Ventisettesimo passo

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«Non lo voglio fare...non lo voglio fare...basta...» ansimavo sbattendo la testa al suolo con tutta la forza che mi era rimasta.

"Fallo...Fallo...Ti renderà felice..." la voce mi stava urlando nel cervello con una forza tale che non riuscivo neanche a sentire il rumore della mia testa che impattava con il suolo.

«Non voglio...io sono già felice...» disse cercando di auto-convincermi che quello che stavo dicendo fosse reale, «Sono felice con Tomura-san e Dabi-san...loro mi vogliono bene...»

"Non è vero. L'unico modo per essere felice è compiere la tua vendetta."

«Non lo voglio più fare...basta...perdonami...basta...»

"Il signore ha fatto tanto per te. Compi la tua vendetta e servilo come si deve."

«Non era questo l'accordo che avevo con il signore.»

Le unghie graffiavano ancora le mie guance e vedevo il sangue che ne sgorgava fuori macchiare il pavimento altrimenti candido, di macchie rosso scuro che mi fecero salire un conato di vomito.

"Servilo fedelmente una volta che avrai completato la tua vendetta. Vedrai come sarai felice."

«NO.» un urlo più forte uscì dalle mie labbra seguito da un colpo più forte dato al suolo.

Uno schiocco giunse fino alle mie orecchie insieme alla sensazione della sangue che scendeva copioso dalla mia fronte.

«Izuku?» una voce giunse alle mie orecchie facendomi sollevare il capo.

La vista di Katsuki che mi si avvicinava, aizzò di nuovo la voce che sempre con maggior forza mi tartassava la mente.

"Uccidilo. Uccidilo. Uccidilo." ripeteva incessantemente mentre ormai esausto mi lasciavo cadere a terra privo di forze.

«Non voglio farlo.» sussurrai alla voce quando anche le mani cedettero prive di forze.

Rassegnato al non riuscire ad oppormi a quella intrusione mentale che lentamente mi stava facendo ammattire, mi volti verso il biondo che tenendosi allo stipite della porta per non cadere a terra per la stanchezza, mi fissava spaventato.

«Kacchan non ce la faccio più. Uccidimi ti prego. Io non voglio più farlo. Ti prego.» dissi alla ricerca della sua mente per poterne leggere la risposta.

Ma la mente di Katsuki non mi diede alcuna risposta, ma mi rimandò solo l'immagine di me stesso in quel momento.

I miei capelli sparpagliati intorno a me erano macchiati del mio stesso sangue che li rendeva più scuri e inquietanti, come se il mio volto e il corpo non lo fossero altrettanto dato che erano ricoperti di tagli e sfregi sanguinolenti.

"Kacchan."

Quella era l'unica parola che riusciva a pensare mentre mi guardava non sapendo cosa fare.

«Sì, Kacchan uccidimi...ti prego...» lo supplicai di nuovo provando a trascinarmi verso di lui.

«Midorya.» urlò Aizawa-sensei entrando in infermeria e correndo verso di me.

«No.» urlai sottraendomi alla presa del professore, «Kacchan ti prego, fallo per me.» dissi porgendogli la mano.

Lo vidi fare un passo indietro mentre nei suoi occhi compariva la paura e realizzando finalmente quello che gli stavo chiedendo.

«Ti prego. Io tanto sono già morto. Ti prego.» dissi singhiozzando tra le lacrime.

"No. Uccidilo tu." urlò di nuovo la voce e per l'intensità dal colpo mentale, vomitai a terra tutta la bile che contenevo nello stomaco.

«Midorya cosa...?» provò a domandare di nuovo il sensei, ma ricordandosi quello che gli avevo chiesto solo un'ora prima, attivò il suo quirk su di me, facendo cessare la voce e facendomi stramazzare a terra con l'oscurità che mi avvolse stretta tra le sue grinfie.

KanashīDove le storie prendono vita. Scoprilo ora