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Due anni, otto mesi e tredici giorni prima dell'esecuzione

Se avesse dovuto dire quando capì per la prima volta in che razza di realtà viveva, Ava avrebbe subito pensato a quella stanza buia, piccola e umida, ai corpi dei suoi compagni, che a malapena respiravano, schiacciati contro il suo come quelli di animali che venivano portati al macello. Avrebbe ripensato alle sue mani tremanti strette in quelle di Elijah e di Cameron, a come inutilmente i suoi amici avevano tentato di nasconderla. Gli occhi chiusi, nella sua mente delle preghiere urlate al vuoto.

Non sarebbe servito a nulla.

Ormai era troppo tardi.

L'avevano vista, l'unica donna del suo plotone, una ragazzina dai capelli rossi e i grandi occhi blu che parevano brillare al buio come gemme. Avevano sorriso spintonandola dentro la cella come a dirle: "A tra poco."

Da allora era stata una continua attesa.

Quando sarebbero venuti a prenderla? Avrebbe fatto male? Sarebbe sopravvissuta?

"Non glielo permetterò," continuava a dire Elijah. "Non glielo permetterò," ripeteva. Ma che potere aveva lui, qui? Il grande seduttore, Elijah Kohen, cosa poteva contro quelle persone? Le sue parole e il suo fascino non sarebbero bastati questa volta.

Perciò Ava gli si stringeva al petto e lasciava che lacrime gelide gli bagnassero la camicia sporca e continuava a pregare il suo dio.

Passarono ore, poi delle risate riecheggiarono per le gallerie, seguite da passi sempre più vicini. I compagni di cella, compagni che avevano vissuto con Ava negli ultimi mesi, che si erano addestrati con lei e che con lei avevano combattuto, si serrarono come un muro tra la sua figura tremante e le sbarre di ferro.

Grazie, avrebbe voluto dirgli Ava se solo avesse avuto abbastanza voce per farlo, ma ormai è troppo tardi. Mi prenderanno comunque e piuttosto vi uccideranno, quindi fatevi da parte.

"Guarda, guarda..."

Erano in tre, in una divisa nera che non faceva che renderli più magri e affamati, come mietitori, i loro volti un tripudio di malvagità, i loro sorrisi maliziosi, i loro occhi famelici. Le loro mani stringevano le sbarre come se già l'avessero tra le mani.

Elijah la teneva per la vita e la stringeva a sé. Ava, nonostante tenesse lo sguardo basso e la fronte premuta contro il suo petto sapeva che stava sfidando i tre uomini a portarla via, sapeva che avrebbe lottato. Una parte di lei avrebbe voluto essere coraggiosa e impedirgli di compiere azioni sconsiderate, accettare il suo destino e non permettere a nessun altro di farsi del male, ma era più forte di lei: le sue gambe non accennavano a volersi muovere e la paura non accennava a placarsi.

Non voleva non voleva non voleva.

Non voleva che finisse così.

Cos'è che aveva detto, mesi prima? Prima ancora di iniziare l'addestramento, quando avevano appena raccolto il maledetto volantino rosso?
Mi basterà imparare a sparare e qualche lezione di difesa personale e andrà alla grande. Aveva detto così, non è vero? Le era sembrato tanto semplice. Se solo le fosse rimasta anche solo la forza per ridere l'avrebbe fatto, di fronte alla sua stupida ingenuità.

"Ti nascondi, bambolina?"

Il loro accento a malapena le permetteva di capire cosa stessero dicendo, il loro uso della lingua del Di Sopra era scarso, probabilmente sapevano dire poche cose e male, insegnategli da coloro che li avevano portati in superficie, o dai prigionieri che erano già passati sotto le loro mani.

"Perché ti nascondi? Fatti vedere, dai." Risero quando Ava si portò le ginocchia ancora più strette al petto e quando Cameron tentò di pararlesi davanti e quando Elijah fu sul punto di dire qualcosa.

Dalle CeneriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora