Capitolo 18 -Riflessi

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-Beth-

Dopo aver passato giorni a chiedermi se Daryl ce l'avrebbe fatta, vederlo di nuovo in piedi mi aveva resa felice, per quanto si potesse pensare di esserlo nella nostra condizione.
Quell'uomo era una roccia, anche se ultimatamente la vita, lo stava mettendo a dura prova. L'aver ritrovato quel simpatico individuo che era suo padre, non aveva potuto che peggiorare le cose.
E ora, che eravamo bloccati a Terminus, quello che mi spaventava maggiormente, erano le implicazioni, anche psicologiche, che questo avrebbe comportato. Quella mattina rivedere Daryl di nuovo in piedi, aveva fatto battere il mio cuore normalmente, o almeno così mi sembrava dopo tanta ansia.
Era strano pensare quanto ci eravamo legati, lui ed io, da quando eravamo fuggiti dalla prigione. Ci capivamo con un solo sguardo, anche se dovevo ammettere che, qualche volta, tendevo ancora a perdermi nell'azzurro dei suoi occhi, vagando senza meta nella grammatica e non riuscendo a mettere insieme una frase di senso compiuto. Questa cosa, anche se mi rimbrottava sempre di essere più attenta di stare concentrata in ogni occasione, lo faceva impazzire, anche se non lo avrebbe mai ammesso.
Dustin quel giorno lo aveva trascinato fuori dal piccolo spazio dove ci avevano confinato e, se da un lato poteva essere un piacevole passatempo, temevo sempre gli accadesse qualcosa. La più piccola cosa, in quei giorni, lo avrebbe fatto scattare, e io lo sapevo bene. Suo padre era uno di quegli uomini che sarebbe stato sinceramente meglio non aver mai conosciuto, e pensarlo là fuori con lui, mi metteva i brividi.

Amaral, come promesso da Dustin, non si fece attendere quella mattina, prelevandomi da quella stanzetta angusta, e scortandomi in un'altra zona del campo.

-Ciao. - dissi cercando di essere amichevole - Io mi chiamo Beth. Tu devi essere Amaral. -
La ragazza mi guardò male e rivolse lo sguardo verso Jake, che ci scortava. Era uno sguardo strano, quasi come per chiedere conferma di potermi rispondere.
Jake annuì e si eclissò, pur restando nei paraggi.

-Non dovresti rivolgerti a me. - disse - Non senza permesso, almeno.n -

- Il permesso di chi? - chiesi sinceramente divertita e allarmata al contempo - Di quell'energumeno fuori di testa? O di Dustin? Il più sciroccato, qua dentro. -

Lei mi osservò sinceramente spaventata.

- Non sfidarlo. Un consiglio. -

Amaral era la classica bellezza mediorientale. Mora, con carnagione olivastra e con gli occhi scuri, e proprio non capivo come fosse finita in quel casino, ma, quel giorno, avrei avuto molte più risposte di quelle che andavo cercando.

Fui scortata in una zona diversa rispetto ai profili in lamiera e al territorio industriale che avevo visto fino a quel momento a Terminus, fino ad arrivare in una sorta di zona residenziale, con aiuole curate e fiori alle finestre. Tutto aveva un che di normale e artefatto assieme. Nemmeno al nostro accampamento al fiume, avremmo mai raggiunto un livello tale di normalità. Allo stesso tempo, però, tutto pareva troppo curato e così finto, da farmi dubitare di vivere nella realtà. Mi sentivo esattamente come Charlie, appena entrato nella fabbrica di cioccolato di Willie Wonca.

Mentre mi guardavo in giro basita, notai Stewart che veniva verso di noi assieme a un altro ragazzo.


Amaral si fece indietro, quasi volesse scomparire.

-Beth! - salutò Stewart- Come ti senti? -

-Bene, Dottore. Considerando le circostanze. - dissi corrucciata, guardando il nuovo venuto con curiosità.

- Scusatemi. Lui è Gareth. Beth, ti presento il braccio sinistro di Dustin. -

Osservai il ragazzo che mi trovavo davanti con curiosità e astio al contempo. Era un tipo interessante, e non sembrava pericoloso o squilibrato come il suo capo, ma come poteva aiutare quel pazzo, altrimenti?

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