«Questa è davvero l'ultima volta» attesta Manuel.
«Non ci credi manco tu» gli fa presente Simone, accennando una risata. Che in realtà lo spera non sia l'ultima, lo fa sempre, sebbene la propria parte più razionale lo sgrida e gli ricorda che dovreb...
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La sala da pranzo è immersa nel grigio di quella giornata uggiosa. Nemmeno la luce accesa riesce a riscaldare l'ambiente.
Manuel rigira il caffè ormai freddo con il cucchiaino. Tiene lo sguardo basso, tentando di ignorare il resto.
Il resto, ossia Simone che gli è seduto accanto in sala da pranzo.
Il problema è che la sua presenza è difficile da ignorare ed è terribile ricevere soltanto indifferenza dall'altra parte.
Non può nemmeno biasimarlo: al suo posto, avrebbe fatto pure di peggio.
Peggio di entrare a scuola, delle volte, alla seconda ora per non andare insieme su l'unico motorino che hanno.
Peggio che uscire un'ora prima per andarci in autobus o farsi venire a prendere da qualcuno - che immagina sia Andrea.
Anzi, ovviamente è Andrea.
Certo che è Andrea, lo ha pure visto in più d'una occasione e ha decisamente perso il controllo sugli avvenimenti tra i post di Instagram e commenti.
Insomma, la situazione risulterebbe difficile in qualunque circostanza, ma nella loro, in particolare, è decisamente più complicato.
Perché vivere sotto lo stesso tetto e non parlarsi è deleterio, specialmente quando sopraggiungono quesiti esterni.
A lui, ad esempio, Anita non smette di domandare cosa c'è che non va, che devono parlare, che se lo sono promesso.
Ma non risponde, dal momento che l'unica replica sarebbe che tutto non va, che c'ha tutto fuori postoe che a parlare non ci riesce. Con nessuno.
Così, inesorabilmente, allontana tutti.
Che merda.
Persino Dante ha iniziato a farlo ed è opprimente perché al professore gli è difficile mentire e deve evitarlo quanto più possibile.
È quest'ultimo che prende posto al tavolo, di fronte a loro che manco si guardano, manco si considerano. Accenna un sorriso, sarcastico, mentre afferra la caffettiera dal manico e si versa l'ultimo goccio di caffè in una tazza di ceramica cerulea. «Ah, stamattina c'è ancora il gioco del silenzio, vedo» esclama e abbozza una risata, per smorzare la tensione nella stanza.
Simone solleva lo sguardo in quel momento, distratto, mettendo in bocca un biscotto che ha appena inzuppato nel latte. Non replica in alcun modo a quella affermazione, piuttosto «Possiamo avere un'altra moto?».
«Come?».
«Un'altra moto» ribadisce. «Abbiamo venduto l'altra, ma non è stata una grande idea». Scrolla le spalle, sta ancora masticando e butta giù il boccone. Ignora lo sguardo interrogativo che gli sta rivolgendo chi gli è di fronte e «Possiamo?».