48|| PANICO

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<< Che ne dici di tornare a Coverciano? >> feci per rispondere ma il suono del campanello mi bloccò, mi alzai dal divano lasciando la conversazione con il mio migliore amico in sospeso, aprii lentamente la porta. Ancor prima che potessi rendermi conto di chi mi aspettasse oltre la soglia avvertii delle labbra posarsi sulle mie, delle labbra di cui non avevo mai conosciuto il sapore << Ehi >> Lorenzo sussurrò posando una mano sulla mia guancia, misi su un finto sorriso cercando di nascondere la vergogna che provassi per me stessa, l'imbarazzo che la sola idea che il mio migliore amico avesse assistito alla scena mi procurava. Afferrai la sua mano conducendolo verso il soggiorno dove Matteo, adesso in piedi, mi aspettava << Lui è Matteo, il mio migliore amico, stava giusto per andarsene >> dissi tentando di sciogliere il nodo che si era formato in corrispondenza della gola << Matteo, lui è Lorenzo, il mio >> mi fermai non trovando le parole << Il suo fidanzato. Sono molto felice di conoscerti >> intervenne Lorenzo in mio soccorso porgendo una mano in direzione di Teo che la strinse prontamente, distogliendo per un attimo lo sguardo dai miei occhi << In realtà stavo per domandare a Bea se volesse venire con me a Coverciano, ovviamente puoi unirti anche tu. Sono sicuro che i ragazzi saranno felici di conoscerti, specialmente Manuel >> lanciai al mio migliore amico uno sguardo confuso, non era divertente vederlo prendersi gioco di me << Se per Bea non è un problema, ne sarei felice >> mi voltai nella sua direzione forzando per la seconda volta il mio volto a una penosa riproduzione di un sorriso.<< Ho soltanto bisogno di qualche minuto, aspettatemi qui >> provai a pronunciare con il poco fiato che mi rimaneva, corsi in bagno chiudendo velocemente la porta alle mie spalle, mi lasciai andare sul pavimento provando a regolarizzare il mio respiro e implorando le mie mani di smettere di tremare, sapevo benissimo ciò che mi stava accadendo, non ne soffrivo da tempo ormai, adesso erano tornati. Con la poco lucidità che mi rimaneva estrassi il telefono dalla tasca dei jeans e chiamai mio padre, rispose al primo squillo << Va tutto bene, Bea? >> mi domandò notando immediatamente che qualcosa non andasse << Papà >> fu l'unica parola che riuscii a dire facendo cadere il telefono sul pavimento << Bea, respira, ci siamo già passati, sai che puoi farcela, devi soltanto respirare >> una lacrima scese sul mio volto, la stanza sembrò farsi sempre più piccola << Mi dispiace >> sussurrai con non poca difficoltà poggiando la testa sulla porta << Non hai nulla di cui scusarti amore, adesso concentrati solamente sul respiro, li hai già superati, prova a pensare a qualcosa che ti rende felice >> non rendendomene conto la mia mente tornò a Manuel, ai suoi ricci, al suo sorriso, improvvisamente tornai a respirare. Sentii un rumore alle mie spalle << Bea, sono Teo, va tutto bene lì dentro? >> mi asciugai il viso con una mano, con qualche difficoltà mi rimisi in piedi afferrando il telefono e portandomelo all'orecchio << Papà, devo andare >> dissi non riuscendo a distinguere la voce di mio padre e quella di Matteo, riposi il telefono nuovamente in una delle tasche, mi sciacquai velocemente il viso e aprii la porta << Sono pronta, possiamo andare >> lo superai evitando il suo sguardo e raggiugendo Lorenzo in soggiorno.

Il tempo sembrava passare senza che io me ne accorgessi, senza che io comprendessi ciò che accadeva intorno a me, come se non stessi partecipando veramente, come se fossi ancora lì, in quel bagno, con il fiato corto, le mani tremanti, la voce incrinata e il volto rigato da lacrime, come se non stessi stringendo la mano di Lorenzo da quando eravamo arrivati a Coverciano, come se non lo stessi facendo proprio davanti a lui, al motivo per cui ero tornata a respirare, come se Lorenzo non si fosse presentato a tutti sotto le vesti di mio fidanzato e loro non avessero pensato bene di dare inizio a una festa per dargli il giusto benvenuto. Improvvisamente avvertii una fitta allo stomaco, il petto farsi pesante, la testa iniziare a girare, allentai delicatamente la stretta sulla mano del "mio ragazzo", impegnato adesso in una conversazione con Andrea Belotti, afferrai una bottiglia di birra e mi allontanai dalla stanza, attenta a non farmi notare, uscendo fuori, bisognosa di aria fresca.
Ecco che ne arrivò un altro, senza preavviso, uno dei miei attacchi di panico, era esattamente due anni che non ne soffrivo, che non provavo questo odio verso me stessa, che non sentivo la sua mancanza, la mancanza di mamma. Nessuno conosceva ciò che mi tenevo dentro da quel giorno, da quel giorno in cui avevo perso tutto con lei. Mi portai la bottiglia alle labbra, soffocando le lacrime che minacciavano di inondare il mio viso da un momento all'altro e ripresi il controllo di me stessa, fu come risvegliarsi da un brutto sogno.

M.L. Finalmente tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora