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Elijah suonò per due ore buone, poi si scusò e lasciò il palco. Ava poteva vedere la stanchezza nei suoi movimenti: era sudato e aveva il respiro grosso, ma poteva vedere anche che era talmente felice che se il suo fisico l'avesse permesso avrebbe suonato per una giornata intera.
Ava lasciò Cameron agli altri ragazzi e andò in contro a Elijah.
"Andiamo alla locanda?"
"Non ancora," rispose Elijah. Per un attimo le sembrò di nuovo quel ragazzino che tutto contento si guardava intorno curioso. "Ti va un bicchiere?"
Si sedettero a un tavolo—ce n'erano molti su un lato della piazza vicini a grandi botti di vino che degli uomini nerboruti sorvegliavano e da cui, con il loro permesso si potevano riempire dei calici—e iniziarono a bere e parlare l'uno dell'esperienza dell'altra su quel palco e quella pista. Un bicchiere seguì l'altro e ancora e ancora, finché le parole si mischiarono alle risate e gli occhi iniziarono a chiudersi da soli.
Dopo chissà quante ore, esausti, Elijah e Ava si trascinarono alla locanda, la mente annebbiata dal vino, le guance rosse e calde, ancora sollevate in un sorriso involontario. Salirono piano le scale e piano salirono ancora, fino al tetto, in una mutua decisione silenziosa. Si stesero sulle tegole come se fosse la cosa più normale del mondo.
Il cielo era grigio, la notte stava andando sbiadendosi per lasciare il posto a un nuovo giorno. I due rimasero in silenzio per un lungo , lungo tempo.
"Dormi?" Le chiese Elijah.
"No."
"Hai freddo?"
"Si sta bene."
"Sarà l'alcol..."
Era lui ad avere freddo. "Vuoi rientrare?"
"No, voglio vedere l'alba."
Ava annuì e gli si avvicinò fino a toccargli la spalla e trasmettergli un po' del suo calore.
Il cielo era cosparso di nuvole qua e là, le ultime stelle stavano pian piano svanendo. Entrambi avevano gli occhi fissi sul punto in cui la luce era più visibile, in attesa che il sole apparisse.
"Elijah, ricordi quella volta-"
"Ava." Il tono secco la zittì. La ragazza, dapprima irrigidita, si scostò appena per riuscire a guardarlo con la coda dell'occhio. Aveva chiuso gli occhi, lievi increspature turbavano la pelle liscia attorno ad essi, le sopracciglia erano contratte, come se provasse dolore. "Ti prego, non farmi ricordare..." li riaprì piano, guardò per lunghi istanti il sole che piano saliva e gli illuminava il viso e le iridi dorate e poi si rivolse interamente verso di lei, il suo volto si rilassò e le sue labbra accennarono un sorriso. "Certe volte i ricordi sono la più dolorosa delle torture."
Ava mandò giù la saliva e si rivolse verso il cielo infuocato. Lui fece lo stesso. "Già, hai ragione."
Passarono lunghi secondi di silenzio, poi Elijah trovò la sua mano e la strinse. "In ogni caso, ricordo."

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