Capitolo 5 - Sfida con sé stesso.

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-Daryl- 

La mia prima reazione a quella discussione era stata la rabbia. Beth non aveva nessun diritto di mandarmi a dormire, trattandomi per giunta  come un ragazzino, e non dandomi, tra l'altro, nemmeno diritto di replica. Se pensava di avere a che fare con Carl o Judith si sbagliava di grosso. Oppure era così che trattava quegli imberbi imbecilli, di cui si era attorniata fina ad ora? Che rabbia. Sean ne era la prova lampante! Se voleva stare con lui, non aveva che da dirglielo e poi avrebbe potuto incazzarsi fino a quanto voleva o mandarlo a letto senza cena, per quello che mi importava. Ma con me no. Con me no, cazzo. Fino a prova contraria ero io l'adulto responsabile. Poi però c'era il rovescio della medaglia, e cioè che mi sentivo terribilmente in colpa e in difetto con lei, perché credevo di averla nuovamente ferita. E sicuramente lo avevo fatto, ma io non potevo davvero gestire in maniera pulita una cosa del genere, e lei avrebbe fatto meglio a girarmi al largo.  Lei meritava di più, molto di più. E di sicuro non ero io la cosa migliore che le sarebbe potuta accadere in questo mondo di merda. E poi...

E poi cosa, Daryl?

Entrai nella mia stanza sbattendo la porta, e me la presi con i mobili. Capii in fretta che non era una soluzione, però. A rigor di logica non avrei dovuto prendermela così tanto per una...Cosa?

Giovane donna che mi stava stregando?

Dovevo essere abbastanza uomo e ammetterlo, almeno con me stesso. Mi piaceva Beth ma non era solo una simpatia passeggera, e non c'erano nemmeno le stesse sensazioni o sentimenti che c'erano per Rick o Carol...o chiunque altro del gruppo.
Era parecchio  tempo che vedevo Beth con occhi diversi, ma capivo anche che non poteva esserci nessun seguito.
Prima di tutto lei era giovane, e questo doveva restare un punto fermo e un limite, per me, invalicabile.

Hic sunt leones, avrebbe detto mio padre, che era un uomo del tutto inutile e violento, ma quanto a cultura, nulla lo poteva battere. E lei, per me, doveva restare un tabù inviolabile. Tuttavia, considerando l'invasione di vaganti e tutto il resto, forse non era nemmeno quello il reale problema. Forse il problema ero io, che non mi sentivo per niente alla sua altezza, e per quel motivo, la volevo tenere a distanza. Non ero esattamente il genero ideale che avrebbe voluto Herschel, per una delle sue figlie.

E ora cosa diavolo andavo a pensare?
No. No. Dovevo togliermela dalla testa, ora. Subito!

Uscii di casa nonostante la caviglia non fosse proprio d'accordo, e mi fiondai verso il campo di allenamento.

Per rendere più scenografica e rumorosa la mia uscita di scena, feci più baccano di quanto era possibile, giusto per farle capire che, di certo, non sarei stato alle sue regole.

Avevo voglia di muovermi, ma soprattutto di menare le mani e, se possibile, spaccare qualche testa. Non ero un ragazzino che poteva comandare a bacchetta. Lo doveva capire a sue spese. La bambina, stanotte, avrebbe avuto di che riflettere.

-Chi va là? - mi fermò l'uomo all'ingresso.

- È possibile fare un po' di esercizio con un arco o una balestra? - chiesi senza preamboli. - Ho assoluto bisogno di "falciare qualche vagante", se capisci cosa intendo?!-

L'uomo che costudiva le armi, mi sorrise.
- Eccome amico! Sei il nuovo arrivato, vero? Si fatica a restare tranquilli dopo aver passato molto tempo là fuori, giusto? -

Alzai le spalle. Non avevo voglia di fare conversazione. Volevo soltanto rimanere solo con i miei pensieri e scaricare la mia frustrazione e la mia rabbia.

-Bersaglio numero otto, è laggiù in fondo. Nessuno ti disturberà. -

Ringraziai con un cenno e presi la balestra che mi porse. Incredibile a dirsi, era la mia.
Lo guardai, senza capire.

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