[Κεφάλαιο 34]

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19 gennaio 1993

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19 gennaio 1993



Michael si svegliò nel cuore della notte, a causa di un brutto sogno. Aveva gli occhi impalati sul soffitto di camera sua col cuore che palpitava ancora dalla paura avuta nel terribile sogno.
Guardò affianco, non c'era nessuno. Nemmeno Sandie.
Era a casa insieme a Nicole con il suo nipotino.

Sentiva freddo, non soltanto nel suo corpo ma anche nella sua anima.
Si coprì di più con le coperte cercando di prendere sonno. Ma invano.
Non si trovava a Neverland, bensì nella sua casa a Beverly Hills. In quei giorni per lui era molto più comodo stare in quella zona, soprattutto per lavoro.

Si guardò intorno, come un bambino sperduto, erano cinque giorni che non vedeva Sandie.
Non avevano litigato, ma bensì lei aveva detto che sarebbe stata con Nicole per vedere il nipote, e per aiutare la sorella.
Ma quella sera fu una sera piena di tormenti e agonie per il Re del pop.
Non c'era nessuno in quella casa, e si sentiva tanto solo.
Scoppiò a piangere, prese un cuscino e lo abbracciò, per un attimo in quel cuscino parve sentire l'odore dolce di Sandie.
Ma era solo la sua immaginazione.

Le mancava, le mancava da morire.
Si sentiva perso senza di lei, senza la sua presenza.
Era essenza per lui.
L'essenza che circolava nel suo corpo che permetteva di vivere sulla terra.

Si sentiva terribilmente solo in quella notte, avrebbe voluto uscire nei quartieri e trovare qualcuno a cui fare una piacevole chiacchierata. Ma sapeva che anche se fosse uscito, non avrebbe incontrato nessuno e tornato a casa con l'agonia moltiplicata.

Non riuscendo a dormire, il ragazzo prese dei farmaci che permettevano di dormire.
Doveva dormire.
Ci sarebbe stata un esibizione a lui molto importante.
Doveva recarsi a Washington D.C, alla casa bianca per esibirsi davanti al nuovo presidente degli Stati Uniti. Bill Clinton.
Doveva essere carico per l'esibizione.
Voleva fare bella figura e fare una forte impressione sia al presidente che al pubblico stesso.
Doveva cantare due canzoni, e sapeva quali canzoni cantare per un esibizione pubblica davanti al presidente degli Stati Uniti.

Il sonno non arrivò, erano circa le sette di mattina. Aveva bisogno di parlare, di sfogarsi con qualcuno.
Così prese il telefono poggiato sul comodino componendo il numero di Candice. La sua cameriera più affidata con cui aveva un bel rapporto di amicizia.
Poco dopo tre squilli, rispose.
«Pronto?» aveva la voce decisa e ben energetica, probabilmente era sveglia da un po'.
«Buongiorno Candice.» rispose il moro con tono dolce.
«Ehi, Mr Jackson, buongiorno a lei. Come sta?» egli cercò di nascondere la sua angoscia.
«Sto bene, tu stai bene?» Candice dall'altra parte della cornetta, notò dalla voce che Michael non stava bene.
«Io si, ma lei no.» puntualizzò la cameriera.
«Ti prego Candice dammi del tu, infondo non sono poi così vecchio.» disse il cantante con tono ironico.
«Michael.» lo chiamò.
«Oh! Finalmente mi hai chiamato per nome!» esclamò vittorioso.
«Cosa è successo? Perché sei triste?» a quel punto il sorriso di Michael svanì, trattennendo le lacrime.
«No, non sono triste.» mentì.
«Michael.» lo chiamò «Non devi avere paura di sfogarti con le persone. Lo sia che sono sempre pronta a darti consigli ed ascoltarti.» spiegò la donna.
«H-ho solo paura di crearti un disturbo, non voglio che la gente si rattrista»
«Michael, capita quel momento di sfogarsi con qualcuno per parlare anche delle cose più semplici che ti tormentano. Perciò, parla Michael. Cos'è che ti turba?» domandò poi alla fine.
Egli prese un bel respiro cominciando il discorso con una frase:
«Ho paura di perdere ciò che mi è più caro al mondo.» disse con voce minuta.

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