Però devo ammettere che è comoda.
Interni in pelle, un ampio spazio per le gambe, porta bicchieri usato impropriamente per riporci il cellulare, un ampio parabrezza che non ti fa provare il senso di claustrofobia tipico di alcune muscle car.
Che dire, un'ottima macchina per andare a prendere i figli a scuola o per le commissioni di tutti i giorni. Il tutto corredato sui sedili posteriori di morbidi cuscini trapuntati. Sicuramente, e questo lo spero, non di serie.
Non c'è che dire insomma. Certo nulla a che vedere con la mia Impala ma, con uno sforzo enorme di immedesimazione, forse tra una cinquantina di anni e con il naso tappato potrei pensare di comprarmi qualcosa di simile.
Certo... questa in particolare, non è quella che si dice un auto in rodaggio. Guardo Mair lottare come una forsennata per far ingranare la quarta in un cambio manuale che, oggigiorno, hanno solo le macchine di una certa data.
La vedo provare e riprovare, grattare la frizione, provando un senso di dolore palpabile immedesimandomi in quella povera macchina che ne deve aver visto già tante ma per la quale Mair non sembra provare pietà.
E quasi mi aspetto che da un momento all'altro la macchina, presa da un raptus di amor proprio, si fermi al lato della strada e ci obblighi a scendere. E più la macchina si lamenta, e più Mair infuria contro di lei come ad infierire su qualcosa che possa sentire ed obbedire.
« Maledetto catorcio! »
« Sapevo che non avrei dovuto accettare il tuo passaggio » scherzo per sdrammatizzare ma lei non sembra divertita.
Anzi. Per una manciata di secondi che sembrano infiniti stacca entrambe le mani dal volante inizia a tirare la leva del cambio. Prima in modo continuo imprimendo la stessa forza su tutto il pomello, poi muovendola a scatti, su e giù, su e giù, come a tirare una slot machine impazzita.
La macchina continua ad viaggiare. Avremmo percorso almeno cinquanta metri a briglie sciolte, senza che nessuno abbia il controllo sul volante.
E la curva si avvicina.
Mi lancio ad afferrare con una mano il volante. Finalmente la marcia entra e le mani di Mair tornano sulle mie ancora aggrappate a tenere il controllo della macchina.
E a guardarmi. Guardarmi come si guarda un bimbo che ha paura della sua stessa ombra.
« Ah! Allora non sei così freddo come vuoi apparire! »
Torno a posare gli occhi su di lei e a lasciare che la curva sfili rapida sotto il suo controllo.
Le sue dita mi stringono ancora, adesso intervallano le mie.
Se ne accorge. Mi libera.
« Non ho mai detto di essere cinico! »
« Infatti non lo sai! »
Ed in questo strano impasse mi accorgo di come la strada svolge solo marginale. Di cinquecento metri di essa ne avremmo osservati sì e no cinquanta.
Il resto erano i nostri occhi. Il resto siamo io e lei. Io che, forse per il mio essere maschio, non comprendo appieno ciò che sta accadendo; e lei che, al contrario, ha la situazione sotto controllo.
Non so perfettamente cosa sta accadendo. So solo di sentirmi come la leva di quel cambio che non vuole far entrare la marcia.
Sorride senza davvero guardarmi. Parla Senza davvero parlarmi.
Mentre io... io non la guardo ma la fisso, la studio come se si vedesse per la prima volta una strana creatura, qualcosa che esula dalle proprie conoscenze, convinzioni, qualcosa che prima eri sicuro lì non c'era e adesso c'è. Fai fatica a credere ai tuoi occhi perché quella ragazza, esteticamente simile a molte altre, ora si presenta in modo totalmente diverso o, per meglio dire, fa sentire me in un modo totalmente diverso.
Probabilmente non è lei ad essere cambiata o non solo. Forse... come si dice? Sono gli occhi di chi guarda, e io cazzo se la sto guardando.
E mi sento come uno di quei turisti in visita qualche museo di scultura antica, intimidito e sovrastato da statue gigantesche, in silenzio ad ammirare stupito cercando di capire quale parte di quell'opera ti spinge a dei silenzi cosi prolungato.
Poi finalmente lei lo interrompe: « Ah! Poi non abbiamo parlato di quello che è successo poco fa! »
« A cosa ti riferisci? »
« Ma come? Ti ho trovato acquattato dietro la mia macchina come si scappassi di nuovo dalla polizia! »
Di... nuovo...
« In che senso di nuovo? » le chiedo sorpreso.
« Ma no! Nel senso che più di una volta sei scappato quando, per esempio, l'altro giorno è arrivata Francesca! »
« No, no, no! In quell'occasione sei stata tu a scappare! »
« Si in quel caso potresti avere ragione tu! Ma comunque stai evadendo la domanda! »
« Anche tu! » ribatto riferendomi a quel "di nuovo" che continua a rimbalzarmi in testa come la pallina in un flipper.
Gli occhi fissi sulla strada e il labbro inferiore stretto tra i denti.
« E comunque... niente... cercavo semplicemente una cosa che mi era sfuggita di tasca! » taglio corto interrompendo quello silenzio così innaturale che si era venuto a creare.
« A proposito di Francesca... » mi chiede con fare indifferente. « Com'è andato il vostro giro in macchina? »
« Niente di che! » mento stringendomi nelle spalle e sperando non si accorga dei miei pensieri. Sperando non mi guardi come non sta facendo più è un po' di minuti.
« Sì certo! Come no! » nella sua voce traspare il mio stesso sentimento di costrizione dentro questo abitacolo. Per fortuna siamo quasi arrivati.
Non ho voglia di ribadire la mia bugia più di quanto non abbia già fatto ma lei insiste. « So che mi sta mentendo! »
« Non puoi saperlo Mair! »
« Oh invece sì! Ti conosco Aiden! »© Giulio Cerruti (The_last_romantic)
Angolo dell'autore:
Lasciate anche solo una stella per coronare i miei sforzi o, se vi va, commentate consigliandomi costruttivamente come dovrebbe continuare o eventuali modifiche in modo da potervi offrire scritti sempre migliori. Grazie infinite a tutti!
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Confessioni Di Un Badboy | Completa | Prima stesura
TienerfictieL'aria è fresca qui in California. Mi guardo attorno senza riconoscere nulla. Dio, com'è bello! Niente New York, niente famiglia, niente passato, qualche segreto. Cazzo. Mi siedo sul cofano e accendo una sigaretta. Solo lei, una macchina e i miei...