Sequestro di persona

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Pov's Marghe
Salgo le scale con le mani e le gambe che mi tremano, questa è la parte che non faccio mai vedere a nessuno, nemmeno a Benedetta. Mi succede solo quando sento le urla provenienti dalla cucina, quando i miei genitori litigano così forte che tutto il palazzo viene alla nostra porta per accertarsi che io stia bene. Sanno tutti che dalla morte di Greta è cambiato qualcosa in loro, come se quel legame che tanto li teneva l'uno accanto all'altra si sia distrutto grazie a quell'incidente e se ci ripenso mi sembra assurdo. Dovevamo rimanere accanto e farci forza quel giorno di Maggio e invece ci siamo solo che divisi e quando dico che non ho più una famiglia, che non ho più quelle spalle che prima c'erano sempre, dico davvero.
Arrivo al pianerottolo e le urla si fanno sempre più forti, sempre più taglienti e quelle ferite che piano piano ho cercato di ricucire si riaprono, soprattutto quando la porta d'ingresso si apre e subito la figura dei miei due genitori mi si para davanti con le loro urla, le loro mani che viaggiano in aria per far capire all'altro che è la solita litigata seria.
Mi dirigo direttamente in camera mia, senza guardarli e senza badare tanto alle loro urla ma appena mi butto sul letto con un cuscino soffoco le mie lacrime e i miei singhiozzi. Ho sempre odiato piangere per loro, far uscire quella parte debole di me per delle semplici litigate che ci sono ogni giorno quasi da un anno. Si danno la colpa per quell'incidente, su chi doveva controllare chi e proprio per non sentirli guardo il mio armadio, è un ossessione ogni volta che loro litigano ma questa volta, a differenza delle altre, mi alzo dal letto e finalmente apro quell'armadio che ha visto tutti i miei pianti per quelle due persone che ancora definisco genitori. Inizio a prendere tutti i panni che mi ritrovo davanti, aggiungendo felpe e leggings per poi metterli in un borsone. Se devo andare avanti, se devo superare la morte di mia sorella, non posso farlo in questa casa e soprattutto con due persone che continuano a litigare e a darsi la colpa anche dopo mesi.
Vado via, vado ad iniziare quel qualcosa che da dentro cerca di uscire ma che non ha mai avuto tempo. Prendo tutte quelle cose che possono servirmi, non so dove andrò e non sono nemmeno una di quelle persone che dice "Il cuore mi guiderà" perché il mio cuore è completamente distrutto. Non riesco ad amare, non riesco più a credere nelle sensazioni positive perché dentro non ho più niente se non negatività.

"Margherita dove vai?" Sento chiedermi tra un urlo e l'altro da parte dei mie genitori, mentre io con ancora le lacrime agli occhi e il borsone in spalla mi dirigo verso la porta d'uscita per andare via. "Margherita" Continuano, questa volta strattonandomi per un braccio e io subito mi giro verso di loro.

"Che cazzo fate?" Sbraito io urlando, usando il loro stesso tono freddo e duro. Sono stata zitta per troppo tempo, da mesi mi tengo tutto dentro e ora ne non posso più, non riesco più. "Mi sono rotta di stare con voi e i vostri litigi, facendo così non farete tornare Greta" Continuo e dai loro occhi, capisco di averli feriti dentro il profondo del cuore e per questo appena esco non mi dicono niente, rimangono fermi al loro posto mentre io mi dirigo verso l'uscita del palazzo con il fiato sospeso e le lacrime sul viso.
Devo riprendere la mia vita in mano, fare quel piccolo sforzo che Benedetta mi ha sempre detto di fare ma che non sono mai riuscita a fare e pulendomi le lacrime con il manico della felpa inizio a camminare sul marciapiede, con i brividi sia per il freddo di Marzo sia per tutte l'emozione che ho in questo momento in corpo ma appena vedo una macchina nera, subito mi fermo.
Non può essere ancora lui.
Mi dirigo verso la macchina a passo lento, sia per la paura di vederlo sia per non fare una di quelle figure colossali ma quando abbassa il finestrino e lo vedo, con una sigaretta in bocca e gli occhiali da sole anche di sera, subito sospiro.

"Vattene" Inizio a parlare io, cercando di nascondere la mia voce tremante ma dalla sua faccia, capisco che non so mentire così bene come credevo. "Ti ho detto di andartene" Continuo, non vedendo nessuna reazione da parte sua.

"Sali" Dice Niccolò, senza nemmeno guardare la strada davanti a lui ma solo ed esclusivamente me.

"Perché sei qui?" Chiedo io, senza giri di parole. Avevo visto la macchina andare via quando sono salita a casa, ne ero certa per questo sono uscita senza problemi.

Insieme ma distantiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora