Concordare con l'idea di Hideo mi risultò complicato e pesante. Non ne avevo nessuna voglia di cambiare la mia storia, tantomeno quella di Lola che era un parallelismo della mia. Alla fine decisi di accettare e distorcere il passato anche se non sarebbe stato facile trovarne uno che mi aggradasse. 
Ero seduta sulla sedia dello studio con le mani ai capelli. Avevo la testa che ticchettava come il timer di una bomba che sarebbe esplosa da un momento all'altro. Scrivere una cosa che non vuoi, che non ti senti, quale momento più difficile. 
Le mie mani indugiavano sulla tastiera del computer quasi inesperte, nonostante avessero scritto una decina di libri e toccato abbastanza premi da essere fiere di loro. Ma le mie mani tremavano, non avevo più il controllo su di esse e non riuscivo a fermarle, questo mi provocò solo più agitazione che mischiata al mal di testa mi mandò in panico. Le gambe iniziavano a formicolare e il cuore ad accelerare, il respiro si bloccava ogni tanto e le lacrime avevano già marcato il solito percorso sulle guance senza che io me ne accorgessi. In un secondo, il pensiero che cambiando il passato, Lola non mi sarebbe in qualche modo più appartenuta mi faceva accapponare la pelle. La mia sosia, la mia nemesi, la me di un altro mondo completamente diverso ma che aveva subito le stesse cose. Inventando un finale diverso da quello che mi successe mi avrebbe allontanato da lei, non riuscendo più ad accettarla. Tragico dite? Un po', ma non potevo fare a meno di provare paura e indignazione. Cosa avrei dovuto fare? Lo ripetevo senza fine nella mia testa che martellava in continuazione senza lasciarmi del tempo per chiudere gli occhi e riposare. Hideo mi metteva fretta e i libri non si scrivevano da soli, soprattutto i miei. 
Decisi di alzarmi e andarmi a preparare un caffè caldo per recuperare le forze che ormai erano sparite. Mi appoggiai al muro per andare in cucina e per risvegliare le gambe addormentate iniziai a dare dei pugni su di esse. Era quasi rilassante provare quel dolore, concentrarmi su quello invece che su un altro ancora più forte. Quindi è questo che provano gli autolesionisti? Non chiedetemi perché mi vennero in mente loro, ma vivendoci insieme mi hanno sempre incuriosito e spaventato. Volevo conoscere quel fantomatico dolore che li ''rasserenava''. Li proiettava su un altro tipo di sofferenza provando a placare ciò che provavano all'interno. Ovviamente il mio gesto non si poteva neanche lontanamente paragonare a quello, però era già un inizio. 
Le mie gambe si risvegliarono formicolanti e insensibili, sembrava di star camminando con dei tronchi robusti e le braccia erano solo un mucchio di foglie e rametti spezzati. 
<<Hai bisogno di aiuto?>> Nascosi un urlo sorpreso quando mi accorsi che una collega era al mio fianco. La guardai come se fosse una cosa nuova credendo di non conoscerla, poi la focalizzai bene e mi chiesi quando fosse venuta vicino a me passando inosservata. Non si sentì niente, non si spostò l'aria, un gatto che non faceva rumore. Questo era Diana. 
<<No, ma grazie lo stesso>> cercai di sorriderle per non essere scortese ma in verità avevo solo voglia di urlare e mandarla a quel paese, anche se aveva espresso un gesto molto gentile. 
<<Okay, ma non sforzarti troppo. Che ne dici di andare a casa e dormire, ti vedo stanca>> sono stanca. 
<<Sto bene, col caffè andrà meglio, puoi andare>> dissi liquidandola. Non ero al sicuro con lei e non so perché ma i suoi occhi facevano tremare i miei. Posò una mano sulla mia spalla e tossii per farle capire il mio rifiuto, ma a lei non sembrava fregare. Guardandomi come se fossi un gattino abbandonato in mezzo alla strada mi fece sentire solo peggio di quanto stavo. Nessuno aveva il diritto di provare pena per me, non quella pena. 
<<Vai, Diana. Non mi servi>> affermai ancora spostando la sua mano su di me. Strattonai la sua presa così forte da lasciarle dei segni rossi dovuti dalle unghie cresciute male e qualcuna spezzata. Il suo sguardo si concentrò sulle mie dita e come avrei potuto immaginare, un ghigno di divertimento comparì sul viso. Mi stava infastidendo e non poco, ero un suo superiore ma mi trattava come se non fossi neanche una subordinata. Non credevo fosse questo genere di persona, non le avevo quasi mai parlato per un tempo così lungo, giusto qualche volta, un leggero scambio di botta e risposta riguardo dei moduli o pubblicazioni. Ma mai si era rivolta a me con un simile sguardo viscido e subdolo. Avanzai senza trattenermi oltre e lasciai alle spalle la sua aura negativa. Continuai a sentirla fin quando non fui arrivata in cucina e non mi sedetti, poggiando la schiena alla sedia di legno. Un brivido mi fece scaricare la tensione trattenuta e finalmente mi concessi un profondo respiro di pace e silenzio. Almeno per i primi dieci secondi, poi arrivò il vulcano Hideo che mi fece saltare dalla sedia per lo spavento, comparendo anche lui alle spalle. 
<<Abbiamo un problema>> disse sedendosi davanti a me. Sbatté con prepotenza un modulo composto da qualche decina di pagine sul tavolo e lo stesso fece col telefono ormai arrivato allo sfinimento. 
<<Cioè?>>Presi i fogli e li studiai con attenzione riga per riga, non tralasciando neanche una virgola.
<<Hai letto? Ben trenta articoli scritti in ventiquattro ore su di te e la tua famiglia. Stanno sparando stronzate così grandi che non basterebbe aprire una finestra per farle uscire tutte>> sorrisi e senza farmi vedere sputai fuori anche una minuscola risata. Era vero, su queste pagine c'erano scritte cose orrende ed alcune non inerenti tra di loro. 
<<Ma non si mettono d'accordo per pubblicare cose del genere? Tre hanno scritto la stessa cosa, cinque invece hanno addirittura concentrato l'argomento su mia nonna che neanche conoscevo in quanto rimasta vittima di un attacco terroristico, tra l altro. Ma cosa. . .>> non sapevo se ridere o piangere, in tal caso decisi di non fare nessuna delle due cose ma di chiudere e sbattere anche io il modulo sul tavolo indignata da certi argomenti. 
<<Abbiamo una fila infinita di giornalisti che vogliono parlarti. Dobbiamo sfruttarli a nostro vantaggio>> forse avevo già capito cosa aveva in mente, non dissi niente e lo feci continuare. 
<<Farai qualche intervista, risolverai i dubbi sulla tua famiglia e su tua nonna, a quanto pare. In questo modo scarteranno la possibilità che la protagonista sia tu>> non lo facevo così scemo. 
<<Ho visto Jake>> sputai abbassando il capo su altri dieci articoli. Hideo stava per riprendere parola prima che sparai la bomba, il suo petto si buttò in avanti sgranando gli occhi e iniziando a balbettare cose senza senso. Aveva paura? Comprensibile, Jake era pericoloso. 
<<Quando? Dove? Perché?>>
<<E' un reporter, ho visto il suo pass attaccato al collo>> se prima era pazzo adesso era diventato assatanato. Iniziò a dare di matto sussurrando cose incomprensibili. Non credevo che questa notizia lo avesse sconvolto così tanto. 
<<Dobbiamo farlo fuori>> Adesso io ho paura. 
<<Vuoi ucciderlo? Non credi sia troppo estremo? Poi, non sei cristiano? Cosa direbbe la religione?>> Mi fulminò con lo sguardo e immediatamente capii che la mia ironia non gli aveva fatto piacere. 
<<Lui sa tutto, Seira.>>
<<Lui non sa niente, Hideo. Ti sbagli>> mi alzai anche io e presi il mio caffè ormai freddo. Emisi dei versi disgustati e lo versai nel lavandino. 
<<Non avevi detto che era il tuo migliore amico d'infanzia? Hai scritto di lui nei tuoi libri, lo riporti in ben quattro seguiti, come fa a non sapere la tua storia?>>
<<Tutti hanno dei segreti, anche la me del passato li aveva e se sono segreti dolorosi hai paura di parlarne anche con la tua ombra. Come facevo ad aprirmi con Jake e la sua famiglia perfetta? Non credi che mi sarei sentita patetica e impotente? Infatti, proprio perché mi sentivo così che da me non uscii neanche una parola. Tutto quello che lui sa non è uscito dalle mie labbra, bensì ha ficcato il naso senza il mio consenso. Ci sono così tante cose sulla mia famiglia e su di me, chissà cosa avrà scoperto il detective Conan dei crimini falliti, sono proprio curiosa di saperlo. Credo che sia arrivato il momento di una visita tra vecchi amici.>>
<<Ti ha tradito e vuoi tornare da lui?>>
<<Quel traditore è stato il mio punto d'inizio, so come comportarmi>> Hideo era preoccupato, si leggeva nei suoi occhi che aveva paura che mi facesse ancora del male. Ma chi ti aveva ferito una volta non poteva farlo una seconda, né una terza, ma forse la quarta l'avrebbe vinta.
<<E' estremo>> affermò.
<<No, è necessario.>>

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