[CAPITOLO 36]

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Beverly Hills, Los Angeles

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Beverly Hills, Los Angeles

8 ottobre 1991

Sandie

Dopo quella sera, non dormii per due giorni, facevo fatica a credere a quello che era successo.
Ero stata buttata via dall'uomo che amavo con tutta me stessa.
In quei giorni, non feci nient'altro che pensare ai nostri ricordi più belli, di quando ci eravamo conosciuti, della cena a casa di Klein, di quando mi regalò quel pupazzo a coniglietto mentre stavamo scegliendo i regali per i suoi nipoti, di quando lui mi cercava disperatamente per uno sfogo, o semplicemente per parlare, di quando ci allontanammo per vari mesi, di quando ci chiarimmo perché entrambi non potevamo stare lontani, io avevo bisogno di lui e lui di me.
Di quando lo chiamavo piangendo per Cloe, e poi ... di quando ci baciammo. O per correttezza, io lo baciai.
Ero completamente a pezzi.
Mi sentivo come un giocatolo rovinato.
E Michael mi aveva buttato via proprio come un giocattolo di cui sbarazzarsene.
Ormai, era finita.
Non potevo più tornare da lui.
Non potevo andare da lui per salutarlo un ultima volta, e dirgli addio per sempre.
Ci eravamo detti addio nel modo più brusco di sempre.
Lui, era la grande delusione della mia vita.
Non avrei mai dovuto conoscerlo.
Di essere sua amica.
Sopratutto di innamorarmi perdutamente di lui.
Fu da quando Michael mi rapì il cuore che non ero più la Sandie di una volta.
Ero diventata insicura, e ancora più sensibile di quando immaginassi.

Ero sul divano a guardare la tv, fuori non prometteva niente di buono, il cielo era completamente grigio, e predetti una pioggia torrenziale.
Non avevo voglia di uscire.
Mia sorella il giorno prima era andata da Cheyenne a dormire, quindi papà era venuto a farmi compagnia.
Lui non sapeva niente di Michael.
Non sapeva che ero sua amica.
Non sapeva del mio amore.
Niente di niente. 
Era meglio se non sapeva nulla.
Nemmeno del mio malore.
«Certo che potrebbero inventare un programma più interessanti, invece di questi noiosi talk show.» mormorò mio padre annoiato mentre cliccava il tasto del telecomando.
Io ero completamente distratta.
Guardavo la finestra e le nuvole che si intravedevano su di essa.
Il pomeriggio di quella giornata, dovevo partire per l'Italia, avevo preparato tutto, e questo mi sollevava il morale, poiché quello che era successo con Michael, non lo stavo mandando giù molto facilmente.
«Sandie, mi stai ascoltando?» domandò mio padre facendomi ritornare alla realtà.
«Eh? Scusami stavo pensando a un po' di cose.» risposi io, mio padre mi guardò con aria interrogativa e seria.
«A cosa pensi?»
A Michael.
Colui che mi ha fatto soffrire ...
Non avevo mai affrontato un amore del genere, era molto diverso rispetto alla mia relazione adolescenziale.
Era tutto più maturo e responsabile, ma tossica. Molto tossica.
Tutto era diventato tossico.
Ero sempre tornata da lui, nonostante tutto.
Ma stavolta era diverso.
Perché non sarei mai più tornata da lui.
«Niente di così particolare, un po' a quello che devo fare in Italia, e se tutto va bene per gennaio ritornerò qui, per continuare la mia vita di prima, e dovrò concentrarmi sulla laurea.» mio padre mi guardò con uno sguardo orgoglioso.
«La laurea ...» ripeté.
«Sento che sta avvicinando il momento papà.» mormorai con tono convinto, mi abbracciò tenendomi stretta a se.
Odorai il suo profumo.
Sapeva di muschio bianco.
Il tipico odore maschile.
Non sapeva quello che stavo attraversando.
Quello che stavo digerendo.
E tutto ciò era frustante.
«Non puoi capire come sono orgoglioso di te, e di quanto sia felice per il tuo percorso.
Con le tue capacità, arriverai presto alla strada che tanto desideri.» quando era bello avere un padre che ti dava supporto e tanto amore, egli credeva fortemente nelle mie capacità.
Era così bello sentire un genitore quando si era orgogliosi.
«Hai sentito la mamma?» annuì cambiando espresssione «E che ha detto?» domandai con un tono spaventato.
«Che presto verrà qui, a stare da voi, per ora non ha i soldi per comprare i biglietti per l'aereo, da poco ha perso il lavoro e ne sta cercando un altro. Ma poi abbiamo discusso.» mi spaventò molto questa cosa.
Mamma era capace di fare pazzie.
E se sarebbe tornata in America, mentre ero in Italia, sarebbe successo il finimondo.
E papà stava facendo di tutto pur di coprire me e mia sorella.
«Se mamma dovesse tornare quando non ci sto, farebbe succedere il casino, e dovrò dire addio alla mia esperienza.» mio padre fulminò lo sguardo verso di me con aria seria.
«No, questo non te lo permetterò Sandie.» ma avevo paura lo stesso «Bambina mia, puoi stare tranquilla, non permetterò a tua madre di rovinare la tua esperienza, fidati del tuo papà.» mi avvicinai a lui e mi baciò la fronte,  dicendogli un lieve grazie.
Mia madre era capace di arrivare di Italia, di portarmi via per farsi che non mi accadesse nulla.
Era una donna che aveva subito troppi traumi nella vita.
E il divorzio con papà, fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Per distrarmi papà decise di mettere un cartone animato, in quel canale era trasmessa in onda una puntata di Tom & Jerry.
Poco dopo mi tornò il sorriso.
Era uno dei miei cartoni preferiti da bambina.
Lo adoravo.
Era così bello e divertente.
Le scene di cui Tom rincorreva Jerry, ma finiva sempre di farsi male da parte del piccolo topolino, erano quelle piccole cose che mi rendevano felici.
Ridacchiai insieme a papà.
Ma pochi secondi dopo mi squillò il telefono di casa.
«Vado a rispondere, torno subito.» annuì e andai verso il telefono appoggiato su un piccolo mobiletto del salone.
«Pronto?» domandai, sentii solo dei singhiozzi «Pronto?» domandai per capire meglio.
«S-Sandie.» mi pietrificai, era la voce di Dereck, il padre di Cloe.
«Dereck, che cosa è successo? Perché stai piangendo?» domandai con tono allarmato, ma lui continuò a piangere.
«C-Cloe.» pronunciò il suo nome, e subito pensai al peggio.
«Dannazione Dereck, che cosa è successo a Cloe!?» esclamai ancora preoccupata a morte.
«È morta, Cloe è morta Sandie.» pregavo il signore Onnipotente di aver sentito male.
Speravo che le mie orecchie fossero difettate.
Ma non era vero.
Cloe era morta.
Ero immobile.
Mentre le lacrime cominciavano a farsi sentire.
N-non è possibile, Dio mio ti prego.
«Sandie.» mi chiamò col tono preoccupato, ma io attacca, e mi misi subito un giubbino per andare in ospedale.
«Sandie dove vai? Cos'è tutta questa agitazione?» disse papà preoccupato.
«Ti spiegherò più tardi, ma ora devo proprio andare.» dissi correndo fino all'ingresso.
Andai via correndo come un flash fino alla macchina, e fu li, che quando azionai la macchina incominciò a piovere.

𝐓𝐑𝐄𝐀𝐓𝐌𝐄𝐍𝐓 [MJ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora