Secondo passo

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La gente intorno a Katsuki comincia ad urlare per il terrore mentre il suo sguardo rimane incollato a quello di Izuku e alla pozza di sangue che si stende sotto di lui.

Tutto intorno a lui sembra fermarsi, come se il tempo avesse preso a dilatarsi all'infinito, in modo che lui potesse scorgere ogni minimo dettagli di quello che gli si stava parando di fronte.

Non riusciva ad urlare, a muoversi o persino respirare.

Sembrava che anche le cose più semplici fossero difficili ora che quello che avevano progettato a pranzo si era avverato.

Lo aveva desiderato nel suo cuore.

Aveva sperato in un certo senso che Deku sparisse dalla sua vita, così il suo senso d'inadeguatezza non lo avrebbe più tormentato.

Ma mai si sarebbe aspettato una fine del genere.

Pensava ingenuamente che il suo comportamento avrebbe fatto in modo che il verdino non avesse il coraggio di iscriversi nella sua stessa scuola, così da non averlo davanti, di certo non voleva che si gettasse dal tetto della scuola.

Un pensiero gli venne in mente mentre le sue gambe cedevano facendolo finire a terra accanto al corpo del ragazzo che aveva torturato per tutta la vita.

In effetti gli aveva detto di gettarsi dal tetto della scuola con la speranza che in una nuova vita sarebbe nato meno inutile e con un quirk.

Mai prima di allora aveva pensato che le sue parole avrebbero avuto un peso dl genere.

E alla fine urla, richiamando l'attenzione dei professori che se ne stavano rintanati in sala professori, ignari di quello che uno dei loro alunni stava passando. Dopotutto erano anche loro erano carnefici della disgrazia che il verdino stava subendo.

Urla su urla si sparsero per il cortile della scuola, ma nessuno si avvicinò a Izuku, che attimo dopo attimo diventava sempre più cianotico e freddo.

Tutti che distoglievano lo sguardo, tutti che no ignoravano.

Solo Katsuki non riusciva a distogliere lo sguardo da quello che aveva fatto.

Una manica che si era sollevata durante l'impatto mostrò al biondo la benda che copriva il polso del più piccolo.

Come ripresosi da uno stato d'ibernazione, Katsuki si sporse in avanti in modo da prendere la mano del verdino che ormai era diventata fredda come il ghiaccio in quella calda giornata di primavera.

Con un movimento lento, riuscì a sollevargli di poco la benda che lo fasciava rivelando innumerevoli cicatrici e segni freschi dei tagli che si era fatto.

L'orrore s'impadronì del cuore del biondo che si portò una mano alla bocca per trattenere un conato di vomito al solo pensiero che quei segni erano opera sua.

Il suono delle sirene di un'ambulanza raggiunse tutti i presenti nel parco della scuola, facendo fermare le loro chiacchiere e le loro supposizioni, tutte errate, perché nessuno conosceva Izuku, isolato dagli altri per colpa di quel ragazzo che in quel momento era l'unico che riusciva a guardarlo.

Isolato perché diverso, perché troppo buono per reagire ai soprusi dei bulli e troppo spaventato per chiedere aiuto.

Nessuno si mosse mentre i paramedici caricavano il corpo immobile del verdino.

Nessuno disse nulla quando la barella venne issata sull'ambulanza.

Nessuno chiese nulla riguardo quella povera anima che era stata torturata e abusata.

Izuku venne portato via nel completo silenzio da parte dei suoi compagni di scuola, da parte dei professori e da parte di Katsuki che seguiva con lo sguardo la vettura che lo stava portando via, con un unico pensiero nella testa.

"Che cosa ho fatto?"

Sento freddo e non me ne curo, mentre prendono il mio corpo e lo adagiano sulla lettiga per portarmi via

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Sento freddo e non me ne curo, mentre prendono il mio corpo e lo adagiano sulla lettiga per portarmi via.

Non mi pento del gesto che ho compiuto e neanche del fatto che non sono morto, almeno non ancora.

Non m'importa di nulla adesso.

Una parte di me vorrebbe che mi lasciassero stare, che non mi soccorressero, ma di sicuro non posso chiederglielo perché non lo farebbero per nulla al mondo.

E mentre mi portano via, mi tornano in mente dei ricordi di quel passato felice che pensavo di aver dimenticato.

Il suo volto è onnipresente in tutta la mia infanzia, come se fossimo la stessa persona.

I pomeriggi assolati passati al parco giochi vicino a casa, lui è lì che mi fa vedere come si scende nel modo corretto lo scivolo, come si fa ad andare sempre più in alto con l'altalena, come si fanno i migliori castelli di sabbia.

Lui è sempre presente.

Lo è diventato ancora di più il giorno in cui ho scoperto che non avrei mai avuto un quirk.

Rammento come se fosse oggi, come sono corso a casa sua per gettarmi tra le sue braccia, con il volto inondato di lacrime.

Ricordo come dopo quel giorno il nostro rapporto sia cambiato.

I primi spintoni, i primi insulti, che allora non avevano alcun significato, giorno dopo giorno sono diventati come dei macigni nel mio petto facendomi desiderare di non essere mai nato.

Sento le mani di paramedici percorrere tutto il mio corpo scaldandolo con i loro quirk, sento che mi stanno curando.

Piango all'idea di perdere quel briciolo di dolore che mi stava facendo sentire bene.

Parole su parole che si scambiano come se io non fossi lì con loro, come se non importasse a nessuno di farmi sapere quello che mi stanno facendo.

Vengo sballottato di nuovo e per un secondo perdo la concentrazione sul mio corpo, come se lo stessi lasciando andare, mentre la mia mente si scollega per ripresentarmi davanti solo altro dolore che al momento mi rende solo più inquieto.

Vorrei solo essere felice, ma non credo di potermelo meritare quando penso che se fosse stato nel mio destino esserlo, sarei nato con un quirk che mi avrebbe permesso di compiere il mio sogno.

Quando mi ricollego al mio corpo, mi ritrovo sdraiato su di un letto bianco, in una stanza bianco con una luce accecante che mi fa socchiudere gli occhi per l'intensità.

Una mascherina per l'ossigeno mi copre per metà il volto.

Un'unica macchia di colore entra nel mio campo visivo.

Un uomo vestito di nero, con una maschera nera che gli copre per intero il volto, mi si avvicina lentamente, le mani intrecciate dietro la schiena lo fanno stare dritto mettendo in mostra il suo petto ampio.

«Giovane ragazzo, sono venuto ad offrirti un nuovo futuro, pieno di cose che non ti faranno mai soffrire» mi dice e nel suo tono di voce posso percepire una risata.

KanashīDove le storie prendono vita. Scoprilo ora