Due anni, otto mesi e sette giorni prima dell'esecuzione
Erano arrivati ormai al punto da non riuscire a distinguere il giorno dalla notte.
Sapevano solo che prima o poi sarebbero venuti a prenderli.
A orari ogni giorno diversi, proprio con lo scopo di farli confondere, gli davano una pentola piena di brodaglia da dividersi e qualche pezzo di pane che veniva giocato a sorte, poi la sera o il pomeriggio o a notte fonda, venivano presi.
Elijah e Ava ormai non si ribellavano più. Lasciavano che li trascinassero nelle stanze, lasciavano che gli venisse strappata di dosso ogni briciola di pudore rimasta, e sopportavano e sopportavano.
Ava aveva impresso nella mente ciò che Elijah le aveva detto quella sera, quando lui l'aveva presa tra le braccia e stretta a sé, quando per la prima volta aveva ammesso, anche se in silenzio, che aveva bisogno di lei.
"Ultimo atto, ultima scena, ricordi cosa disse Galinarael a Veran?"
Ava, l'orecchio premuto contro il suo petto, stava ascoltando il battito del cuore di Elijah. A quella domanda dovette fermarsi e riflettere un po'.
"Oh," aveva mormorato poi. "La nostra scena preferita." L'aveva sentito sorridere contro i suoi capelli.
"Sì," aveva detto lui. "La nostra scena preferita."
"Galinarael diceva..." impiegò qualche secondo a immergersi nel personaggio: la fae dal cuore gelido che si era innamorata dell'umano il quale era riuscito a sciogliere la freddezza del suo animo e farla lottare per il loro amore, in quanto umani e fae erano in guerra. Si trattava di una favola risalente all'ultima guerra, appena pochi anni prima, una favola che sognava di un conflitto finito nella pace tra elfi e fae. "«Lascia che l'odio e l'avidità di questi uomini ci consumi, lascia che ci calpestino e che ci ammazzino, lascia che ci preparino la forca. Lasciamogli credere che il nostro amore sia così facilmente corruttibile, che hanno ragione a credere nell' inesistenza della pace.»"
"E Veran ha risposto: «Credi davvero che questo sanerà i loro animi? Che li farà capire?"
"«Credo che potrebbe essere un inizio.»"
"«Allora che sia.»"
"«Che sia. Bruciamo all'incrocio dei due fuochi, periamo nella speranza che rinasca la pace.»"
"«Nel fuoco moriamo...»"
"«E dalle ceneri risorgiamo.»"
È questo che si ripetevano ogni giorno. Nel fuoco moriamo e dalle ceneri risorgiamo. Sarebbero risorti, più forti di prima e gliel'avrebbero fatta pagare. Ava sognava il giorno in cui sarebbe successo. Quando quelle mani l'afferrarono, sognava di portargliele tagliare, quando quegli occhi la guardavano, sognava di poterglieli cavare, quando ridevano, sognava di potergli tagliare la lingua e infine sognava di vederli soffocare uno ad uno nel loro stesso sangue.
Ma quando.
I giorni passavano, uno dopo l'altro, un' umiliazione dopo l'altra, uno stringere di denti dopo l'altro. Quando, chiedeva Ava. Ed Elijah rispondeva, Presto.
Ma quando.
Ava era esausta. La fame la stava divorando e la sete la stava prosciugando e gli incubi la tormentavano, i lividi si accumulavano. Ava li vedeva anche sul corpo di Elijah e si chiedeva come facesse ogni giorno a entrare nella cella sui suoi piedi, retti da chissà quale forza di volontà.
L'aveva sempre preso in giro, dicendogli che non riusciva a fare dieci chilometri di corsa tutti d'un fiato, ma in quel caso era lei quella caduta prima.
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Dalle Ceneri
FantasyAva Keegan era la ballerina più promettente del Di Sopra. Elijah Kohen era un aristocratico che si dilettava come attore nel tempo libero. I loro futuri erano rosei, le prospettive serene. Dal loro incontro casuale nacque un'amicizia spontanea e nel...