Capitolo 37.

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Passammo quindi quell'ora a fumare e parlare del più e del meno nonché di come fossero andate quelle due settimane in classe senza di me, e tra una cosa e l'altra ci facemmo delle sane e genuine risate con la TV accesa in sottofondo e quella mia playlist che lei aveva tanto definito 'orrenda'.

"Tesoro" — mi guardò subito dopo che avemmo interrotto una di quelle fragorose risate che ci stavamo facendo da ormai un'ora. — "ti dà fastidio se ti chiamo così?"

Dissentii con la testa.

"Dobbiamo andare in mensa." — continuò la ragazza difronte a me. — "E forse tu non dovresti ignorare tutti i messaggi e le chiamate delle tue amiche." — ridacchiò, con lo squillare del mio cellulare in sottofondo che, a giudicare da ciò che aveva detto, devo aver ignorato per parecchio tempo senza rendermene conto.

È la verità, non mi ero proprio accorta che il telefono stesse squillando da chissà quanto ormai.

"Puoi rispondere tu per me e poi me la passi? Non ce la faccio proprio a sopportare le migliaia di domande che di certo mi farà Diana." - dissi subito dopo aver letto il nome <Diana> apparso sullo schermo.

"D'accordo" — sbuffò esasperatamente, scherzando.

"KIMBERLY. DOVE. CAZZO. SEI?!" - sentii urlare Diana dall'altra parte del telefono.

Morimmo dalle risate, per poi tornare subito serie.

"Ehm... Diana sono Billie," — continuò la ragazza, trattenendosi le risate. — "scusala non ha sentito il cellulare, ora te la passo."

"Oh..." — riuscii a percepire lo stupore di Diana, che di certo sperava di avere buone notizie da quelle due ore passate insieme a Billie.

"Hey, allora?" - presi possesso nuovamente del mio telefono, mentre la ragazza nella stanza con me si era alzata e incamminata verso il bagno.

"ALLORA?!" — continuò, strillando — "SEI ANCORA DA BILLIE E NON MI DICI NIENTE?!"

"Diana, calmati! Numero uno, non è successo niente, scusa se ti distruggo i sogni; numero due, potrò raccontarti tutto in mensa, basta che mi dai una decina di minuti."

"Non dirmi niente che non voglia sentire."

"Non saprei." - risi - "A dopo, troia."

Attaccai, senza darle modo di aggiungere altro.

Non appena la conversazione si concluse mi stiracchiai sul letto fin quando la porta del bagno non si aprì.

"Allora, fatto? Possiamo andare?" — mi chiese tranquilla la ragazza dai capelli argentati che mi era appena apparsa davanti.

"Mi dici quando ti è venuto in mente di tingerti di nuovo i capelli?" - le chiesi improvvisamente.

"Non ti piacciono?"

"In realtà si."

Mi sorrise.

"L'ho fatto perché quando ci siamo viste il pomeriggio della prima festa per il progetto di biologia mi avevi detto che il grigio era il tuo colore preferito."

Mi sorrise il cuore. Letteralmente.

"Ruffiana." - le dissi orgogliosa, e lei mi sorrise.

"Dico solo la verità." — alzò le braccia come a voler dire 'non mento'.

"Adesso andiamo, oppure ti prenderò di forza" — mi ordinò la ragazza di fronte a me.

"E va bene." - sbuffai ed entrambe uscimmo dalla stanza.

E alla fine non più.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora