Passo indietro

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Il fischio d'inizio ci da il via alla sfida e io con un movimento della mano, mi sollevo in aria portandomi fuori dalla portata di Katsuki che si era gettato contro di me con la forza delle sue esplosioni.

Vedo i suoi occhi fissarmi esterrefatti, mentre i pensieri dei miei compagni di classe si fanno preoccupati per la situazione che li sta coinvolgendo, Kirishima si è lanciato verso un ragazzo con la coda, Ojiro, che gli ha dato la spinta per sottrarsi alla sua presa, Sero ha lanciato del nastro adesivo dai suoi gomiti che si è attaccato subito alla ragazza di nome Uraraka.

Un altro movimento della mano scaglia via i ragazzi che hanno attaccato i componenti della mia squadra, mandandoli il più lontano possibile, ma allo stesso tempo, con un'altra esplosione, Katsuki si è spinto verso di me, mancando per poco il mio volto con il suo quirk.

«Lo sapevo che non eri cambiato per nulla in questo periodo.» sussurro al biondo che mi lancia un'occhiata piena di disprezzo.

«Affrontami.» mi urla cercando di avvicinarsi di nuovo tramite le sue esplosioni, «Non è quello che hai sempre voluto?»

La rabbia comincia ad assalirmi, ma i pensieri della mia squadra mi fanno rinsavire e con un paio di movimenti delle mani, afferro con il quirk lui e il resto della sua squadra per cercare di immobilizzarli.

«Midorya-san le manette.» mi urla Uraraka facendo levitare verso di me le manette anti quirk fornite all'inizio della sfida.

«Sei tu che hai reso tutto questo un problema, Kacchan.» il mio tono di voce vorrebbe essere atono, ma sento che un po' del mio risentimento vi sgorga dentro.

«Anche tu non sei cambiato, forse lo sei nell'aspetto, ma rimarrai sempre quel debole e inutile Deku che non sa fare nulla senza l'aiuto degli altri.» le sue parole mi feriscono più di quello che vorrei, ma procedo a mettere le manette a lui e alla sua squadra, decidendo così le sorti della sfida.

Il fischio dei professori ci richiama alla realtà, facendo allontanare i ragazzi dal campo, tranne Kacchan, che mi fissa arrabbiato.

Un pensiero comincia a frullarmi nella mente, riportandomi indietro a quei giorni bui che erano quel periodo delle medie.

Speravo di essere riuscito a cancellare quella parte di me sempre spaventata e triste.

Pensavo di averlo seppellito dentro di me così affondo da cancellarlo, ma a quanto pare una sua singola frase lo ha riportato a galla come se nulla fosse.

«Cazzo.» sospiro sentendo quel peso al centro del petto farsi ogni secondo più pesante.

È un dolore che ricordo fin troppo bene e so cosa lo seguirà.

Senza starci a pensare, mi faccio levitare fino agli spogliatoi, chiudendomi la porta alle spalle. La porta non fa a tempo a sbattere che il fiato comincia a mancarmi nei polmoni, portandomi ad accasciarmi a terra con una mano a stringermi il petto.

"Smettila." mi ripeto come un mantra mentre nella mia testa continuano a ripetersi immagini di quel periodo buio.

Il sangue che cola giù dal lavandino, la mia pelle emaciata riflessa nello specchio.

Non voglio più tornare così.

Le sue mani che scoppiettano vicinissime al mio volto, l'odore della carne bruciata, i segni del suo passaggio violento incisi sul mio corpo come marchi che non potranno mai più essere cancellati.

Non voglio mai più provare certe cose.

«Basta.» vorrei urla ma il fiato è così scarso nei miei polmoni che la voce mi esce con un sospiro.

Le unghie si ficcano nella mia carne per cercare di surclassare quel dolore con un altro, ma l'unica cosa che riesco ad ottenere è la mia maglietta in brandelli e il petto coperto da graffi sanguinolenti.

Cerco di alzarmi e in qualche modo riesco a raggiungere le docce dove cado mettendomi in posizione fetale, riuscendo ad aprire l'acqua che cade dal doccino colpendomi e riuscendo in qualche modo a farmi sciogliere quel tanto perché io riesca a riprendere un po' il controllo di me.

La maglietta a brandelli è scivolata dalle mie spalle in mezzo al corridoio.

Vorrei rialzarmi e rimettermela per cercare di nascondere il mio corpo, ma non ne ho le forze.

Vedo il sangue che cola dal mio petto colare verso lo scarico della doccia.

Chiudo gli occhi, sperando che nessuno mi trovi, almeno non fino a quando non mi sarò ripreso.

KanashīDove le storie prendono vita. Scoprilo ora