Decimo passo

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Le lezione del pomeriggio sono tutte pratiche e i professori hanno deciso di mettere alla prova il mio quirk così da dare un'idea al resto della classe di come approcciarsi con me ne missioni future.

«Non ti preoccupare, ho fatto anch'io una specie di esame simile quando sono passato dalla sezione di ordinaria a quella per eroi.» mi dice Hitoshi, alcune immagini di quell'esame gli passano per la mente e le rivedo nella mia come le scene di un film.

«Non sono preoccupato.» rispondo evitando di sorridergli e fissando il mio sguardo per un secondo verso Katsuki che sta confabulando con il ragazzo dai capelli rossi di nome Eijiro.

«Immagino che con i tuoi quirk non avrai problemi nel tenerti lontano dalle sue esplosioni.» continua lui indicando con un cenno del capo il biondo.

Evidentemente lo stavo guardando con troppa intensità, perché si volta per guardarmi, la sua espressione mi confonde, non riesco a decifrarla, ma mi rammento della mia promessa di non leggergli la mente, quindi distolgo lo sguardo da lui e mi concentro su quello che stanno pensando gli altri, alla ricerca di qualche punto debole da fruttare.

«Sei preoccupato per il ragazzo nuovo, Shinsou-kun?» chiedo con un sorrisetto furbo a disegnarmi le labbra.

«Se non li prendi sul serio ti faranno il culo, sanno essere forti e...aggressivi se non stai attento.» finisce allontanandosi da me per avvicinarsi ad un ragazzo dai capelli gialli con una saetta nera da una parte.

In quello stesso istante entra nella palestra in cui ci eravamo radunati, Aizawa-sensei che mi fissa intensamente, dei suoi pensieri riesco a capire solo alcune stralci di una conversazione che ha avuto con un altro eroe che insegna nell'altra sezione.

«Se lo è cercato.» rispondo senza che lui mi ponga quella domanda, «Ha cercato di buttarmi a terra, io gli ho solo detto che se questo è il suo atteggiamento, non è adatto ad una scuola per eroi.»

«So che il comportamento di Monoma è un po' brusco, ma il sensei Vlad mi ha riferito che era terrorizzato.» mi dice con tono serio.

«Se si è spaventato solo per quelle mie semplici parole, allora non è veramente adatto a diventare un eroe, i villain sarebbero stati molto più crudeli di me.» e mi allontanai da lui per andare a piazzarmi addosso ad un muro, lontano dagli sguardi degli altri, in attesa della prova fisica che avremmo dovuto affrontare.

«Eccomi qua.» urla ad un tratto un uomo dai capelli biondi come il sole scendendo dal soffitto come una meteora.

All-Might ha fatto il suo ingresso.

Cerco di non sbuffare per il comportamento ridicolo e con gran fatica riesco a non roteare gli occhi al cielo.

«Bene miei giovani aspiranti eroi, oggi verificheremo le abilità del nostro nuovo alunno. Giovane Midorya, avvicinati a noi per favore.»

Mi staccai dalla parete cercando di sembrare il più amichevole e cordiale possibile, ma una fugace occhiata verso il violetto e capii che non gli sembravo sincero.

Dopo una breve spiegazione delle regole della sfida, i professori ci fecero estrarre delle palline con dei numeri in modo da creare delle squadre che avrebbero dovuto fronteggiarsi.

Lo scopo era di catturare i nemici e di mettere addosso loro delle manette antiquirk.

Sembrava molto semplice come sfida, ma ovviamente ci venne impedito di procurare gravi danni ai nostri avversari e soprattutto di non ucciderli.

Ecco, questo sarebbe stato un problema per me, alle volte il mio quirk si rivela essere molto potente e se non sto attento al centro per cento rischio di fare seriamente male a qualcuno.

Non che al covo dove mi sono allenato mi abbiano mai detto di non uccidere nessuno, ma non credo che qui apprezzerebbero il mio modo di combattere.

Cercando di mascherare per la millesima volta in quella giornata i miei sentimenti e le mie reazioni, mi avvicinai ad Aizawa-sensei e presi una delle palline nascoste in una scatola che teneva in mano.

«Bene, ora che le squadre sono state decise, che la sfida abbia inizio.» urlò All-Might con un sorriso sulle labbra.

Fissai per un istante gli occhi rossi di Katsuki che stava davanti a me, la sua squadra alle spalle e dargli man forte anche solo con lo sguardo.

Era già in posizione di attacco, come il resto della mia squadra.

Io me ne stavo eretto e fiero, fiducioso del mio quirk e di quello che sapevo fare, anche senza muovere un muscolo.

KanashīDove le storie prendono vita. Scoprilo ora