«Questa è davvero l'ultima volta» attesta Manuel.
«Non ci credi manco tu» gli fa presente Simone, accennando una risata. Che in realtà lo spera non sia l'ultima, lo fa sempre, sebbene la propria parte più razionale lo sgrida e gli ricorda che dovreb...
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Non è tardi.
L'ultima volta che ha guardato l'orologio, le lancette segnavano a stento le dieci di sera, massimo dieci e un quarto.
Ma potrebbero essere pure le due di notte, per Manuel non farebbe alcuna differenza.
È tornato a Roma. Il viaggio a Madrid pare ormai un ricordo offuscato, sebbene siano passati soltanto una manciata di giorni dal rientro.
Il punto è che, nel tempo trascorso nella capitale spagnola, lui è stato bene: è riuscito a dormire, a riposarsi, persino a sorridere - e ne conosce alla perfezione il motivo.
Non crede che la felicità possa dipendere unicamente da una persona, anzi, è pressoché convinto sia impossibile. Di certo, tuttavia, ritiene che un singolo individuo possa influenzarla alquanto.
L'ago della bilancia tra felicità e tristezza, per lui, la gran parte delle volte è Simone. Lo ha capito da poco, però si è reso conto che il suo corpo si rilassa di più con l'altro ragazzo nei paraggi, la sua mente è più lucida, ha meno pensieri opprimenti e soffocanti.
Dio, si sente patetico.
Forse lo è per davvero.
Per lui che non riusciva a sostenere una conversazione personale poiché la riteneva troppo sentimentale, è un cambiamento parecchio grosso, se non radicale.
Un'altra persona.
Le persone, allora, cambiano?
Si trova davanti a quel pianoforte di legno con decorazioni floreali, seduto sullo sgabello che si è fatto addirittura scomodo, considerando da quanto ci è sopra. Di tanto in tanto, preme qualche tasto - bianco o nero - producendo dei lievi trilli, non di più perché dormono tutti in casa o almeno crede; non che il suono arrivi in maniera chiara al piano superiore, ma insomma, è pur sempre un fastidio, anche se è relativamente presto.
Così si limita a far riecheggiare nell'aria soltanto qualche nota distratta, confusa - un briciolo come si sente lui in quel momento.
Tiene sott'occhio quegli spartiti rilegati con la copertina verde. Non li ha mai sfogliati fino in fondo, soltanto le prime pagine e non con troppa attenzione. Non sa perché.
Magari uno spirito di autoconservazione, magari semplicemente per evitarsi dolore.
Perché la musica sa guarire, ma anche fare male.
È un gesto che, tuttavia, compie in quell'istante, nella penombra del salotto, chino sulla tastiera del piano.
Su ogni foglio, sopra ai pentagrammi spuntano i titoli delle varie canzoni scritti con un font in corsivo e il loro autore sotto, in stampatello.
Ne riconosce la maggior parte.
Bugia, conosce tutte le canzoni che vi sono dentro - fanno parte della playlist di Spotify che mesi fa ha inviato a Simone, ovvio che le conosce.