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Nate

Riesco a sentire quegli occhioni color della cenere bruciarmi sulla pelle. Non ho bisogno di vederli per capire che sono increduli.
Mi sono esposto a lei, ormai rivelato sotto le stelle della California, e non me ne pento.
Se non ora, quando? È l'unica frase che mi frullava nella testa.
La stringo forte al mio costato, inspirando a pieni polmoni il suo profumo mescolato a quello di salsedine, consapevole che a breve tutto questo sarà finito.
<<Come...?>>, sussurra con un filo di voce, cercando di catturare le mie iridi intente a guardare il cielo.
<<Hai capito bene, Erin.>>
<<Io...>>, fa per dire qualcosa ma la blocco immediatamente, facendo scontrare fugacemente le mie labbra con le sue.
<<Lo so, Erin. Non devi rispondermi. Va bene così...>>, tento di reprimere la tristezza che mi stringe lo stomaco e le sorrido con dolcezza, <<Mi basta questo: passare quest'ultima notte insieme. Come se ci fossimo solo io e te. Come se fossimo sempre stati unicamente noi.>>
Nonostante sia buio, il chiarore della luna riesce comunque a far brillare il velo di lacrime che le copre gli occhi.
Le pizzico dolcemente una guancia, mandando giù il nodo che mi si è formato in gola.
<<Non essere triste, piccola.>>
<<Mi dispiace.>> Una perla scende lungo la sua guancia, e prima che possa scomparire in mezzo alle onde dell'oceano, gliela afferro con un polpastrello.
Non c'è bisogno di chiederle per cosa si stia scusando. Lo so già. Fa male da morire, ma infondo l'ho sempre saputo.
Lei non mi appartiene. E non mi apparterrà mai.
Ma questa notte è sufficiente. Me la porterò sempre nel cuore; perchè sarà la notte in cui ho amato davvero una persona, con anima e corpo.
Mi sono perso in quegli occhi, mi ci sono specchiato e ho dimenticato il mondo. Sentivo solo lei; i nostri corpi che si univano; i nostri cuori che battevano insieme, cercando di raggiungersi attraverso la nostra pelle.
Solo per stanotte ho voluto esserci solo io per lei. Volevo essere io al primo posto nel suo cuore. E lei me l'ha concesso. Ero suo, e lei era mia.
Anche se per poco tempo, ci siamo appartenuti.
Le stringo cautamente il viso tra i palmi delle mie mani e la contemplo con premura, con i suoi lunghi capelli bagnati e le gocce d'acqua mischiate alle lacrime che le risplendono sulla candida pelle.
Pare una sirena dispersa nelle acque torbide dell'oceano: mi ha chiamato a sè con il suo canto melodioso e fuggente, e ora mi ha trascinato con lei nelle profondità oscure del mio cuore.
<<Mi sei sempre piaciuta>>, le accarezzo con il pollice il labbro inferiore, facendolo fremere.
<<Davvero?>>, chiede facendo un timido sorriso. Finalmente l'ombra della tristezza pare aver lasciato un attimo di spazio ad altre emozioni.
<<Quando eravamo piccoli, mi ero preso una bella cotta per te...>>, alzo gli occhi al cielo perdendomi in quei ricordi così radicati nel mio cervello, <<...non avevo nemmeno dieci anni, ci credi? Ma sei stata la prima bambina che ho notato. Chiedevo spesso a mio papà come facessero a piacergli le femmine, e non ci credevo quando mi diceva che non appena sarei cresciuto sarebbero state la mia rovina. E invece è successo prima del previsto, quando abbiamo iniziato a crescere insieme a voi Allen.>>
Le sue pupille sono rapite dalla mia storia e vibrano nell'attesa di saperne di più, <<Mi ricordo ancora il momento esatto in cui mi sono detto: "ehi, ma quella mocciosa rompipalle è carina!">>.
Erin mi tira scherzosamente una gomitate nelle costole, spezzandomi in due dalle risate, <<Stronzo.>>
<<Eravamo da voi, durante le vacanze di Natale. Io e Kaden ne avevamo combinata una delle nostre, facendo infuriare i nostri genitori. Giustamente ci avevano messo in castigo, impedendoci addirittura di mangiare i biscotti di tua mamma.>>
<<Quelli che fa sempre nelle occasioni speciali>>, continua Erin con un'ombra di sana malinconia nello sguardo.
