Tornai a casa con un peso al petto incolmabile e senza salutare Valentín, mi diressi in camera mia. Mi chiamò circa quindici volte e mi lasciò una carrellata di messaggi a cui non risposi. A lui si aggiunsero anche Hideo e Diana, ma non avevo la minima voglia di parlare con loro. Mi buttai sul letto e provai a ricordare la notte maledetta.
Fuoco e fiamme si sparsero per tutta la casa, le travi di legno cadevano, impendendo il passaggio per fuggire via. Stringevo le mani dei miei fratelli cercando di non cadere sul legno scivoloso e puzzolente mentre mi costringevo a non piangere. Corremmo verso camera di mamma e buttammo giù la porta a furia di calci, ma quando entrammo, lei non c'era. Mi si bloccò il cuore, il suo letto era vuoto, affianco ad esso, una tanica vuota.<<Lucas, Philip, dov'è la mamma? Perché non c'è?>> Urlai sovrastando l'ardere delle fiamme. Ritornammo in corridoio senza avere risposta e ci guardammo intorno. Philip lasciò andare la mia mano e ci dedicò un ultimo sorriso prima di parlare: <<Seira, Lucas, io ritorno di là. Voi correte al piano di sotto e andate nell'ala della casa ancora intatta. Io vi raggiungo non appena trovo la mamma>> guardai l'altro mio fratello sperando che gli dicesse qualcosa per fargli cambiare idea, ma così non fu. Una parte del soffitto cadde alla nostra destra e dovemmo spostarci per evitare di essere schiacciati. Lucas mi abbracciò poggiando una mano sulla testa, per far si che niente mi colpisse. Strinsi tra le mani la sua maglia e piansi. Mi girai per parlare con Philip, ma lo vidi solo correre veloce attraversando il fuoco. <<Philip! Philip!>> Mi staccai dalla presa di mio fratello ma lui non mi lasciò andare. <<E' meglio così, Seira. Lui non voleva vivere>>  disse Lucas parlando al passato. La sua frase mi colpii in pieno viso e mi scese una lacrima di dolore quando non esitò a darlo per morto. <<Lo so che fa male. La verità non piace a nessuno, sorellona>> una trave di legno mi cadde sopra, sfiorandomi per miracolo e urlai spostandomi il più velocemente possibile. Nell'aria si sentiva una puzza che non riuscivo a riconoscere e tossii più volte coprendomi il naso e la bocca con la mano. <<Andiamo nell'altra ala>> annuii e lo seguii correre nel fuoco. Il fumo mi copriva la vista e mi faceva girare la testa. Rallentai e abbandonai la mano di Lucas che ormai si era allontanato da me. A separarci ancora di più, fu il muro caduto di una camera per gli ospiti che si mise tra di noi, occupando tutto il corridoio. Mi feci indietro, evitando le fiamme. Quando si rese conto che non c'ero, mi urlò qualcosa che udii appena. Mi accasciai a terra e lo ascoltai, il fuoco stava venendo a prenderci. <<Seira, stai bene?!>> Tossii. <<Si, sto bene! Lucas, vai a casa, io ti raggiungerò!>> Smisi di parlare prima che la voce mi si spezzò dal pianto. Un'odore pungente impregnò le mani, ricoperte da un liquido viscido che pulii sulla maglia. <<Seira?! Seira, rispondi! >> Stetti in silenzio, soffocando i singhiozzi. <<Ti prego...Seira!>>  L'ultima cosa che sentii non fu il mio nome. Furono le sue urla agghiaccianti risuonare nella casa in fiamme. Mi alzai sentendolo gridare e provai ad avvicinarmi dalla sua parte. Volevo salvarlo, iniziai a spostare i macigni che bloccavano il corridoio, ma niente da fare. Venti anni con la forza di una bambina di cinque. Mi dovetti fermare quando la mia maglietta iniziò a prendere fuoco senza motivo e chiamai mio fratello d'istinto. <<Lucas! Lucas, stai bene?!>> Cercai di spegnere la fiamma che mi scottava il corpo con le mani e continuai ad urlare il suo nome: <<Lucas!>> Ma lui non rispondeva. Una fiammata mi colpii in pieno viso, il braccio non bastava a proteggermi dal calore. Col cuore in gola e i battiti nelle orecchie, dovetti girarmi e correre via, il fuoco avrebbe mangiato anche me sennò. Non trovai nessuna via d'uscita. Ero circondata dall'incendio che continuava a divampare furioso. Tossii fino a sputare del sangue, poi, caddi a terra. Avevo paura, ma tremare non mi avrebbe salvato. Strisciai lungo il pavimento incenerito e bagnato, sentendo ancora quell'odore pungente. Adesso ci ero distesa sopra. All'orizzonte scorgevo una figura. Provai a socchiudere gli occhi per renderla più nitida, ma non feci in tempo. Il fuoco mi mangiò viva, lasciando cicatrici e ustioni che non guarirono più.
<<Seira, ci sei?>> Sentii oltre la porta della camera. Aprii gli occhi buttando fuori uno sbadiglio forzato e mi alzai senza la minima voglia di farlo. Posai la mano sulla maniglia per lasciar entrare Valentín, ma solo dopo mi accorsi che non lo volevo al mio fianco. Mi sedetti a terra, poggiando la schiena contro la porta e mi stropicciai le palpebre pesanti. 
<<Sei stata via tutto il giorno e come stai?>> Chiese abbassando la voce, come se ci fosse qualcuno che potesse sentirci. Aspettai a rispondergli e portai su il corpo per controllare dov'è che avessi messo il mio taccuino dove scrivevo tutti gli incubi che facevo. Aprii l'armadio e scaraventai in giro per la stanza tutti i libri impilati e pieni di polvere. Quando trovai il taccuino, non curandomi di Valentín che continuava a parlarmi, lessi qualche pagina. Non seppi per quale motivo sentii tutto d'un tratto il bisogno impellente di rileggere le pagine della mia vita, solo crebbe questa fiamma che dovevo spegnere. La porta di legno si mosse chiassosamente, facendo cadere a terra la chiave che era incastrata nella serratura. Essa si scontrò col parquet e il suo suono rimbombò nella camera. Dei rintocchi continui e veloci si aggiunsero all'eco della chiave e la voce di Valentín sovrastò il tutto. 
<<Rispondimi cazzo o giuro che butto a terra la porta!>> Lanciai il taccuino in giro e sbuffai infastidita ma allo stesso tempo attratta dalla sua improvvisa rabbia. Presi la chiave che apriva la serratura della stanza e Valentín irruppe voracemente dentro. Si girò intorno e dopo essersi assicurato che tutto fosse al suo posto, si voltò a guardarmi. Era arrabbiato e preoccupato e potevo benissimo capirlo, ma sentivo il bisogno di rimanere da sola e deprimermi. Era così che risolvevo le mie giornatacce. 
<<Sono incazzato, Seira. Che diavolo stai facendo? Mi eviti, ritorni la sera tardi e corri in camera tua. Ti chiudi dentro e mi ignori ancora. Se mi dici cosa è...>> lo fermai all'istante non riuscendo più a contenere il fastidio e la rabbia. 
<<Devo stare da sola. Esci, per favore.>>
<<Dimmi prima cos'hai.>>
<<No, esci, ora>> fece un passo avanti ed io lo allontanai. 
<<Non posso aiutarti se non mi permetti di capire cos'è che ti fa stare male.>>
<<Valentín non ti voglio al mio fianco! Cosa non capisci? Esci! Ora!>>
Ero sopraffatta dalle emozioni, dalla sofferenza che quel giorno aveva portato e che portavano tutti gli altri giorni. Valentín mi guardava storto, forse indignato. Stava facendo così tanti sforzi per me ed io lo cacciavo in un modo ripugnante, ma ero stanca. La verità era che non riuscivo a gestire le mie emozioni, semplicemente non potevo, non sapevo come fare. Avrei dovuto mostrare ciò che provavo a lui? Senza sapere che famiglia perfetta avesse o se ce l'avesse. Quando incrociai il suo sguardo capii che io di lui non sapevo niente, ma era meglio così. 

W I R E DDove le storie prendono vita. Scoprilo ora