Pausa

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Non gli permetto di proseguire con le sue insulse domande, lo lascio lì dov'è mentre continuo a percorrere la mia strada verso la mensa.

"Ma si conoscono?" il pensiero mi giunge da una persona alle mie spalle, mi voltai un poco per vedere chi fosse e vidi un ragazzo dai capelli appuntiti rossi come il fuoco, gli occhi del medesimo colore mi scrutavano con attenzione.

«Sì, ma vorrei che non lo dicessi agli altri della classe, il rapporto tra me e Kacchan, vorrei che non diventasse di dominio pubblico.» dissi riconoscendolo come uno dei miei compagni di classe, «E prima che me lo chieda...sì ho la telepatia.» e senza aspettare una risposta torno sulla mia strada sentendo i suoi pensieri sconclusionati, chiedendosi che rapporto ci sia tra me e il suo amico.

«Aspetta...» prova a chiamarmi, ma lo ignoro, mettendomi in fila per prendere qualcosa da mangiare.

Dopo una fila che mi sembrò interminabile, riesco a prendere una porzione di riso e qualche verdura da accompagnargli, ma adesso sorgeva il problema più grande.

Dove cazzo mi vado a sedere?

Non voglio interagire troppo con i miei compagni di classe, almeno non il primo giorno, ho bisogno di un po' di tranquillità dopo la cacofonia dei loro pensieri durante le lezioni.

Ancora adesso mi arrivano nella mente peggio di proiettili.

Vorrei spegnere il quirk, ma non posso farlo, ho bisogno del maggior numero di informazione e mai si voglia che me ne faccia scappare una durante questo breve intermezzo tra una lezione e l'altra.

Senza pensarci mi dirigo alla porta che dovrebbe condurmi ad un cortile dietro la mensa e con passo svelto mi avvio verso il posto tranquillo che bramo.

Sembra procedere bene, nessuno dei miei compagni prova a fermarmi per farmi quella quantità di domande assurde che gli frullano per la mente, ma una spallata rischia di farmi cadere il pranzo a terra.

È un riflesso involontario, sollevo la mano e il quirk di telecinesi afferra il mio pranzo prima che si rovesci, mentre con l'altra mano fermo il ragazzo che mi ha spinto.

Il suo volto è sbiancato nel trovarsi imprigionato e impossibilitato a muoversi.

«Dovrebbe essere buon uso di un futuro eroe scusarsi se accidentalmente va a sbattere addosso a qualcuno, ma a quanto pare a te la lezione non è stata insegnata.» dico risollevandomi da terra e facendo voltare il ragazzo che mi fissa con occhi pieni di sgomento.

«Come...» prova a chiedermi ma sollevo una mano per zittirlo.

«No, hai sbagliato, avresti dovuto dire: Scusa, tutto bene? Hai bisogno di una mano?»

«Ehm...» un movimento della mia mano e la sua bocca viene sigillata come se gli avessi preso le labbra tra le dita per tenergliele chiuse.

«Non ci siamo proprio capiti.» continuo io, riprendendo il pranzo in mano, «Visto che non vuoi imparare ad essere un hero educato, faresti meglio a cambiare scuola,» e mi avvicino a lui fino a sfiorargli il petto con il mio, «Altrimenti potrei pensarci io a farti prendere questa decisione.»

Sciolgo il quirk e lui nello stesso istante cade a terra pallido e sudato, vedo la paura nei suoi occhi e la sento riflessa nei miei pensieri.

«Neito Monoma...» sussurro attirando la sua attenzione, le pupille dei suoi occhi si dilatano al massimo, alla ricerca di una via di fuga, ma non gliene do l'opportunità ritornando a camminare per la mia strada.

Mi rendo conto solo in quel momento del silenzio che regna nella mensa, reso però inutile dai loro pensieri.

Alcuni compagni di classe sembrano felici del trattamento che ho riservato a quel bulletto da strapazzo, una ragazza nel fondo della sala sembra preoccupata, ma anche rassegnata. Deve conoscere bene il carattere di quello stronzetto.

Riesco a raggiungere il cortile alla fine, ma non mi rimane molto tempo per mangiare, quindi decido di strafogarmi per poi chiudere gli occhi e riposarmi, almeno questo è quello che vorrei fare, quando un pensiero pacato e delicato mi richiama dai miei piani.

«Che domande vorresti farmi tu invece?» chiedo alla figura che lentamente emerge da dietro alcuni alberi poco lontani.

«Nessuna.» risponde, ma i suoi pensieri dicono altro.

«Stavo poco bene l'anno scorso per questo non sono venuto, ho studiato per questo sono più avanti con il programma, dato che non potevo allenarmi ho sviluppato di più il mio intelletto.» rispondo alle domande che si stava facendo da solo.

«Non ti ho fatto alcuna domanda.» continua lui sedendosi accanto a me, i suoi capelli viola sparati da tutte le parti lasciano mi lasciano libero accesso nello scrutargli il volto.

Le sue occhiaie profonde, mi ricordano quelle di Aizawa-sensei.

«Non ce n'è stato bisogno.» rispondo appoggiando la schiena contro l'albero su cui mi ero andato a sedere vicino. «I tuoi pensieri parlano per te.»

Mi fissa per un secondo tornando poi a scrutare il muro davanti a noi.

«Perché non sei con gli altri della nostra classe?» chiedo chiudendo gli occhi e rilassandomi, i suoi pensieri sono così leggeri che sembrano un sussurro, come se non volesse far sapere quello che pensa in realtà.

Pensieri sul suo quirk da villain, sul non sentirsi accettato dagli altri e altre menate varie, mi danno la risposta al mio quesito.

«Capisco.» dico alla fine cercando di sorridere come facevo una volta.

«Non sorridere per favore, sei inquietante.» risponde lui con un mezzo sorriso.

«Lo so, ma non sono più capace di sorridere.» e nascondo il sorriso dietro una maschera di apatia, come al mio solito.

«Centra il biondo incazzato che prima ti stava rincorrendo.» la sua non è una domanda e sapevo perfettamente che aveva visto la scena di poco prima con Kacchan, quindi era inutile fingere.

«Non siamo abbastanza in confidenza perché io ti racconti i miei problemi.» dico con una nota di rabbia nella voce.

«Forse, ma tu hai sbirciato nella mia mente con uno dei tuoi quirk, quindi credo che anche a me sia concesso fare un giro nella tua.» continua lui allargando il sorriso.

«Forse, ma non credo che il tuo quirk si attivi con me, dopo tutto la mia telepatia non è solo in un senso, posso anch'io fare il contrario, ma senza alcuna condizione.»

Lo vedo strabuzzare gli occhi e questo è il segnale che ho esagerato con le provocazioni.

Mi alzo in piedi porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi, mentre ascolto i pensieri dei ragazzi all'interno che si stanno avviando verso la classe, la pausa pranzo quasi finita.

«È ora di andare.» dico mentre mi afferra la mano e si tira su di slancio.

«Però sono ancora curioso.» dice e si avvia verso la porta che ci riporta all'interno della scuola.

«Mi sa che te la dovrai conservare per un po quella tua gelosia.» e provo di nuovo a sorridergli, ma anche questa volta mi fa una smorfia, facendomi capire che neanche questo mio sorriso gli è piaciuto.

KanashīDove le storie prendono vita. Scoprilo ora