo.
Il posto... beh, è sempre lo stesso: buio e appiccicoso.
<< Mi spieghi Fergus come fai a campare con questo posto? >>
<< Non credo sia qualcosa che debba interessarti. Ringrazia solo il cielo, e me, che esiste ancora! >>
<< Hai ragione. La riconoscenza non è qualcosa di insito in me ma... a proposito dell'altra sera... >>
Improvvisamente inizia a sbracciarsi, sbattere bottiglie sul bancone e farmi segno di tacere. Con stizza prende una tovaglia di carta ed inizia a scrivere velocemente su di essa prima di farmela scivolare sotto il naso: "La polizia è stata qui. Ha messo sottosopra il pub. Forse cimici. Niente discorsi su ieri sera. Pistola fusa."
Il mio sguardo interdetto che ricambia con rimprovero. Mi fa cenno di ridargli il messaggio.
Neppure il tempo di comprendere che già il messaggio vaga in mille pezzi nei rivoli dello sciacquone.
<< Quindi... >> riprendo interdetto e pesando per almeno un'eternità ogni parola. << Volevo... ringraziarti... di... ospitarmi... questa... notte. >> dico accompagnato da grandi cenni affermativi di Fergus.
<< Figurati! >> esclama alzando la voce e scandendo bene ogni parola. << Vieni! Ti mostro la tua stanza! >>
La stanza a me riservata è esattamente come la ricordavo. Il retrobottega non è altro che un cumulo indistinto di fusti, casse e bottiglie di birra e alcolici strette attorno ad una troppo piccola e, già alla vista, scomoda brandina da campo, il tutto illuminato dall'alto da una finestella posta a livello stradale che regala alla stanza una fredda luce cianotica.
<< Se non altro non morirò di sete! >> rido.
<< E neppure di freddo visto che hai un tetto sulla testa, ragazzino! >>
Abbandono i miei bagagli sulla brandina e faccio per uscire.
<< E adesso dove vai? >> chiede Fergus preoccupato come il padre che no  ho mai avuto.
Mi fa piacere.
<< Devo andare... non aspettarmi alzato. >>
<< Si ma dove... >>
La pesante porta verde si lamenta nuovamente.
<< Sempre avanti amico mio, ma di preciso non lo so neppure io! >>

© Giulio Cerruti (The_last_romantic)

Angolo dell'autore:

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