CAPITOLO 8 - Incontri

333 28 11
                                    

Avevo una domestica una volta. Una delle tante.
Non ricordo neppure come si chiamava o quanto tempo fa lavorava a casa dei miei. Ricordo che ero piccolo, forse cinque o sei anni e che, come tutte le donne della mia vita, non è rimasta troppo a lungo.
Era russa, era brutta ed era grassa. Cavolo se era grassa.
E per un bambino di quella età i cui occhi ingigantiscono qualunque cosa averla vicino era come osservare dal basso il monte Fuji.
Ma una cosa me la ricordo ancora meglio. Ogni santo giorno a colazione, appena entravo in cucina, dove ovviamente c'era solamente lei, urlava: "Prekrasnyy den', malen'kiy prints!" che tradotto dal russo dovrebbe significare qualcosa del tipo :"È una splendida giornata, piccolo principe!".
Ma nonostante all'epoca per colpa di mia madre non ci sia stato il tempo neppure di chiederle che cosa volesse dire quella frase che ripeteva sempre alla mattina, in un modo o nell'altro mi è rimasta impressa e con il tempo è diventata una sorta di mantra da ripetermi la mattina.
Perchè? Perchè all'epoca mi faceva sentire bene, rendeva quella casa meno vuota e le mie giornate meno solitarie.
Quindi anche stamattina me lo ripeto andando verso Arnold's, l'unico diner dove poter fare colazione prima di andare a lezione.
Osservo i platani ondeggiare le loro fronde al leggero vento che segue il temporale di ieri. Di questo, le uniche conseguenze sono le foglie che a terra, lungo i marciapiedi, impegnano i netturbini nel loro intento di liberare i tombini.
È una di quelle giornate a metà, quelle in cui non si sa come vestirsi, quanto coprirsi, quelle che la mattina fa freddo e all'ora di pranzo si suda, una giornata in cui bisogna essere pronti a tutto.
La Jefferson corre veloce sotto i miei piedi. Guardo distrattamente l'orologio evitando i barilotti di birra di fronte una delle tante confraternite che ieri sera ha festeggiato un qualcosa che neppure loro hanno ben chiaro. Ma in fondo al college non c'è bisogno di un motivo concreto per festeggiare. Molti festeggiano l'esser riusciti finalmente ad affrancarsi dai genitori, quelle figure ingombranti ed onnipresenti che ricordano loro ogni giorno di essere serviti e riveriti, amati e ben voluti.
Eh già.
Le sette e trenta.
Stamattina EJ ancora dormiva quando sono uscito. In fondo non è un cattivo ragazzo. Ieri sera mi ha chiesto della mia giornata. Io in realtà non mi sono soffermato più di tanto sull'argomento ed ho tagliato corto nonostante capissi bene che il suo continuo cercare un dialogo con me nasconde un bisogno reale di compagno d'armi in questa trincea. Ma ho capito una cosa: il suo essere logorroico era solo un atteggiamento iniziale per nascondere la timidezza e la sua profonda insicurezza nella vita.
Se solo sapesse...
Svolto a destra scontrandomi letteralmente con una fila di almeno dieci metri in attesa della colazione.
« Cazzo! Che college di merda! »
« Dai non prendertela! »
Una voce alle mie spalle mi risponde.
Anche la luce è la stessa. Gli stessi capelli biondi e gli stessi occhi ancora più sorridenti della bocca stessa.
« Ciao... »
Cazzo... come si chiama?
« Mair! »
« Ma sì! Mair! Come stai? »
« Bene dai, un po' disorientata ma credo sia normale no? »
Credo mi abbia appena fatto una domanda ma sono completamente preso dai leggins che porta e dal fisico che nascondono che, visto alla luce del sole, è meglio di come ricordavo da ieri. Bisogna anche dire che ieri non ero tanto in me e se non fosse stata per la sbobba di quel pub irlandese probabilmente a quest'ora sarei ancora sdraiato su quel bancone.
« Ieri sei scappato via di corsa. Tutto bene? »
Non riesco a ricordare che balla le ho raccontato per andare via dal suo dormitorio.
Cavolo se è bella. Deve essere andata a correre. Ha i capelli legati in una coda che mostra l'intera dolcezza del suo ovale. Due labbra piccole e carnose non riescono a nascondere il suo sorriso che spinge gli zigomi in alto fino al di sotto degli occhi verdi, vispi ed espressivi che mi fissano in attesa di una risposta.
« No... cioè sì! Tutto bene. Il mio compagno di stanza. Storia lunga. »
« Non me ne parlare. La mia compagna di stanza è una tale stronza. Solamente perchè è più grande crede di poter dettare legge. »
« Io ho il problema opposto. Lui, non riesce a starmi lontano. »
« Come biasimarlo. »
Sta flirtando? Ma si è ovvio!
