Erin
<<Eh dai, dove diamine sono?>>, farfuglio con una busta della spesa in bocca, mentre cerco di prendere le chiavi nella borsa con l'unica mano libera.
Mirtilla, la mia gattona, appollaiata ai miei piedi, mi osserva insistente.
Quando mi sembra finalmente di averle trovate, con mia sorpresa la porta della mia casetta di campagna si apre.
<<Puoi anche appoggiare le borse a terra, tesoro>>, dice la mamma aprendomi la porta. La guardo stranita per qualche secondo e mi tolgo la busta dalla bocca. Figurati se lascio il mio nuovissimo materiale di scuola a terra, in balia di Mirtilla. Tante volte non faccio nemmeno in tempo ad appoggiare lo zaino che già me lo sta divorando.
La mamma indossa un bellissimo abito blu. È uno dei famigerati vestiti che mette solo in determinate occasioni. La cosa mi insospettisce assai, <<Come mai sei già a casa?>>.
Mia mamma sfodera un sorriso enorme, di quelli contagiosi, e mi prende i sacchetti dalle mani, <<entra in casa, dai!>>.
Titubante varco la soglia, e non appena sono nell'atrio, vengo sorpassata da un batuffolo enorme di pelo nero. Ecco la mia gatta, che incantata dal fruscio delle borse di plastica segue mia mamma verso le scale che portano al piano di sopra.
Nell'aria sento il profumo di biscotti alla vaniglia e, ad ogni passo, i miei dubbi continuano a crescere.
Appena entro in salotto sono ormai certa che qualcosa non va. Mio papà è seduto sulla poltrona e indossa anche lui abiti eleganti.
<<Ok, qui qualcosa puzza, ma non sono i biscotti...>>, affermo rimanendo imbambolata in mezzo alla stanza.
Anche mia mamma, dopo aver appoggiato le buste della mia giornata di shopping da qualche parte, giunge in salotto con in braccio quella cicciona di Mirtilla.
<<Non fare sempre la tragica, Erin>>, ridacchia mio papà facendomi segno di prendere posto.
Appoggio la mia borsetta sul comò e mi sistemo sul divano, <<Sono solo le 16.30, come mai non siete a lavoro?>>.
La mamma si siede da parte a me e appoggia Mirtilla sulle sue ginocchia. Quella ruffiana della mia gatta si fa coccolare come al solito e non mi degna neanche di uno sguardo.
<<È proprio di lavoro che vorrei parlare>>, sorride mio padre, mentre afferra un biscotto caldo dal piatto poggiato sul tavolino difronte a noi.
Mi irrigidisco e rimango con le mani poggiate sulle ginocchia nude. Perché sento che c'è sotto qualcosa di grande?
Mia mamma legge la preoccupazione nei miei occhi e mi scosta un ciuffo di capelli, con fare rassicurante, <<tesoro, tranquilla! È una bella cosa quella che vogliamo dirti...>>.
Sento la tensione alleggerirsi e i muscoli si sciolgono un poco. Mio papà sorride come un ebete, <<stasera festeggiamo...>>, mordicchia il biscotto, sporcando i baffi di briciole, e non appena deglutisce continua il discorso, <<...perché mi hanno dato una promozione!>>.
Una risata piena di felicità mi esce dalla gola e alzandomi dal divano, corro da mio papà e gli lancio le braccia al collo, <<Bravissimo papà! Ce l'hai fatta!>>.
<<Ma non è finita qua!>>, si divincola dal mio abbraccio e scompare per un attimo nel corridoio. Alzo un sopracciglio e guardo mia mamma, tutta trepidante con ancora in braccio Mirtilla, che a differenza dell'eccitazione generale, sembra annoiata e assonnata.
Mio papà riemerge dal corridoio con in testa un cappellino e urla come un pazzo alzando le mani al cielo. Aggrotto le sopracciglia perplessa e mi avvicino a lui. Sul cappellino vedo ricamata la bandiera del Canada.
<<Ehm, hai qualche disfunzione al cervello, papà?>>, domando preoccupata.
<<No, sciocchina! Andiamo in Canada!>>.
<<Seriamente vuoi festeggiare la tua promozione andando in vacanza in Canada?>>.
Si toglie il capellino e me lo posiziona sulla testa, tirandogli un buffetto con dolcezza, <<No, Erin...andiamo a vivere in Canada>>.
Mi raggelo e tutto ad un tratto mi sembra di vedere a rallentatore tutta la scena. Il sorriso di mia mamma che si fa sempre più grande; Mirtilla che sbadiglia mostrando i denti bianchi e affilati; mio papà che saltella come avesse sotto i piedi dei bracieri ardenti.
Mi giro sconcertata verso la mamma e la vedo battere le mani emozionata.
<<Non ti preoccupare, si tratta solo di un anno o due. Non staremo in Canada per sempre>>, mi rassicura mio padre, notando la mia espressione raggelata, <<E la parte migliore è che, dopo la tappa canadese, andremo a vivere finalmente in California>>.
<<Si Erin, l'azienda dove lavora papà gli permetterà di spostarsi finalmente nella sede centrale in California. La più importante di tutte>>, sospira mia mamma ormai affascinata dall'idea, <<incominceremo una nuova vita, in una grande città piena di opportunità>>.
<<No...>>, dico ferma.
<<"No" cosa, tesoro?>>, domanda mia mamma, avvicinandosi.
<<No, non ci vengo in Canada!>>, esclamo con l'ansia alle stelle.
La felicità che prima scalpitava nell'aria, ora va scemando. Sento le lacrime pungermi gli occhi.
<<Ma come no? Ti piace la natura e la gente gentile. Potrai fare nuove esperienze, ci sono ottime scuole e potrai pure imparare il francese!>>.
<<Ma non voglio lasciare la mia vita qui! Ho già delle amiche e il francese lo posso studiare anche in America>>, le lacrime mi rigano il viso e le facce dei miei genitori si rabbuiano improvvisamente.
<<Erin, lo sai che è una grandissima occasione per tuo papà. Si tratta solo di qualche anno in Canada>>, mia mamma cerca di convincermi.
<<Non voglio andarmene, mi chiedete troppo...>>, borbotto asciugandomi le lacrime.
<<O è così, o è così...non ci sono tante soluzioni. Mi spiace piccola, ma non posso assolutamente rinunciare a questa promozione>>.
<<Non devi rinunciare a nulla! Adesso ho 20 anni, sono grande e vaccinata! Lasciatemi a casa, o fatemi vivere da April o Erika, vi prego! Voglio finire qua il college! Tutto ma non il Canada!>>, li supplico tra le lacrime.
Andava tutto così bene, era tutto al posto giusto, perché doveva succedere questo? È la mia maledizione per non aver espresso un desiderio soffiando sulle candeline?
<<Non possiamo dare questo carico ai genitori delle tue amiche, sai beh che Erika ha a casa i fratelli piccoli e sai bene che da April gli spazi sono ridottissimi. Tu da sola tutto l'anno poi è fuori questione. Non sei neanche maggiorenne. Non c'è soluzione, mi spiace Erin>>, risponde mio padre abbassando gli occhi e dirigendosi verso la poltrona. La gioia nei suoi occhi è scomparsa, come in quelli di mia madre, e singhiozzando come una bambina, corro versa la mia camera. Non è giusto, perché deve sempre andare storto qualcosa quando va tutto bene? Qualcuno me lo sa spiegare, maledizione?
Io non voglio rinunciare alla mia vita qui, nella mia bellissima casa in mezzo alla natura. Io amo l'Oregon, io adoro la mia cittadina, Medford. È vero che non vado al college più rinomato d'America, il quale dista solo 20 minuti da casa mia, ma mi ci trovo bene. Quando voglio posso tornare a casa, senza dovermi fermare ogni weekend al campus. Ogni volta che necessito di staccare dal clima scolastico, torno a casa a rifugiarmi.
Io non posso tranciare le mie radici dall'America e volare in un altro luogo, che seppur vicino, molto diverso.
È l'inizio dell'estate, dei divertimenti, delle feste con le amiche, delle nuotate in piscina...insomma del relax più totale prima di iniziare di nuovo il college.
Farò di tutto per restare qui, costi quel che costi.
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Territorio Nemico
Romance<<𝑰𝑵 𝑹𝑬𝑽𝑰𝑺𝑰𝑶𝑵𝑬>> La giovane Erin Allen è contenta mentre soffia sulle venti candeline colorate della splendida torta di compleanno. Lo sa benissimo che dovrebbe esprimere un desiderio come sempre, ma in cuor suo sa di non aver...