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Due anni, otto mesi e tredici giorni prima dell'esecuzione

Quando finirono con lei, sentì solo dire: "Sistematela e ributtatela in cella."

Per sistematela, intesero rimettetele i vestiti alla bell'e meglio, mentre invece il ributtatela in cella, lo presero alla lettera e dopo averla trascinata fino alle sbarre, la abbandonarono sul pavimento sporco e freddo come un giocattolo usato e che aveva già stancato.

"Ava, Av—"

L'ennesima mano le sfiorò il braccio. Rabbrividì, ma non aveva le forze per reagire. Quella mano era fredda e rovinata dai calli, proprio come le sue, era un tocco che riconosceva. Alzando lo sguardo riuscì a distinguere gli occhi verde bosco di Cameron, i suoi capelli biondi, sporchi, le mani protese verso di lei, il volto contratto dal dolore, dall'impotenza.

Le bruciavano gli occhi per le lacrime, ma non voleva piangere. Tutti la stavano guardando. L'avevano sempre vista come il braccio destro di Elijah, la forte e intrepida ragazzina che nessuno riusciva a battere in resistenza e in bevute, eppure ora davanti a loro non c'era che una bambina spaventata.

"Ava..." Cameron si avvicinò piano, come si fa con un animale pericoloso e cercò di far sollevare gli occhi della sorella. Deglutì, e rimase per molto tempo con i palmi rivolti verso di lei, le braccia larghe.

Gli eventi delle scorse ore le si riversarono addosso tutte in una volta.

Quando prima era stata immobile ora iniziò a tremare, quando aveva trattenuto il pianto, ora le sue guance si bagnarono, infine si abbandonò al petto del fratello.

Dalle CeneriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora