Venne gennaio. La neve fuori dalla finestra scendeva lenta e silenziosa senza dare il tempo di contare i fiocchi che cadevano. La tazza bollente incominciava a bruciarmi le mani e una sensazione di calore e conforto si espanse in me. Mi chiesi dov'è che fosse andato Valentín Coraza e di chi stesse sparlando quella stronzetta di Diana. Ero così curiosa delle vite altrui perché nella mia non c'erano mai novità. Ogni giorno si tingeva dell'altro e viceversa, lo stesso colore tutte le volte, aspettando l'unico diverso per quell'occasione che non veniva mai. Il giardino presto si ricoperse di neve bianca e sicuramente soffice, il desiderio di uscire e toccarla mi passò per la mente. Sorrisi pensando a come la mia infanzia sarebbe potuta essere un po' più felice se mi fossi buttata con Jake, o con i miei fratelli e sorelle nelle neve. Se avessi avuto la soddisfazione di costruire un pupazzo con i miei genitori. Bevvi un sorso di caffè per ingoiare ancora una volta quei dolorosi ricordi mancati, ma non potei far niente per quella piccola lacrima salata che scese senza il permesso, frettolosa di lasciare un solco sul viso e disintegrarsi nel nulla. Accarezzai le tende della finestra trascinandole lentamente verso sinistra, nascondendo poco a poco quel paesaggio invernale che tanto mi piaceva ma di cui avevo brutte memorie. La stanza si scurì presto e rimasi al buio non muovendomi dalla tenda. La tazza bollente bruciava ancora sulla mano e se non l'avessi tolta avrei potuto rischiare.
<<Seira.>> Il mio nome risuonò nella sala come la campana della chiesa durante il momento di preghiera. Soffrivo. Era sofferente sentire ogni giorno quel nome. Terribile era udirlo sempre con la voce di tuo padre come un disco rotto.
<<Seira.>> Ancora, e ancora. Mi prendeva, mi spingeva, mi picchiava. Le sue mani sul mio corpo tremolante, i suoi occhi spregevoli nei miei infantili. Il suo tocco rivoltante e la mia pelle piena di brividi. Il sangue che sgorgava da ogni parte, che cadeva a terra non rompendo mai quel silenzio sinistro.
<<Seira, cosa stai facendo. . .>> Non faceva mai rumore. Non una volta che il mio corpo fosse caduto a terra facendosi male. Mai una volta che mi provocai del male da sola, per colpa solo mia. Uno strattone, delle urla, ma questo non era mio padre. Mamma. No, non era neanche lei.
<<Stai sanguinando, Cristo! Seira, guardami!>> Hideo lanciò la tazza bollente via dalla mano e la ruppe in mille pezzi che echeggiarono nella casa. Solo il suono dei frammenti spezzati mi aprirono gli occhi. Hideo mi prese sotto braccio e mi poggiò sulla poltrona. Lo guardai con la poca forza che conservavo. Il mio Hideo era diventato più alto e muscoloso. Sorrisi al bell'uomo che avevo davanti, con dei bellissimi occhi color cerulei.
<<Perché ti fai questo? Smettila, fa male vederti così>> avevo lo stomaco come una turbina in azione, la testa che si muoveva a destra e sinistra come un campanile e le palpebre pesanti.
<<Seira, senti la mia voce, ascoltami!>> Un riposino mi avrebbe fatto bene, avevo il cuore così affaticato che la fronte mi si era imperlata di sudore sgradevole. Accostai la testa alla poltrona e sospirai piano, chiudendo lentamente gli occhi.
Mi risvegliai distesa su un letto scomodo che appena aprii le palpebre mi fece venire mal di testa. Il soffitto bianco che si poneva sul mio corpo mi faceva così paura, mi faceva sentire così sola. Mamma. Ma lei non c'era.
Le lacrime presero il sopravvento e il freddo mi si annidava dentro fino a toccare le ossa deboli. Bisticciare, questa era l'unica cosa che udivo. Parole non collegate da un filo logico che si accavallavano tra di loro come lettere su altre lettere. Un piede che schiaccia un piede, spalla contro spalla, labbra sulle labbra. Chiusi gli occhi per riaprirli due secondi dopo. Il soffitto si era colorato di marrone. Il bianco è scomparso.
Sentendomi più rilassata abbassai le palpebre, beandomi di quel dolce color cioccolato che vegliava su di me. Il cuore presentava un battito regolare. Degli occhi blu risorsero dal fondo dei miei ricordi ma non riuscii ad affibbiarli a nessuno. Tirai su quelle quattro ossa e riempii i polmoni di aria mancante.
<<Seira>> ecco di nuovo quel suono stridulo e fastidioso che mi provocò una smorfia di dolore.
<<Hideo. . .>> dissi. Ma quando mi girai non lo vidi al mio fianco. Che solitudine quando mi ricordai ancora quegli occhi blu.
<<E' giù>> il profumo che indossava si diffuse dentro di me propagando una sensazione di ansia. Posò la mano sulla fronte imperlata di sudore e mi spostai automaticamente dell'altra parte. Il suo tocco scottava sul mio viso, l'imbarazzo che provavo non era normale.
<<Hai la febbre. Per darti le medicine devo vedere se bruci come prima>> erano le conseguenze della febbre. Tutta quell'ansia, quel calore improvviso e il delirio che stavo avendo, la febbre mi aveva buttata a terra. O era la pazzia di mia madre che stava attaccando anche me? Improvvisamente mi ricordai di lui e della sua scomparsa la mattina stessa.
<<Che fai a casa mia?>>
<<Ed io che ne so, mi sono perso>> lo guardai bofonchiando delle lamentele sottovoce e puntai le pupille nelle sue iridi. Il cuore tremò un'istante e quando lui sorrise si bloccò direttamente.
<<Mi prendi in giro?>>
<<Ho provato a tornare a casa ma il bosco è troppo vasto e innevato per far si che io ritrovassi la strada. Credevo di aver preso un sentiero diverso, ma così non fu e mi sono ritrovato qui, di nuovo>> ero troppo presa dal suo discorso per fermarlo quando mise la mano sulla fronte per misurare la febbre. Asciugò quel poco di sudore che era rimasto e continuò a sorridere gentilmente.
<<Come hai fatto a non accorgerti che stavi percorrendo la stessa strada di prima? E' uno scherzo>> le parole uscirono senza pensarci due volte e la sua reazione spontanea e imminente mi fece capire che ancora una volta non stava mentendo.
<<Forse è una sorta di punizione per non averti salutato prima di andare via>> in effetti era scomparso senza avvisare. Mi sono preoccupata per niente. Stava solo girando in tondo come un topo alla ricerca del formaggio.
<<Non era mia intenzione, te lo assicuro. Questa volta ti verrò a svegliare prima di fuggire via>> alzai le sopracciglia stupendomi di quello che disse.
<<Che stai dicendo?>>
<<Ho detto che adesso ti avvertirò prima di andarmene, così siamo apposto tutti e due>> mangiai un respiro carico di confusione e morsi la lingua non credendo a ciò che avevo appena sentito.
<<Rimarrai qui, stanotte?>>
<<Se la padrona di casa me lo permettesse, rimarrei volentieri>> Annuii. Se fosse stato un sogno avrei fatto qualsiasi cosa per dimenticarlo. Peccato che non lo fosse e la realtà era troppo difficile per essere dimenticata da un momento all'altro. Soprattutto una realtà che in fondo non volevi scordare.
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W I R E D
غموض / إثارةCompleta. Seira Gold era una scrittrice che divenne famosa raccontando la sua vita nei libri che scriveva. Aveva un passato che la seguiva, che non la faceva dormire la notte. Attualmente ventisei anni, cinque anni fa un 'incendio avvolse il desti...