<<Esatto!>>, affermo stringendola un po' di più contro il mio petto, <<Quel giorno siamo rimasti chiusi nella stanza degli ospiti a non fare nulla. Non potevamo uscire, non potevamo picchiarci, ma soprattutto, non potevamo assaggiare i tanto amati biscotti di Margaret.>>
La piccola Allen, scoppia in una risata cristallina vedendo la mia faccia imbronciata.
<<Però, un topolino dalla faccia paffuta e la frangetta disordinata, è riuscito a sgattaiolare di nascosto dentro la nostra stanza. Portando con sè, non solo la sua compagnia, ma anche una montagna di magnifici e caldi biscotti.>>
<<E sarebbe stato in quel momento che ho fatto breccia nel tuo cuore?>>, mi guarda perplessa corrugando le sopracciglia.
<<È stato in quel momento che mi sono detto: "Beh, tutto sommato non è poi così noiosa">>.
Dalla nostra gola escono delle risate divertite e a tratti imbarazzate, <<Non mi sembra l'inizio di una cotta>>.
<<Ah, piccola Allen. Non puoi neanche immaginare come sei cambiata ai nostri occhi in quell'istante.>>
<<Nostri...?>>. Mi mordo la lingua, pentendomi subito della mia uscita.
<<Diciamo che anche quel coglione di Kaden ha cominciato a reputarti un essere umano.>>
Le sue lunghe ciglia si abbassano nuovamente, quasi cercasse di trovare le giuste parole nelle onde che ci avvolgevano.
<<Papà diceva sempre che ci avresti dato del filo da torcere una volta diventati grandi.>>
<<Steve?>>, annuisco accennando un triste sorriso.
<<Una volta l'ho sentito parlare con nostra madre di nascosto riguardo a noi tre. Diceva che tu saresti potuta essere l'unica ragione per cui avremmo potuto litigare io e mio fratello>>.
Gli occhi grandi di Erin si fanno ancora più sorpresi; stentava a credere alle mie parole. E devo ammettere che anche io, a quei tempi, credevo che quello che diceva mia papà fossero tutte fesserie. Almeno fino a oggi.
Il mio vecchio ci aveva visto lungo.
<<Quando nostro padre è venuto a mancare, tutto è cambiato.>> Faccio un respiro profondo prima di continuare, <<Ci siamo persi nel nostro dolore per molto tempo. Kaden non si è mai aperto a riguardo, è sempre rimasto nel suo silenzio. Ma nonostante ciò, si è preoccupato per noi affinchè riuscissimo ad andare avanti. Abbiamo avuto bisogno di rimanere uniti, aiutandoci a vicenda. Ci siamo rinchiusi tra le nostre quattro mura a lungo, trovando un modo per ricominciare e facendo così, isolandoci dal mondo esterno, ci siamo incosciamente allontanati dalle persone che ci volevano bene. Compresi voi Allen. Compresa te.>>
<<Mi dispiace che abbiate dovuto vivere tutto quello a un'età così giovane.>> Erin avvicina la sua piccola mano alla mia, cercando di darmi conforto.
<<Quella tragedia ci ha molto uniti>>.
I nostri occhi si cercano, mentre il silenzio spezzato dal rumore delle onde ci accompagna nei nostri pensieri. La tristezza e il rimorso che leggo nelle sue iridi mi permette di intuire i suoi timori, prima ancora che possa esporli a parole.
<<Io vi ho separati.>> Il suono della sua voce è quasi impercettibile.
Tento invano di smentire quella sua affermazione di colpevolezza, ma stranamente non riesco a trovare la cosa giusta da dire. La mia gola è improvvisamente secca e deglutisco a fatica.
Rimango muto come i pesci dell'oceano. Consapevole che ha ragione. Consapevole che mio padre aveva ragione.
Erin è l'unico motivo per il quale io e Kaden ci saremmo separati.

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