Perchè cavolo sono così imbrazzato? E stranamente questa volta trovare una via d'uscita non è una priorità.
« Il prossimo! »
« Guarda Aiden! È il tuo turno! Hai visto? È volato il tempo! »
« Solamente perchè c'eri tu con me! » le rispondo. « Cosa prendi? »
« Cappuccino e ciambella. »
« Due cappuccini e due ciambelle! »
Guardo lo stanco barista preparare il vassoio e porgermelo con la delicatezza di un ubriaco al quarto giro.
« Ci sediamo? »
Che cosa stai facendo Aiden? Ok che è un otto su dieci ma questo comportamento va bene per un dieci su dieci.
« Molto volentieri! »
È colpa di quel maledetto irlandese e quando ha detto che non avevo molte persone con cui parlare. Si deve essere così, mi deve aver condizionato.
Il fatto è che, con questa ragazza... non so. C'è qualcosa in lei che me la ricorda. Mi fa abbassare le difese. Ok solo stamattina, come ringraziamento per ieri.
« Strano sai? » inizio.
« Cosa? »
« Non so. Vederti così sportiva, in forma, probabilmente hai appena finito di correre... non ti facevo tipo da ciambelle fritte. »
« E vediamo: secondo te da cosa sono tipo? » mi stuzzica appoggiandosi allo schienale della sedia in ferro ed accavallano le gambe.
« Mmh, non so. Centrifuga e qualche roba vegana? »
La guardo ridere e distogliere lo sguardo per non darmi troppe certezze.
È una bella risata, non c'è che dire.
« Scherzi? Io? Innanzitutto grazie che hai notato il mio fisico... »
« Lo avevo notato anche ieri. » stuzzico a mia volta.
Solo un'istante. Non è imbarazzo. Solo il tempo di ricordare insieme.
« Comunque... no! Sono onnivora e se non stai attento mangio anche te! »
« Wow! Va bene onnivora ma... »
« Okay! Solo perchè sei te mi fermerò alle ciambelle fritte! »
« Ah beh! Troppo gentile! »
Erano mesi che non sentivo questo suono nell'aria. Musica di risate, di sorrisi ricambiati, di sguardi che trovano casa negli occhi dell'altro.
Anni forse.
« Ma dimmi: hai un nome così particolare: da dove viene? »
« È gallese. Mia madre è di lì. Mio padre invece è svedese. Da qui il cognome Forstberg. »
« Forte! Anche io ho una storia simile. Devi sapere che mia madre è di New York e mio padre... sempre di New York. Da qui Aiden Cobb! »
« Allora, anche se in ritardo, è il momento delle presentazioni: molto piacere Mister Aiden Cobb! »
« Il piacere è tutto mio Miss Mair Forstberg! »
È una gioia vederla ridere. Una sensazione alla base dello stomaco. Qando ridere non è solo ridere ma trovarsi.  Una ricerca che viene interrotta nel modo più brutale.
« Non posso crederci! »
Cazzo! La riconosco questa voce.
« Francesca! Ciao! » saluta sorpresa Mair. « Posso presentarti il mio amico Aiden? »
Merda! Merda! Si conoscono?
« Si cara! Già ci conosciamo... molto bene! » esclama stizzita Francesca.
Un lungo istante di domande e risposte difficili da trovare.
Il viso stupito di Mair, l'espressione arrabbiata di Francesca, il mio volto che probabilmente sta dicendo: "Come cazzo ne esco ora?"
E due le domande su tutte. Uno: come cavolo fanno a conoscersi e, due, Francesca avrà scoperto che EJ è mio compagno di stanza?
E... ah già sono fregato.
« Scusate ragazze ma voi come vi conoscete?»
« Potrei farti la stessa domanda! » risponde acida Francesca.
« Io e Francesca siamo compagne di stanza. Ricordi te ne parlavo prima. Ma voi invece? »
Cavolo mi sembra di essere in una candid camera. 
« Chi? Io e Francesca? Lei è... è... la mia referente qui al campus! » provo ad uscirne.
« Solo? » mi chiede Francesca inclinando la testa.
Mi sembra di essere un dannato toro in un negozio di cristalli: come mi muovo faccio danni. Ora si che mi serve una via di fuga.
« Beh ragazzi! » prende in mano la situazione Mair alzandosi dal tavolo. « Evidentemente sono di troppo e voi dovete parlare quindi vi lascio. Aiden, grazie della colazione. Fran, ci vediamo in camera. »
« Si cara vai! Ci vediamo dopo in camera! »
No, cavolo no.
La guardo allontanarsi correndo verso il dormitorio femminile prima che una Francesca dalle braccia incrociate mi copra la visuale.
« Allora? » mi chiede.
Sembra che oggi non sarà la " prekrasnyy den' " della mia domestica.

© Giulio Cerruti (The_last_romantic)

Angolo dell'autore:

Lasciate anche solo una stella per coronare i miei sforzi o, se vi va, commentate consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!

Confessioni Di Un Badboy | Completa | Prima stesuraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora