Bugie

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Il cielo è sereno quella sera

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Il cielo è sereno quella sera. Non c'è nemmeno una nuvola in cielo, ogni cosa appare nitida, cristallina, come il manto di stelle che li sovrasta, miriadi di costellazioni che paiono disegnate da qualche ente superiore, per dare loro qualche significato più grande, magico.

Simone non ci ha mai visto nulla di poetico nelle stelle: razionalmente parlando, scientificamente parlando, sa che quei disegni sono una casualità, che non sono qualche segno del destino, niente del genere.

Eppure un briciolo, specie nell'ultimo periodo, nelle stelle ci ha visto qualcosa che va al di là della pura visualizzare astronomica, oltre la razionalità.

Come se le stelle producessero in qualche modo della poesia.

O forse avere un appuntamento fisso con Manuel a guardarle a bordo piscina in fase di ristrutturazione ha cambiato un briciolo le proprie prospettive.

Assurdo, no?

Poco assurdo.

«Oh, ma ce pensi quanto só distanti 'ste robe che vediamo?».

Simone è distratto, per cui la voce dell'altro ragazzo gli arriva alle orecchie con leggero ritardo. Sbatte rapidamente le palpebre. È seduto sulla delimitazione di quella piscina vuota, ripulita dalle foglie autunnali che vi sono cadute dentro in precedenza, con le gambe a penzoloni. «Mh-m?» mugugna, perché la frase pronunciata non l'ha afferrata.

Manuel gli è seduto accanto, con una gamba allungata di fronte a sé e una piegata, su cui ha appoggiato su un braccio. Tra indice e medio della mano destra, regge una sigaretta - vabbè, dai, è una canna, senza girarci troppo attorno - che brucia e si consuma in maniera lenta. «Certo che te continui a vive nel mondo tuo, ah» è il primo commento che gli viene fuori. Sbuffa e guarda verso l'alto. «Stavo a parlà delle stelle» spiega.

«Parli sempre delle stelle».

«Eh - che non se può?».

Simone alza le mani, in cenno di finta resa, e gli sfugge una risata. «No, per carità» esclama. «Basta che non tiri fuori n'altra riflessione filosofica che poi me pari mio padre».

«Ma sta' zitto» borbotta Manuel, mentre porta il filtro alla bocca e aspira del fumo, lo stesso che rilascia e soffia fuori, verso l'alto. «Vuoi?» dice, in seguito, porgendo la canna ormai quasi finita all'altro ragazzo.

Simone scuote appena il capo. «No, sto a posto» replica.

Manuel gli riserva una fugace occhiata, con le palpebre appena socchiuse. «Boh, vedi che non ce crede più nessuno che non te piace».

«Continua a puzzare».

«Continui a puzzare te».

Simone accenna una risata, leggera e fiacca. Punta lo sguardo di fronte a sé, sul vuoto che ha davanti, frattanto che una lieve brezza gli lambisce le guance.

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